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Home restaurant/Mettiamo le cose in chiaro

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

29
MAG
2015
Sembrava il fenomeno dell'anno, la vera rivoluzione nel modo di fare ristorazione basata sull'intuizione di pochi e sul passaparola (soprattutto social) di molti e invece, dopo il parere appena espresso dal Ministero dello sviluppo economico sui cosiddetti home restaurant, si avverte quasi un senso malinconico di occasione mancata
 
 
Stiamo parlando di quell’attività, nota anche come “social eating”, che trasforma casa propria in un ristorante  dove  perfetti sconosciuti possono degustare manicaretti rigorosamente homemade a pagamento, proprio come in un vero ristorante, per passare una serata sicuramente alternativa e diversa dal solito. Attività diffusasi rapidamente in tutta Italia e anche a Taranto, anche grazie al tam tam dei social network, e che ha già vari  punti di riferimento, come Gnammo, per citarne uno su tutti.
Tra i motivi di successo sicuramente il periodo di "magra" economica, il fascino dell’alternativo, e il senso di convivialità che può suscitare un appartamento privato piuttosto che un ristorante stellato.
Per avviare un home restaurant non serve alcuna licenza, nessuna autorizzazione sanitaria, la burocrazia è ridotta all'osso e la classificazione quale semplice attività lavorativa occasionale consente di fatturare fino a 5000 mila euro lordi senza Partita IVA... fino a oggi.
Il Ministero dello sviluppo economico, infatti, annuncia una brusca inversione di rotta decretando che l'attività in questione, anche se esercitata in alcuni giorni, deve necessariamente essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande perché, anche se i prodotti vengono preparati e serviti a casa del cuoco, i locali in cui viene svolta l'attività rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela. In altre parole quindi le norme vigenti per i ristoratori tradizionali devono essere messe in atto anche nei confronti dei gestori di Home Restaurant, ovviamente con tutte le spese e gli oneri che questo comporta. 
Sembra quindi spegnersi con la stessa rapidità con cui si era sviluppato il fenomeno del Social Eating, terra promessa e sogno facilmente raggiungibile per molti ristoratori amatoriali italiani. Sarà davvero così? Seguiremo l’evolversi della situazione. 
 


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