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Quattro per due

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

11
MAG
2012

 

«Senti, Goldy, io mi sono fatto per lo meno quattro campagne elettorali, ma questa è la fesseria più grossa che abbia mai sentito.»
(dal film Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, di S. Kubrik, 1964) 
 
E’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta: tutti quanti.
La campagna elettorale sa essere molto dura e impegnativa, e non solo per candidati ed elettori, ma anche e soprattutto per noi cronisti che facciamo da tramite tra i due insiemi.
E’ dura per i politici, che subiscono lo stress e la tensione derivati dal dover pesare anche la più piccola virgola in ogni loro esternazione, pena attacchi da parte degli avversari e conseguente grave emorragia di voti a ogni accento messo fuori posto, senza contare la fatica di dover stringere senza sosta mani e sorridere perennemente come se affetti da paresi facciale.
E’ dura per gli elettori, che per un mese non possono camminare per la città senza incocciare i sorrisi a trentadue denti cordiali e un po’ artificiosi dei faccioni stampati sui manifesti; non possono calpestare suolo che non sia seminato di “santini” e fac-simile di schede elettorali (nonostante sia esplicitamente richiesto sugli stessi di “Non dispendere nell’ambiente”). Per giorni e giorni non fanno che sentire sempre le stesse frasi che, come un tormentone estivo, alla lunga stufano.
Insomma, è stata una campagna faticosa, questa appena terminata, ma soddisfacente e, per certi versi, divertente, come divertenti sono tutte le gare, qual più, qual meno. Per un mese buono la comunità vive come un rito di passaggio, fatto di porte che si aprono, strette di mano e parole di cordialità (alcune sincere, altre meno), ma anche di veleni e attacchi, spesso di livello così basso e volgare che sconfortano e fanno ridere allo stesso tempo.
Partiamo dal nostro bellissimo e affumicato capoluogo e premettiamo un dato molto, ma molto importante: la partecipazione della comunità, che nel 2007 si era attestata al 73,74%, in questa tornata è scesa fino al 62,44% (importante è anche il fatto che ci sia stato un grave calo demografico!).
Undici i candidati a sindaco. Partendo da sinistra, abbiamo: Dante Capriulo (sinistra), il sindaco uscente Ippazio Stefàno (centrosinistra-centro), Filippo Condemi (centrodestra) e Mario Cito (destra). A questi si aggiungano le istanze verdi di Angelo Bonelli, quelle grilline-antisistema portate da Alessandro Furnari, quelle territoriali di Massimiliano Di Cuia (Io Sud ) e quelle che portano il nome di Schittulli, riconducibili alla candidata Felicia Bitritto. Si finisca con le liste civiche Galaesus di Mimmo Festinante, Cambiamo Taranto (nome che ormai è un classico!) di Patrizio Mazza e Taranto C’E’ di Luigi Albisinni. All’appello, alla fine, è mancata la lista Svegliati Taranto, che sarebbe dovuta essere capeggiata da Amandha Fox.
A Taranto già si era urlato alla rivoluzione. Già si pregustava il tanto anelato cambiamento, che, a giudicare dai pareri di molti, avrebbe portato il nome di Angelo Bonelli, il segretario di partito romano che scendeva in campo per mettere fine alla tremenda questione ambientale col quale ci spaccano i polmoni da anni. Ci si aspettava perlomeno che il ballottaggio si sarebbe giocato tra lui e Stefàno, che comunque ha goduto del vantaggio (o svantaggio, a seconda dei casi) di chi ha governato per cinque anni. Pochi avevano scommesso su Mario Cito, il Trota rossoblù, figlio di quell’ormai miticizzato Giancarlo che è finito in carcere a poche settimane dall’inizio dell’agone. E qui quasi si potrebbe urlare alla “giustizia ad orologeria” tanto temuta da Berlusconi. Una grave débâcle è stata quella subita da Filippo Condemi che, nonostante gli immensi sforzi profusi dal partito e l’intervento di notevoli personalità quali Fitto, Gasparri e Alfano, non è riuscito a salire sul podio, occupato, dal primo al terzo posto, da Stefàno (49,52), Cito (18,93) e Bonelli (11,91). Il ballottaggio, quindi, sarà tra sinistra (con una spruzzata di centro) e destra, nella migliore delle tradizioni politiche classiche. E vedremo chi, alla fine, legherà le caviglie dell’altro alla propria biga per trascinarlo nella polvere rossigna di Taranto. Un fatto è certo: le sirene del “rinnovamento” sembrano essersi un po’ sopite.
Veniamo all’altro fronte dove non ci sono state certo esclusioni di colpi: l’altrettanto stupenda Martina Franca. Anche qui tutti i candidati sindaci, benché in minor numero, hanno coperto tutti i vari ambiti dello spettro politico: a sinistra Franco Ancona, al centro Michele Muschio-Schiavone, nel centrodestra Michele Marraffa e a destra (anche se macchiato al 50% di bianco centrista) Leo Cassano, più la lista territorialista di Franco Mariella e quella civica di Raffaella Spina. L’astensionismo è salito anche a Martina, ma in minor misura rispetto a quanto successo a Taranto. Nel 2007 era al 73,58. Quest’anno è stata del 78,82.
Come volevasi dimostrare, il testa a testa si è tenuto tra centrodestra e sinistra. E diciamo pure sinistra per rimanere formali, data la presenza di simboli prettamente rossi come Sel e FdS, anche se la presenza in lista di molti indipendenti moderati ha spostato le forze di Ancona nelle vicinanze del centrosinistra. Alla fine lo spirito moderato di Martina ha pagato: primo Ancona (40,97), secondo Marraffa (25,86 – e da qui si capisce che si è pagato lo scotto dovuto al fallimento della scorsa amministrazione) e terzo il centrista Muschio-Schiavone (16,52). La situazione è sta questa dall’inizio alla fine dello spoglio. Per quanto riguarda le tre liste “minori”, la gara è stata più sofferta: Cassano, Mariella e Spina si sono azzuffati come gatti, sorpassandosi in continuazione fino al risultato finale: Spina, al quarto posto, col 5,76 delle preferenze; Cassano quinto, con il 5, 68. Infine, Mariella, con il 5,18. Da precisare, però, che questi sono i dati riguardanti i voti al candidato sindaco! I voti alle liste, quelli che realmente contano, vedono Cassano in testa (1.277), Mariella lo segue a ruota (1.071) e Spina (solo 977) chiude la classifica.
Cosa accadrà ai ballottaggi? La speranza sarebbe che i partiti lasciati fuori da questo disponessero per il “voto libero”, così da non snaturare i programmi e le istanze originarie dei due che si andranno a sfidare e lasciare che i propri elettori votino il “meno peggio” tra i due. Se si vuole un reale cambiamento e risorgimento, è bene che si bandiscano tutti quei compromessi di natura partitica e si vada avanti con le proprie idee e i punti programmatici che si sono presentati sin dall’inizio, senza cambiare le carte in tavola a metà partita!
Una menzione va fatta in merito alla vittoria di Michele Maria Longo e della sua Alberobello Futura, che ha vinto col 45,77 delle preferenze. Lungi da noi l’idea di considerarci dei portafortuna, ma fa sempre piacere constatare che il nostro contributo abbia, in qualche modo, favorito la vittoria di una lista composta da giovanissimi e volenterosi.
Guardando più in là, che dire?
Della vecchia triade europea, la Merkel è rimasta sola, ora che Sarkozy ha seguito Berlusconi sulla via del tramonto.
In Grecia si rischia il paradosso politico, essendo entrati in parlamento sia i nazisti che i comunisti vecchio stampo. Non per fare il drammatico, ma sia Hitler che Stalin salirono al potere proprio in seguito alla forte crisi economica seguita alla I Guerra Mondiale (che portò poi alla II).
Bersani ha molto da festeggiare: la marcata affermazione del centrosinistra nelle amministrative, la vittoria di Françoise Hollande in Francia e lo scudetto della Juventus.
Berlusconi, dal canto suo, sembra non essersi accorto che il PdL sia quasi sparito nel nulla e commenta «Pensavo peggio…»; «E meno male!» rispondiamo noi.
La Lega è praticamente annegata (ha perso persino a Cassano Magnago, comune nativo di Bossi) e vince solo Tosi.
Grillo gongola, si sfrega le mani e già pensa al posticini che i suoi occuperanno in Parlamento.
Ah, già! Federico Moccia, lo “scrittore dei ggiovani” è diventato sindaco di Rosello, paesino con meno di 300 anime in provincia di Chieti. La sua lista civica ha vinto per 147 voti, contro i 16 dell’avversario. Evidentemente, essendo così pochi, a Rosello fanno votare anche i minorenni… 
 


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