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Parole che contano

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

25
OTT
2013
A come AMORE: sentimento trasversale rispetto alle classi, ai generi e alle generazioni. Uomini e donne siamo tutti cercatori di un qualcosa: volo, libertà e danza di parole.
 
LIVELLI DI VITA 
“Metti insieme due persone che insieme non sono mai state; a volte il mondo cambia e a volte no. Può darsi che si schiantino e prendano fuoco, o che prendano fuoco e si schiantino. Ma a volte, invece, ne nasce qualcosa di nuovo, e allora il mondo cambia.”  E’ un passaggio centrale di “Livelli di vita”, (Einaudi) dell’ inglese Julian Barnes (trad. Susanna Bassi).Nelle prime delle tre parti  si intrecciano le storie  di personaggi ottocenteschi  pionieri del volo:   il colonnello di cavalleria e viaggiatore britannico Fred Burnaby, il fotografo francese Nadar e l’attrice parigina Sarah Bernhardt, intorno  alla quale Barnes  costruisce una relazione amorosa immaginaria con Burnaby. Nella terza parte, dal titolo “Perdita di profondità” Barnes ripercorre la propria vita, segnata dalla perdita di sua moglie, Pat, con la quale ha vissuto trent’anni e che definisce “cuore della mia vita, la vita del mio cuore.”  Fulcro narrativo dei primi due capitoli è il volo nelle mongolfiere,  quell’ascesa esaltante alla conquista del cielo. “Siamo creature   destinate al piano orizzontale, a vivere coi piedi per terra, eppure – e perciò – aspiriamo ad elevarci.” Una sfida agli dei, un atto di libertà regolato però dai venti e dalle condizioni climatiche. Una sfida che può concludersi con uno schianto al suolo e, perciò con grande sofferenza e persino con la morte. Proprio come accade con l’amore, perché “ogni storia d’amore è potenzialmente anche storia di sofferenza.” Si entra a questo punto nella terza parte di “Livelli di vita”, quella autobiografica, nella quale l’autore, ripercorrendo la sua vicenda, affronta il tema del dolore, del lutto e del suo superamento. “La vita è di una precisione assoluta; si soffre nell’esatta misura di quanto vale la perdita, perciò si finisce per affezionarsi al dolore…Il dolore è una condizione umana, non clinica, e sebbene esistano pillole che aiutano a dimenticarlo…non esistono farmaci in grado di guarirlo. I dolenti non sono depressi, sono semplicemente, giustamente e matematicamente tristi.” E così i “livelli di vita” di Barnes sono da un lato  quello del volo  e dell’amore, della sensazione esplosiva di ascesa, di quei momenti esaltanti   durante i quali due persone diventano più grandi dei loro sé individuali, l’altro livello è quello della caduta, della perdita, della morte.   Recentemente  Julian Barnes,   ha ottenuto  il Premio Malaparte di Capri la cui  giuria è presieduta da Raffaele La Capria.
 
 
AMORI CHE NON SANNO STARE AL MONDO
 “Amori che non sanno stare al mondo” (Fandango) è la nuova  prova letteraria di Francesca Comencini.  Si tratta di un intenso e coraggioso intreccio di voci, femminili soprattutto, appartenenti a due generazioni diverse ma accomunate da  un moto perpetuo, circolare, attraverso il quale cercano l’amore, lo perdono,  e a volte per paura lo respingono. Le voci sono quelle di Claudia, Flavio, Giorgia e Nina. Dell’amore Claudia, professoressa universitaria, cinquantenne che ha intensamente amato il coetaneo Claudio, pensa che sia un sentimento “molto più grande delle persone che siamo e delle tracce che lascia”,  “un sentiero impervio”  che scompare in fretta “tra la polvere dei passi. Un corso in cui la forza di lui poteva nutrirsi della mia e non avere paura.” Finito l’amore lei deciderà di proseguire il cammino da sola, rinunciando all’amore della bellissima e giovane Nina e al suo seducente abbraccio. Flavio intanto  incontra Giorgia, una trentenne energica e fresca. Gli appare “pragmatica. Abituata allo sforzo di restare a galla per vivere con un orizzonte temporale  che non supera i sei mesi, sa riconoscere all’istante una boa di salvezza quando qualcuno gliene lancia una. La afferra senza chiedere il permesso.” Con lei entra in uno stato di sospensione, perché Giorgia nella sua vita “non ha portato niente che poggi i piedi per terra. Tutto può scomparire senza lasciare traccia, in un attimo…” Con lei non si sente sotto assedio, ricattato dalle paure, stretto in una morsa.  Flavio crede di essere per Giorgia  “un uomo singolare e libero, non uno psicopatico con turbe affettive da dover redimere. Non devo più stare attento a ogni cosa che dico, a ogni gesto che faccio, a ogni pensiero, a ogni respiro. Questo tranquillo senso di libertà è la cosa più bella che mi sia capitata…”  Per Giorgia intantoi l’amore è sotto l’ombelico di Flavio: “Ho capito che è in quel punto che sta il mio amore per lui. Il mio amore grande, unico, da impazzire. Là dove finisce la pancia e iniziano i peli. E’ il ventre morbido di un uomo vecchio … in quel punto del suo corpo che è una summa del tempo, io sto attaccata al mondo.” Ci è sembrato a questo punto di cogliere un nesso con la  copertina del libro sulla quale campeggia un girasole sullo sfondo di un immaginario “Mare Pericoloso” che lambisce le coste di un altrettanto immaginario territorio segnato da luoghi che recano in francese il nome di Indifferenza, Bellezza, Oblio, Orgoglio, Generosità…. e un grande  lago: Lago dell’Indifferenza. Ecco, l’amore è in quel solitario girasole che, secondo un’antica leggenda andalusa è il simbolo dell’amore che  respinto sulla terra può essere solo contemplato e  raccontato. 
 
LE COSE DELL’AMORE
“Perché un libro sull’amore?” Se lo chiede l’autore, Umberto Galimberti, nell’introduzione in cui, tra l’altro si legge che rispetto alle epoche precedenti, “nell’età della tecnica l’amore ha cambiato radicalmente forma. Da un lato è diventato l’unico spazio in cui l’individuo può esprimere davvero se stesso, al di fuori dei ruoli che è costretto ad assumere in una società tecnicamente organizzata, dall’altro lato questo spazio … è diventato il luogo della radicalizzazione dell’individualismo, dove uomini e donne cercano nel tu il proprio io, e nella relazione non tanto il rapporto con l’altro, quanto la possibilità di realizzare il proprio sé profondo, che non trova più espressione in una società techicamente organizzata, che declina l’identità di ciascuno di noi nella sua idoneità e funzionalità al sistema di appartenenza. Per effetto di questa strana combinazione, nella nostra epoca l’amore diventa indispensabile per la propria realizzazione come mai lo era stato prima, e al tempo stesso impossibile perché , nella relazione d’amore, ciò che si cerca non è l’altro, ma, attraverso l’altro, la realizzazione di sé.” L’amore così oggi si muove come un fantasma, continuamente evocato e rimosso. Un enigma avvolto dall’intrigo di desideri e speranze, entusiasmi e paure, farmaco e veleno. Appare come un profondo sovvertimento della stabilità, dell’ordine, dell’identità, del possesso. “Per questo – conclude Galimberti – diciamo che amore non è una cosa tranquilla, non è delicatezza, confidenza, conforto. Amore non è comprensione, condivisione, gentilezza, rispetto, passione che tocca l’anima o che contamina i corpi. Amore non è silenzio, domanda, risposta, suggello di fede eterna…Amore è violazione dell’integrità degli individui, è toccare con mano i limiti dell’uomo.” Dunque, non c’è parola più equivoca di “amore”, infatti esso dovendo esprimere l’inesprimibile usa una quantità estrema di parole, nel tentativo di definirlo. Ma questa ricerca delle parole per dire l’amore diventa una danza nel vuoto: “dovendo dichiararsi senza svelarsi, simulare quel che non si sa se si prova o non si prova…Nelle cose dell’amore, infatti, verità e falsità intrecciano le loro equivoche danze, dove la sincerità non garantisce nulla, così come la menzogna non necessariamente inganna.” Nell’amore le parole giocano un ruolo fondamentale, per la loro intrinseca capacità di creare equivoci al solo scopo di superarli e per questo di garantire la comunicazione e l’unione. Sono le parole che, con la loro potenza di separare e congiungere, collocano l’amore nel suo tempo che è il “non ancora”.
 


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