Il risultato delle primarie di domenica scorsa, evidenzia un dato inequivocabile: a Martina Franca, ancora una volta, PD sta per Pentassuglia Donato
Tirava la carretta Donato Pentassuglia e continua ancora a tirarla. C’era da portare voti e lui li portava; c’è da portare voti e lui li porta. Sì, ma gli altri del PD? Tutti o quasi, svaniti nel nulla. E’ il dato incontrovertibile che emerge nella lettura dei risultati delle primarie del centro sinistra, svoltesi domenica scorsa. Su millesettecentoquindici votanti, a Pier Luigi Bersani sono andati seicentosettantadue voti, trecentoventicinque dei quali solo in contrada Motolese, feudo di Pentassuglia e dei suoi uomini in consiglio comunale, Donato Bufano e Gianfranco Palmisano; a Matteo Renzi duecentosessantacinque; a Nichi Vendola settecentoquarantuno mentre la Puppato e Tabacci se ne sono spartiti una quindicina. Quindi se non fosse stato per i voti presi in contrada Motolese, voti pentassugliani doc, il derby in casa del centro sinistra martinese si sarebbe concluso, con una “asfaltatina” a costo zero da parte dei vendoliani a danno dei piddini. Viste le forze in campo, che Vendola abbia vinto le primarie a Martina ha del clamoroso, anche se il risultato poco gli è servito a livello nazionale. Da una parte, quella PD, un sindaco, quattro assessori e undici consiglieri comunali. Dall’altra, quella SEL e PPV, due assessori e due consiglieri comunali. L’esito finale fa ancora più effetto se si considera che i “renziani” erano e sono ancora rappresentati da: Vincenzo Angelini, Martino Schiavone e Martino Scatigna, nessuno dei quali ricopre alcun incarico nel partito. Quindi, in soldoni, la corazzata PD di Martina Franca, escludendo appunto Donato Pentassuglia e i suoi uomini, ha portato al proprio segretario nazionale la “bellezza” di trecentoquarantasette voti. Che il risultato sia stato molto deludente, lo si è capito dal silenzio glaciale che, dalle parti di via Damiano Chiesa, ne è seguito. Non un comunicato, nè uno straccio di commento ufficiale. I cugini di PPV e SEL invece, orgogliosamente hanno fatto sentire la loro voce; i primi per bocca del consigliere comunale Martino Carrieri, il quale oltre a esprimere “un ringraziamento, doveroso, a quanti hanno creduto e stanno credendo ad un nuovo progetto e ad una nuova idea di fare politica”, ha sottolineato la “grande soddisfazione per la partecipazione straordinaria e per il risultato a tratti sorprendente se non addirittura eclatante”, individuando nel voto per le primarie “una conferma, l’ennesima, che la politica può e deve essere una passione nobile, esercitabile anche senza risorse economiche”. Per SEL invece è stato il coordinamento locale a diffondere un comunicato che, se da un lato, tende la mano al PD, dall’altro, senza riferimento alcuno, mette in evidenza delle grosse differenze comportamentali. Ecco, questa è la questione: SEL c’era e c’era anche prima; ma il PD c’era o meglio, c’è? Che la “sinistra” più a “sinistra” storicamente è sempre stata più “militante”, è un fatto risaputo; ma questo non può costituire alibi alcuno per nessuno. Da quanto si è visto in questi primi sei mesi post elezioni amministrative, l’impressione che si ricava è quella di un partito sfilacciato e utilizzato più come sigla-contenitore buono per una candidatura, piuttosto che come reale progetto politico al quale aderire con convinta “militanza”. Troppe anime diverse si aggirano dalle parti di via Damiano Chiesa e questo, alla lunga, potrebbe costituire un problema per l’amministrazione comunale. Sono anime che si fanno reciprocamente i “conti in tasca” fin dall’assegnazione delle deleghe assessorili, per non parlare degli incarichi conferiti. Ci sono poi da considerare altri segnali e atteggiamenti che denotano una certa scollatura del sistema. Come interpretare infatti la presa di posizione del capogruppo consiliare Vito Pasculli il quale, mentre la giunta delibera la propria volontà di mantenere a Martina l’ufficio del Giudice di Pace, si chiede dove l’amministrazione troverà uomini e mezzi per perseguire l’obbiettivo? E la figuraccia rimediata nel consiglio comunale del 19 ottobre quando l’approvazione del progetto definitivo in variante al PRG per la S.S. 172, fu fatta scivolare all’ultimo punto dell’ordine del giorno? La trattazione ebbe inizio a ora tarda, lasciando basito e interdetto lo stesso consigliere regionale, presente fin dall’inizio dei lavori, che scuro in volto abbandonò l’aula consiliare proprio poco prima l’inizio della discussione. Molti commentarono l’accaduto come uno “sfregio” e a poco servì la successiva conferenza stampa che aveva tutti i connotati della classica “pezza peggiore del buco”. Conoscendo Donato Pentassuglia, che non va mai a caccia degli onori essendo concentrato principalmente sugli oneri, ci avrà dormito male una notte per voltare subito pagina al risveglio. Ma il PD nel complesso, non ne è uscito bene. Ora il Partito Democratico martinese è atteso a due prove importanti. La prima è il ballottaggio che sceglierà il candidato premier del centro sinistra, e qui i bersaniani potranno “coprire le vergogne” grazie all’apporto annunciato da Sinistra Ecologia e Libertà e La Puglia per Vendola. Ben più importante è la seconda, ovvero il congresso cittadino che, sempre che non faccia la stessa fine delle primarie del PdL, dovrebbe svolgersi domenica 16 dicembre. Qui il Partito Democratico è chiamato a dare prova di coesione, ma soprattutto di essere un partito presente sul territorio e non un bollino utile solo per un posto al sole.