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Ordine e disciplina, da che pulpito

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

15
GEN
2020

11 gennaio 2020. Il comandante della stazione carabinieri di Carolei (CS), maresciallo Ivan Pucci, dopo aver appreso del suo trasferimento a Corigliano Rossano, sempre in provincia di Cosenza, ha sequestrato e aggredito il suo diretto superiore e comandante della Compagnia di Cosenza, capitano Giuseppe Merola. Il sottufficiale è stato sottoposto agli arresti domiciliari mentre il capitano è stato giudicato guaribile in 30 giorni. Il contenuto della notizia non è tale da destare scalpore e interesse ma si aggiunge ad altre che, nel loro insieme, lasciano scaturire riflessioni più profonde. Quando si tenta di comprendere da cosa nasca l’incremento d’interesse di una parte degli italiani alla destra, anche estrema, e di come sia possibile che le istituzioni siano così tolleranti verso i movimenti neofascisti e nazionalisti, si ottiene come risposta dai sostenitori, il bisogno di ordine sociale e disciplina, reputati attualmente insufficienti e inefficaci. È una visione non condivisibile ma comprensibile nell’ottica della democratica molteplicità di opinioni da sottoporre alla maggioranza. Si presume, quindi, che chi invochi il ritorno al totalitarismo come strumento di attuazione dell’ordine, sia un cittadino disciplinato e irreprensibile. In sintesi, chi ritiene che l’imposizione rigida sia una necessaria forma di governo per il Paese, deve accettare di sottoporvisi. Partendo dal caso del maresciallo che non solo ha disobbedito all’ordine impartitogli ma ha anche aggredito il suo superiore, questo non è un caso isolato, giacché, in altre occasioni, gli ordini ricevuti sono stati liberamente interpretati, originando, perfino, casi giudiziari. A partire, quindi, dalle istituzioni a fondamento gerarchico si evince ritrosia a obbedire come se aderirvi sia una scelta obbligata. La stessa condizione è riscontrabile anche nel Clero, anch’esso governato da un sistema gerarchico all’interno del quale è necessario sottoporsi all’obbedienza. Eppure, anche lì, non vi è solo dissidenza ma opposizione anche verso il Pontefice, massimo esponente terreno della fede cattolica liberamente individuato all’interno della Chiesa. In ambito sociale, ci si aspetterebbe che chi invochi ordine, disciplina, famiglia tradizionale, difesa dell’italianità e dei confini, giustizia fiscale e rispetto della legge, sia un raggruppamento di probi cittadini con un comportamento sociale ineccepibile, fedeltà familiare esemplare, incondizionata osservanza delle leggi, precisa contribuzione fiscale, obbedienza. Nella realtà, si tratta d’individui più disposti a imporre che assoggettarsi alle regole, a partire dai leader. Invocare chiassosamente rigore, ordine e disciplina, si è rivelato l’ennesimo sistema per imporre le ambizioni personali ben lungi da un progetto comune. Questo strumento di falsa propaganda, sfruttato ampiamente da molti fronti politici, ha coinciso, non a caso, con la decadenza delle ideologie. Da quel momento, è stato possibile professare qualsiasi principio politico, anche estremo, senza la necessità di rispettarlo. L’opportunismo è stato spacciato per progresso sociale e, da allora, chiunque ritiene di essere titolato a prevaricare, anche propagandando condizioni alle quali non si ha la minima intenzione di sottostare. La sistematica demolizione delle ideologie ha, inoltre, favorito gli spregiudicati cambiamenti di rotta senza che nessuno potesse appellarsi a lealtà, moralità ed etica in ambito politico e sociale, non essendovi più precisi riferimenti comuni. Questo si è ripercosso in qualsiasi ambito, comprese le istituzioni, dove osservanza e disciplina erano fondamento. Non è così strano, quindi, se un maresciallo dei Carabinieri discuta gli ordini di un capitano e, inoltre, lo aggredisca considerandoli un sopruso. Chi auspica l’instaurazione di regimi totalitari in Italia senza averne compreso il vero significato, deve anche essere pronto a questi sviluppi perché, prima di proporre altrui ordine e disciplina, deve accettare di sottoporsi al rigore, accettando la subalternità, a partire dal rispetto della legge, ai vincoli di padre di famiglia e marito, a quelli di contribuente e, soprattutto, all’obbligo di obbedire. Se appare impegnativo, si può imparare a vivere civilmente senza che qualcuno, probabilmente indegno, debba imporlo, scegliendo così di partecipare liberamente e attivamente alla costruzione e il mantenimento della società.



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