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Tradizioni / Le "Ceneri" ed è subito Quaresima

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

20
FEB
2015
Con la festività delle Ceneri si è entrati nel vivo della Quaresima. Tra fede e tradizione a Taranto, la ripresa di un’antica usanza interrotta 90 anni fa: il ritorno della processione notturna di avvio della penitenza a cura della Confraternita dell’Addolorat
 
 
Il lungo periodo di preparazione alla Pasqua non è stato sempre di 40 giorni. Anticamente il digiuno durava 36 giorni e soltanto nel V secolo ne vennero aggiunti altri quattro in tutte le Chiese occidentali.
Gli antichi monaci celebravano addirittura tre Quaresime di 40 giorni ciascuna, quelli greci ne celebravano anche cinque.
Il rito delle Ceneri consiste nella benedizione delle ceneri e nell’imposizione delle stesse sul capo di ogni cristiano che le vuole ricevere. Il sacerdote oggi pronuncia la formula-invito: “Convertitevi e  credete nel Vangelo”, mentre fino a qualche decennio fa si ripeteva: “Ricordati uomo che sei polvere e che in polvere ritornerai”. Le ceneri si ottengono bruciando le palme dell’anno precedente.
Nel passato, a Taranto, a mezzanotte in punto, dall’Arcivescovado usciva l’Arcivescovo in processione con il Capitolo Metropolitano e nella piazza a ridosso del palazzo Arcivescovile, dove un tempo c’era il Calvario, si accendeva un grande falò con le palme portate dalle case dei fedeli. Intanto, sempre a mezzanotte, aveva inizio un rito che non si celebra più almeno dagli anni ’30, si tratta della “Forore” che ci fu ricordata qualche anno fa dal compianto scrittore tarantino Ciccio Vozza. Alla mezzanotte dell’ultimo giorno di Carnevale le campane della Cattedrale di San Cataldo suonavano a martello per annunciare l’inizio della Quaresima. All’improvviso i suoni, i canti e le danze cessavano e si faceva obbligo a tutti di togliersi le mascherine dal viso per farsi riconoscere.
Nelle case le donne lavavano con abbondante acqua bollente i tegami e i piatti perchè venisse eliminata anche la pur minima traccia di grasso.
Il giorno delle Ceneri erano numerosi i tarantini che si recavano sulle sciaie, i giardini-vivai nei quali venivano coltivati ostriche e mitili, per far festa mangiando frutti di mare, latticini e quaresimali che si trovavano anche nei bar gestiti nel Borgo nuovo dai fratelli Montera, da Capozza e da Girolamo Greco, mentre nel Borgo Antico si trovavano nelle pasticcerie di Francesco Andrisani, di Raffaele Fornaro e di Enrico de Pace.
Intanto quest’anno abbiamo registrato con gioia la ripresa di un’antica tradizione interrotta 90 anni fa. Si tratta del ritorno della processione notturna di avvio della Quaresima a cura della Confraternita dell’Addolorata.
I confratelli, in abito di rito, sono partiti alla mezzanotte di martedì 17 febbraio e in processione penitenziale si sono recati in Cattedrale attraverso via Duomo, la discesa di via Nuova, una sosta breve a San Giuseppe concludendo la processione a San Domenico.
Durante la processione ha suonato la Banda Santa Cecilia “Città di Taranto” diretta dal maestro Giuseppe Gregucci.
In Puglia, ma anche in molti paesi della Basilicata, è ancora viva la tradizione di appendere nella piazza principale la vecchia “Quaremma”, un fantoccio di paglia con un vestito a campana sotto il quale è posta un’arancia nella quale sono conficcate sette penne di gallina, simbolo delle sette settimane di penitenza che precedono la Pasqua. Ogni sabato viene strappata una penna, l’ultima cadrà il Sabato Santo e finirà sul fuoco insieme alla vecchia “Quaremma”.
A metà Quaresima c’è l’appuntamento con la rottura della “pentolaccia”. E’ un vaso, solitamente di creta o di cartapesta colorata, riempita di coriandoli e dolci, ma anche cenere, carbone o acqua. Di norma viene appesa a un albero o al soffitto, nel caso di una festa al chiuso, e a turno si cerca di colpirla per far cadere il contenuto. La pentolaccia era vissuta come l'ultimo stravizio possibile prima del ritorno alla vita normale dopo il Carnevale.
 
 
 


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