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MARIA GIOVANNA LUINI/Cura è prendersi cura

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

17
APR
2015
Insieme a Umberto Veronesi ha pubblicato un saggio che si configura come un viaggio nel profondo senso della vita. Perchè il dolore è un’esperienza inevitabile: allora tanto vale elaborare con pazienza e amore e rinascere migliori
 
Parlare di dolore, sofferenza e  lotta tra Eros e Thanatos è sempre scomodo e  complesso  perché va ad intaccare in modo profondo la vita dell'essere umano senza distinzioni  di sorta, eppure, quando arriva una  diagnosi di tumore tutto cambia, a cominciare dalla stessa idea di vita. La scala delle proprie priorità viene stravolta, subentra un sordo ed inevitabile senso d’impotenza  e negli occhi di chi ha avuto questa terribile diagnosi, la luce della serenità si spegne per lasciare spazio a quella fioca dell'angoscia e della paura. Occorre iniziare a prepararsi ad un lungo cammino per elaborare il dolore, perché un tumore cambia la vita e il modo di percepirla, smuove paura, angoscia, l’idea della morte e della perdita, ma  fa emergere anche energie e risorse  che non sapevamo di possere, come la voglia di superare i limiti per tornare a vivere, e nessuno ama la vita più di chi conosce la lotta per non perderla.
Chi ha avuto la sfortuna di incontrare sul proprio cammino questo subdolo nemico chiamato cancro sa che la malattia insegna sempre qualcosa e che le emozioni  sono capaci di guarire o farci ammalare, ecco perché è fondamentale curare la persona prima ancora di “distruggere la malattia”. Insieme alla Dott.ssa MariaGiovanna Luini, scrittrice, medico e comunicatore scientifico all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, parleremo proprio di questo, dell'importanza di partire dall'amore, perché concentrare l’attenzione sulla malattia non fa altro che donare potere alla malattia stessa e il cancro non merita certo un romanzo, ma le persone che lottano per sconfiggerlo, sì... la luce del coraggio e della speranza che si accende negli occhi delle persone affette da cancro, merita attenzione e sostegno ed è solo  l'amore  che salva e si prodiga per far guarire ed alleviare le pene. 
Con la Dott.ssa Luini vedremo che la vera cura è “prendersi cura”considerando la persona nella sua totalità e  mettendo in atto  razionalità, empatia, amore, presenza fisica e mentale. Nessun grande medico  può dirsi completo se lascia a casa il cuore, e le sue esperienze vissute nell’Istituto oncologico dimostrano proprio questo. Il contatto quotidiano con il dolore e la malattia, lo smarrimento di chi si arrende alla disperazione e il coraggio di chi si aggrappa con tutte le proprie forze  alla speranza,  invocando fiducia nella scienza e nelle cure alternative, l'empatia e la solidarietà di chi opera per la tutela della salute, sono elementi fondamentali e possono fare la differenza, perché curare non significa solo trattare scientificamente una patologia ma avere cura di una persona nella sua interezza, occupandosi del suo corpo offeso dalla malattia e della sua anima ferita e smarrita.  Maria Giovanna Luini, attraverso il  lavoro sul campo e  le sue opere narrative, sa bene che la comunicazione insita nella scrittura rappresenta uno strumento  privilegiato per intervenire e tentare di rimuovere il male che tende ad insinuarsi  nei meandri dell'anima e nelle piaghe del corpo, puntando non solo sulla cura della malattia ma sulla voglia di tornare a vivere.
La dott.ssa Luini ci saluta con queste parole: «prendetevi un po' di tempo al giorno e state con voi stesse nel pieno dell’amore e cercate di liberare tutte le emozioni che non avete mai voluto tirare fuori. Abbiate fiducia nei medici di eccellenza, scegliete con razionalità e cuore e fidatevi. Ma amatevi, prima di tutto: siete le vostre prime e più importanti alleate».
 
Lei utilizza la scrittura come canale creativo e arma reale e concreta per la prevenzione e la cura, creando un magico connubio tra astrazione, capacità di immaginazione e razionalità medica, è così?
 
«All’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano sono senologa, fino al 2014 sono stata anche (per tanti anni) l’assistente medico del Direttore Scientifico (Umberto Veronesi) e comunicatore scientifico e new media. Poi la mia comunicazione scientifica si è ampliata, collaboro con testate giornalistiche nazionali e portali web, con radio24 nel programma di Nicoletta Carbone e Debora Rosciani “Cuore e denari” e scrivo saggi di divulgazione (oltre ai romanzi). La scrittura e la comunicazione sono la dimensione ideale per porgere la cura, qualunque cura: cura è anche l’informazione più corretta che aiuta a scegliere, cura è l’empatia che si riesce a trasmettere grazie a metodi comunicativi adatti e a una scrittura che contenga il cuore e non solo stile e tecnica. La cura è “prendersi cura” mettendo razionalità, empatia, amore, presenza fisica e mentale e considerando la persona nella sua totalità. Nessun super-esperto in un singolo settore può dirsi completo se lascia a casa il cuore e quella dose di passione e di emotività che è il segreto vero per prendersi cura degli altri. Per curare è necessario AMARE. 
L’ho visto con la scrittura dei romanzi: i romanzi che porgono messaggi medici e raccontano storie di salute e malattia, di speranza ed emozione funzionano più e meglio di tante conferenze, e lo stesso vale per i film o le fiction. “Allacciate le cinture” di Ferzan Ozpetek, il film cui ho collaborato di recente, è una gigantesca cura per tantissime persone perché ha dentro la medicina, la credibilità scientifica ma anche e soprattutto l’amore, la magia, il mistero e la leggerezza profondissima delle emozioni che salvano».
 
In che modo lei e Umberto Veronesi siete riusciti ad affrontare questo saggio dedicato al senso profondo della vita?
«In tanti anni di lavoro insieme abbiamo discusso tanto e ci siamo trovati vicinissimi in alcuni momenti e su posizioni differenti in altri momenti. Non abbiamo mai smesso di essere medici, lo siamo ancora: come si fa a non porsi il dubbio sul senso della vita quando si lavora con persone che hanno un tumore? Nel libro cui fa riferimento (“Oltre il dolore. Viaggio nel senso profondo della vita”, Cairo 2014) ci siamo trovati a riflettere sul dolore: il significato del dolore e le conseguenze, i modi per affrontarlo ma anche tutto ciò che provoca dolore in modo volontario e involontario, la stupidità di alcune forme di dolore. Ci siamo trovati a scrivere il libro in un periodo storico difficile e anche dal punto di vista personale abbiamo affrontato quella scrittura conoscendo a fondo il dolore, vivendolo. Il libro è dedicato a Mario Sideri, un amico e collega che è morto proprio mentre scrivevamo quel libro: per Umberto Veronesi e per me (per ragioni diverse) la morte di Mario ha significato l’ennesimo baratro in cui precipitare increduli per poi rialzarsi con fatica, con forza, ragionando insieme su ciò che stava accadendo. Le nostre vite già provate più volte dalla constatazione del dolore erano scosse di nuovo, proprio mentre scrivevamo quel libro, da un dolore. E allora diventava necessario che comprendessimo in modo vivo, partecipe, diretto come  reagire costruendo e non lasciandosi schiacciare». 
 
 
Nelle pagine del libro "Il mio mondo è donna" Veronesi parla dell'amore e del dolore delle donne e dice che dalle donne occorre partire per superare i conflitti, per reagire alla violenza usando la razionalità, senza alimentare altra violenza, per promuovere una cultura attiva della pace, dedicando le pagine più belle “alla grande forza della donna che la tiene, saldamente, ancorata alla vita e non le fa mai perdere il contatto con chi le sta accanto”.
Solo una donna conosce la forza e la volontà di opporsi agli eventi sfavorevoli e di assorbire qualsiasi disagio pur di continuare a vivere.Lei da medico, si confronta ogni giorno con la sofferenza e le emozioni più dolorose: cosa ha imparato dalle donne che lottano contro quel subdolo male dentro?
«A tenere lo sguardo alto, a non vergognarmi di piangere se sono triste, a rispettare le differenze. Ho imparato che una sconfitta è solo una sconfitta e non la fine del mondo. Ho imparato che il tempo è un grande mago, il più grande di tutti. Ho imparato ad amare la diversità di idee. Se parla con tre donne che hanno avuto o hanno un tumore scopre tre mondi totalmente diversi: ecco, questa diversità è preziosa perché insegna. Nessuno reagisce al dolore, alla malattia, alla speranza nello stesso modo: questo insegnamento dovrebbe valere per tutta la vita. Siamo diversi e unici, il rispetto assoluto per l’individuo con le sue certezze e i dubbi, con la sua storia e la sua cultura e religione (o non religione) dovrebbe permeare l’intera nostra esistenza. 
Ho imparato anche che noi donne sappiamo reagire perché amiamo, e ho imparato che gli uomini sono spesso un aiuto molto importante perché contribuiscono a farci ritornare alla dimensione concreta, solida della vita.
Ho imparato a perdonare. Perdonare non per tenermi nella vita persone che non possono avere con me una relazione sana, ma per lasciarle andare senza pesi gravosi per la psiche che poi potrebbero danneggiare anche il mio corpo».
 
Nei suoi libri c’è una perenne attenzione alle forme del dolore e della sofferenza. Il dolore è parte integrante e indispensabile della nostra vita, irrompe improvviso, ci possiede e ci abita, ci abbandona per un certo tempo salvo poi fare ritorno, per abbandonarci nuovamente. Il dolore però ha un doppio volto, può essere un bene inestimabile perché ha il potere di cambiarci e far emergere qualità che no sapevamo di possedere, ci spinge a evolvere, scardina certezze diventando motore della rinascita, dell’evoluzione. Qual è la sua interpretazione del dolore come donna e come medico?
«Il dolore è un’esperienza inevitabile. A nessuno piace incontrare il dolore, neanche a me, ma capita. Allora abbiamo due scelte: lasciarci abbattere e reagire con rabbia, peggiorando la nostra relazione con il mondo, oppure elaborare con pazienza e amore e rinascere migliori. Scelgo la seconda». 
 
 
“Il male dentro”è un romanzo ambientato in un centro oncologico. Un posto che richiama inevitabilmente la paura della morte, dell'angoscia, dell'istinto di vita e di morte, eterna lotta tra Eros e Thanatos perché un tumore cambia la vita e il modo di percepirla, smuove paura, angoscia, l’idea della morte ma anche l’amore, la voglia di superare i limiti per tornare a vivere.Nel suo libro non racconta la malattia, ma le ragioni dell’amore, perché concentrare l’attenzione sulla malattia dona potere ad essa e nessuno ama la vita più di chi conosce la lotta per non perderla.Raccontare la voglia di sconfiggere la malattia attraverso la narrativa che valore ha dal suo punto di vista di medico?
«I romanzi per loro stessa natura sono liberi, ampi, pieni di creatività anche quando sembrano ritrarre la realtà quotidiana. “Il male dentro” è uscito con Cairo nel 2013 e ancora mi invitano per le presentazioni, ancora c’è tanta gente che lo cerca e lo legge: capisco che forse ha trasmesso messaggi che vanno al di là della malattia. Il cancro non merita certo un romanzo, le persone sì. L’amore merita romanzi, e “Il male dentro” è una dichiarazione d’amore per ciò che faccio come medico, per le persone che incontro e ho tutte nella mia memoria, per la passione nella cura degli altri. 
Andando al di là, la narrativa per chi ha subito un forte trauma e si trova nel dolore, nell’ansia, nella difficoltà può essere un aiuto enorme. La narrativa, cioè scrivere, così come ogni altra forma creativa. La creatività libera parti di noi che altrimenti non avrebbero sfogo perché non si trovano le parole, perché i grumi emotivi sono così enormi e profondi da non riuscire a tirarli fuori. Insieme a colleghi scrittori a volte mi piace organizzare incontri creativi per pazienti oncologici e più in generale per persone che si trovano in difficoltà: lo facciamo perché liberare l’istinto creativo è un bisogno essenziale. Se la malattia nasce anche da emozioni rimosse, creare aiuta a esplodere in modo sano e positivo, a esprimere l’inesprimibile andando verso la guarigione. Vale anche per chi ha subito un lutto: creare è una forma grande di terapia. 
Il problema arriva quando le esplosioni creative di scrittura che liberano ricordi ed emozioni legate a una malattia diventano libri che gli autori vorrebbero pubblicare: ne esistono alcuni con un valore letterario indubitabile, altri invece hanno un significato personale inestimabile ma sono troppo intimi e personali per diventare libri pubblicabili. Ricevo ogni settimana richieste, proposte, domande di persone che hanno scritto la loro storie di malattia e vorrebbero essere aiutate a pubblicare: mi fa sempre un po’ male dovere spiegare che scrivere per liberare le emozioni non sempre implica diventare scrittori che pubblicano libri». 
 
 
Esiste la medicina tradizionale, ma c’è anche altro… il mistero e l'energia che può guarire. Lei unisce alle specializzazioni come radioterapia e chirurgia generale , il Master Reiki e la pratica di Reconnection. Cosa può dirci della medicina integrata?
«Sono Grand Master Reiki (alcune tecniche, molte per la verità) e Foundational Practitioner di Reconnnective Healing. La Reconnective Healing (www.thereconnection.com) è la tecnica che secondo me racchiude la maggioranza delle altre, ed è quella che in effetti uso. Sono attenta a rispettare ruoli, luoghi e aspettative: in IEO sono senologa e uso le mie specializzazioni e il Master in chirurgia senologica. La mia attività di senologa al momento è esclusivamente lì: che io abbia un pensiero molto aperto è noto, ma avere un pensiero aperto non significa perdere di vista le tecniche di medicina tradizionale che stanno avendo eccellenti risultati nella cura dei pazienti (la chirurgia mammaria di eccellenza, per esempio: in questo iEO è il miglioe centro del mondo). 
E’ chiaro che le mie visite da senologa siano comunque basate su un approccio che tiene conto della persona nella sua interezza: ascolto moltissimo, voglio comprendere chi ho davanti in modo profondo per essere davvero un medico come intendo io. Mio papà è medico internista ed è stato il migliore medico di Medicina Generale che abbia mai incontrato: da lui ho imparato a esserci sempre, a conoscere i pazienti nelle storie personali e familiari, nei dolori e nelle gioie, nelle relazioni e nelle delusioni. Mi rendo conto di assomigliare al medico di famiglia nella sua accezione di compagno di viaggio empatico e affettivo. Al di fuori di IEO ho uno spazio dove esercito la medicina in modo più ampio: medicina integrata per me è mettere insieme senza escludere. Sono curiosissima e “secchiona”, nella mia vita ho studiato tante tecniche di medicina convenzionale e cosiddette “alternative” finché ho capito di avere sviluppato una mia tecnica, un mio approccio personale che cambia da paziente a paziente. I fiori di Bach, la Reconnective Healing, certo, ma si va molto oltre soprattutto grazie all’ascolto ampio, l’osservazione delle persone con il tempo e l’amore».
 
Curare la persona prima ancora di “distruggere la malattia” è fondamentale. Quanto conta la speranza nella lotta contro il cancro e soprattutto che ruolo hanno le emozioni nella salute e nella malattia del corpo? La malattia insegna che le emozioni sono capaci di guarire o farci ammalare, è così?
«E’ così. Emozioni rimosse o non riconosciute, energie bloccate, incapacità di tirare fuori la rabbia e di perdonare. La malattia spesso nasce anche da lì. Per questo parlo spesso di perdono, sapendo di suscitare qualche sorrisino nelle persone che si ritengono più razionali: perdonare è liberare energie bloccate, enormi quantità di energia. Le energie bloccate nel campo energetico (o nella psiche se preferite che usi un linguaggio più scientifico) prima o poi creano danno al corpo, e il perdono è una cura fenomenale. Non sto parlando di un perdono che porti a riconciliazioni improbabili: possiamo benissimo perdonare gente che non rivedremo più, e ognuno per la propria strada. Il perdono dovrebbe essere visto come una liberazione da pesi che altrimenti ci portiamo dietro finché ci ammaliamo. Se qualcuno ha provocato la nostra rabbia la cosa migliore è lasciarlo indietro, no? Certo, ma lasciare indietro senza perdonare significa di fatto avere sempre dentro di sé un grumo di rabbia e dolore: rimuginiamo, ci ritorniamo dentro, “rosichiamo” per usare un’espressione che alcuni comprenderanno subito. Lasciare andare, aprire, spalancare e mandare via le emozioni negative per non doverle ritrovare in forma di malattia! Se qualcuno ha provocato la mia rabbia, mi ha ferito o danneggiato per me è perdonato perché sinceramente preferisco non averlo più con me come un’ombra pericolosa e inquietante.
Il dolore è anche un grande problema, ma solo quando non è vissuto: lo parcheggiamo da qualche parte perché è troppo grande, perché non vogliamo mostrarlo, perché ne abbiamo paura. Va vissuto, invece. Quando c’è, va vissuto senza vergognarsi: solo così la sua parte più acuta e dannosa se ne andrà senza farci male fisicamente. 
Parlo di tutte queste cose nei miei libri (il prossimo romanzo sarà ancora ambientato in un ospedale ma avrà contenuti ancora più liberi ed evidenti rispetto a “Il male dentro”) e in un blog sul portale “L’Assedio Bianco” dove ho il blog “Mente e corpo” (http://www.assediobianco.ch/blog/mente-e-corpo/55156bbb7b026)».
 
 
Malgrado  i diversi  casi di “malasanità” accaduti in Italia,  fortunatamente esiste  anche una sanità d'eccellenza e di grande credibilità. Meno noto in patria è invece il livello di eccellenza della ricerca. Cosa può dirci in merito? Perché ormai non ha senso ricorrere, per diagnosi e terapia, a istituti straniere?
«La ricerca è internazionale, siamo connessi in modo costante e i centri di eccellenza sono distribuiti bene sul nostro territorio. Non esiste più qualcosa che si trovi “solo” all’estero, anzi. In senologia, poi, la mia branca di lavoro medico, posso asserire che siamo stati noi italiani a inventare le tecniche che ora si usano nel mondo: la quadrantectomia inventata da Umberto Veronesi, la ROLL per le lesioni mammarie non palpabili inventata da Alberto Luini e Giovanni Paganelli per esempio.  Sto parlando di tecniche che sono state adottate in tutto il mondo e sono considerate le più moderne e di eccellenza».
 
Quali consigli sente di dare ad una donna che ha avuto la terribile diagnosi di un tumore e come affrontare il doloroso iter che ne consegue?
«Intanto consiglio la lettura dell’ebook #SENONLOSAI (Alberto Luini e Lucilla Titta, Emma Books) che contiene tutte le domande che le donne pongono a noi medici prima, durante e dopo una diagnosi di tumore al seno: costa 99 centesimi e si trova in tutte le librerie online. Questo per avere un manuale completissimo e di facile consultazione.
Altro consiglio prioritario è: prendetevi un’ora di tempo al giorno e state con voi stesse nel pieno dell’amore. Amore per voi, amore che vi riempie: amatevi. E cercate di liberare tutte le emozioni che non avete mai voluto tirare fuori. Abbiate fiducia nei medici di eccellenza, scegliete con razionalità e cuore e fidatevi. Ma amatevi, prima di tutto: siete le vostre prime e più importanti alleate».
 


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