“Quanto mi dai se ti uccido?”, in scena la follia metropolitana. L’autore salentino Walter Spennato racconta la “normalità del male”
«La mattina mi alzo tranquillo, come solitamente fanno le persone normali. Poi faccio colazione con latte caldo e biscottini, nel frattempo leggo al volo una poesia sconcia di Bukowski, che mi mette di buonumore. Felice come una Pasqua e con passo spedito raggiungo la macchina. La accendo e sgommo come un razzo fuori dal parcheggio. Ma è al primo incrocio che già mi imbatto nell’imbecille di turno. Al secondo è la volta della vecchia rincoglionita. Al terzo bestemmio come un turco e schiaccio il clacson all’infinito. Dal quarto in poi vorrei farli fuori tutti. Spararli a uno a uno in faccia. E comincia il mio giorno di ordinaria follia metropolitana. La normalità e la pazzia confinano. E ci vuole veramente poco per oltrepassare la frontiera. E divento il serial killer della tangenziale. E non ci credo che c’è qualcuno tra voi a cui tutto questo non accade. Che esista persona al mondo che tra i suoi desiderata non abbia anche quello di uccidere qualcuno».
Dopo aver letto queste parole vi sentite come se aveste ricevuto una mitragliata in piena faccia? Non preoccupatevi (si fa per dire), perché è esattamente l’effetto che voleva ottenere chi le ha scritte, ovvero il killer letterario Walter Spennato. Nato a Gallipoli (Le) nel 1972, con “Quanto mi dai se ti uccido?” (Besa Edizioni) - questo è il titolo della raccolta di racconti da cui è tratto il passo iniziale – è alla sua terza opera.
“Quanto mi dai se ti uccido?” mette in scena “l’ordinarietà” del male. Il lato violento e aggressivo, (neanche troppo) oscuro, con cui ciascuno di noi si trova a fare i conti, costantemente. E’ come se, ognuna delle persone che incontriamo, mettesse alla prova, solleticasse, in modo e con intensità diverse, questa dark side. Parenti, compagni, conoscenti, passanti sconosciuti ma non per questo meno disturbanti. Per non parlare di quando gli imprevisti del quotidiano diventano fonte di fastidi e seccature molteplici, un po’ come le ciliegie, l’una tira l’altra … e la catena può davvero sembrare infinita.
Sardonico e irriverente, Walter Spennato non fa sconti. C’è un serial killer dormiente in ognuno di noi. La vita di tutti i giorni è a tratti bestiale, grottesca, paradossale, e nessuno è immune da questa componente “animalesca”, istintuale e viscerale, che trova le vie più diverse per manifestarsi, a volte anche superando i confini del lecito, del moralmente accettabile, e sconfinando nel penale. D’altra parte è proprio la pornografia del sangue, quella che fa da traino a certa stampa e programmi televisivi, alimentati e sostenuti da un voyeurismo tangibile e diffuso, che per molti pare essere proprio un modo per esorcizzare la “normalità del male”. Come se ne esce, quindi? Con “Quanto mi dai se ti uccido?” Walter Spennato suggerisce una possibile via di fuga, ovvero l’ironia. Solo guardando negli occhi le nostre fantasie più lugubri e bellicose possiamo esorcizzarle, e chissà, incanalare, “modellare” le energie sotterranee che le hanno originate in modo più efficace.
«La uccisi./Ci volle poco./Era già morta dentro». «L’ho ucciso perché mi fumava in faccia./ Tabagista e maleducato». Queste sono solo alcune delle storie che si dipanano attraverso il libro, e che a volte sono lampi d’improvvisa e straordinaria intensità. E quindi, al pari dei fulmini, l’effetto che producono è ben preciso: elettrizzano il lettore. Come una scossa che corre lungo la schiena. Sensazioni che si ritrovano anche nelle parole con cui l’attrice Anna Mazzamauro, che ha curato la prefazione de “Quanto mi dai se ti uccido?”, descrive l’autore. «Ho incontrato Walter per la prima volta all’ingresso di un cimitero. Un geco bellissimo, gli occhi ricci, contro un’ala del cancello che lui manovrava come un monopattino. Innocente. Folle e beffardo. Burlone, cinico sfarzoso. (…) Supponi di essere lui e ti sentirai libero».
La raccolta di racconti di Walter Spennato, nonostante la giovane età (poco più di un anno), ha camminato sin da subito piuttosto spedita, al punto che l’attore e regista salentino Ippolito Chiarello ne ha tratto lo spettacolo “Psychokiller”, che proprio in questi giorni ha aperto la stagione del Teatro Comunale di Novoli. A questo punto, a voi la scelta: vittima o carnefice? Inutile che facciate finta di essere degli angioletti. Perché «se non avete di queste pulsioni vuol dire che non siete normali. Che siete perfetti come vittime. Un gioco da ragazzi farvi fuori».