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Chiara Curione/La mia ricetta per la felicità

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

28
DIC
2012

 

Essere circondata dalla propria famiglia e dedicarsi alla sua grande passione, la scrittura. Questi, secondo l’autrice, gli ingredienti per una vita serena. Ma forse Lucia, protagonista del suo ultimo romanzo, l’avrebbe pensata in maniera differente
 
Arriva un momento nella vita di ogni adulto in cui è necessario scegliere la propria strada, quale via imboccare e seguire al meglio. Fare carriera, in un mondo che a volte sembra così ostile, non è sempre facile, al contrario. Vale per gli uomini, e ancor di più per le donne, le quali spesso si ritrovano a dover scegliere fra lavoro e famiglia. Può capitare di mettere da parte le proprie ambizioni, per dedicarsi ai propri cari. Si può decidere di trasferirsi altrove, alla ricerca di possibilità sempre maggiori. Si possono intraprendere scelte dettate dal cuore e meno dalla ragione, o viceversa. Nessuno ne è escluso: a un certo punto della vita bisogna scegliere. Così come hanno scelto Lucia e Vera, le due protagoniste di “Una ricetta per la felicità”, delizioso e scorrevole romanzo scritto dalla gioiese Chiara Curione, presentato nelle scorse settimane presso il Carpe Diem Art Cafè, a Crispiano. Una storia interamente al femminile, che apre le porte su due mondi, differenti oltre che per il periodo storico, anche per le difficoltà a cui i personaggi vengono sottoposti e le problematiche che sono costretti ad affrontare. E del resto, Chiara dell’universo femminile è una esperta conoscitrice. Lo si deduce dalla sua scrittura lieve e raffinata che solo una donna potrebbe avere, e dalla sua capacità di entrare nel profondo di ogni emozione e sensazione. 
 
Da dove proviene la tua passione per la scrittura? 
«Quando ero ragazzina mi divertivo a inventare storie per intrattenere i bambini più piccoli di me, oltre a essere un’accanita lettrice, amavo scrivere racconti e poesie che conservavo nel mio diario.  Comunque non avrei mai immaginato di pubblicare qualcosa, tantomeno di diventare una scrittrice.  Tutto accadde molto più tardi quando ero già sposata, con un figlio, e decisi di scrivere un romanzo di nascosto, su una vecchia macchina da scrivere trovata in soffitta. Né amici né parenti lo sapevano e fu una sorpresa per tutti quando annunciai che avevo partecipato a un premio letterario e mi avevano proposto la pubblicazione del romanzo “La sartoria di Matilde”. Il libro uscì nel 2000 pubblicato da Firenze Libri. Attualmente è stato ripubblicato in e-book dalla nuova casa editrice EEE-Edizioni esordienti. Il romanzo affronta  il tema della depressione e dell’obesità  e parla dell’amicizia di  un’arzilla vecchietta con una donna di mezza età, grassa e depressa.  In seguito ho collaborato con il laboratorio di lettura della biblioteca di Gioia del Colle e ho pubblicato per Edizioni Pugliesi le fiabe storiche su Federico II  “Le imprese di Federico II”.  Successivamente  ho pubblicato un romanzo storico per ragazzi “Un eroe dalla parte sbagliata” edito da Besa. Il romanzo è scritto tra presente e passato, per la precisione nel periodo post-unitario. Il protagonista del tempo passato è un famoso capobanda pugliese: il sergente Romano, ex ufficiale dell’esercito borbonico,  un idealista romantico che ha dato la vita per il suo vecchio re». 
“Una ricetta per la felicità”. Ricordi di preciso come e quando è nata l’idea di scrivere questo romanzo?
«L’idea di scrivere “Una ricetta per la felicità” è nata poiché avevo voglia di parlare di come nella vita possono avere grande importanza le piccole gioie e come il cibo possa diventare metafora dell’amore; volevo parlare delle tradizioni e della famiglia, oltre che confrontare la vita delle donne del secolo scorso alle donne attuali.  Avevo in mente di scrivere questo romanzo da prima che fosse pubblicato “Un eroe dalla parte sbagliata” ed elaboravo le personalità dei tanti personaggi che fanno parte di questa saga familiare».
È la storia di due donne, legate da un vincolo familiare. Una di queste, Lucia, l’hai conosciuta personalmente. Qual era il tuo rapporto con lei?
«La protagonista del tempo passato, Lucia, si ispira  infatti a una donna realmente esistita, anche se le vicende del romanzo sono di fantasia. Lucia che è stata anche la mia tata, era una donna tenace e generosa, che amava comandare, capace di unire le famiglie e gestire la vita di coloro che ne facevano parte, così come la protagonista del mio romanzo. Nel libro però ho inventato varie vicende che non sono attinenti alla realtà. Nella realtà Lucia non ha mai avuto figli e dubito che si sia mai innamorata di qualcuno. Lei non avrebbe mai accettato di sposarsi e di essere comandata. Ma per lei un uomo che non era capace di comandare non era un vero uomo. Il giornalista e scrittore Pino Aprile, nipote della donna, nella prefazione ricorda appunto questi aspetti del carattere di sua zia».
 
La storia di Vera invece è decisamente più attuale: questa donna ha un vissuto nel quale chiunque può immedesimarsi. 
«Vera, la protagonista del tempo presente, è una donna moderna che decide di dare una svolta alla sua vita, lasciando il lavoro di insegnante precaria al Nord e ritornando al Sud, nel suo paese d’origine, con il marito e i due bambini. Una scelta controcorrente e difficile, voluta solo per tenere insieme la sua famiglia. Molte donne moderne costrette a spostarsi continuamente per lavorare, a fare salti mortali per stare insieme con il marito e i figli potrebbero immedesimarsi in lei».
 
Senza dubbio. A fare da corollario all’intera storia vi sono due grandi passioni che accomunano le protagoniste: il canto e la cucina. Parlando di quest’ultima, ogni capitolo (della storia di Lucia) parte proprio con una ricetta. E del resto tutto ha origine proprio dal ritrovamento del suo diario/ricettario. Come mai la scelta di introdurre la gastronomia?
«Il canto accomuna le due protagoniste, nonna e nipote, da sempre. Ma l’arte culinaria Vera l’ha appresa dopo, attraverso il diario ricettario della nonna. All’inizio della storia non le piaceva cucinare e impara per necessità, poi scopre di avere talento anche in quello.  La scelta di introdurre la gastronomia ha il fine di mostrare come con il cibo si possa andare indietro con i ricordi attraverso i suoi odori e sapori e  come abbia un’importanza fondamentale per noi, come il cibo sia tradizione e cultura. Inoltre ho tentato di ricostruire un vecchio ricettario di una volta, usandolo come espediente letterario per raccontare cosa avveniva nella famiglia in cui Lucia lavorava come domestica il giorno in cui la protagonista scriveva la ricetta. Lei stessa nel suo diario dice di aver imparato a scrivere per non dimenticare le cose più importanti della sua vita».
Anche grazie ai piatti che Lucia e Vera preparano, il romanzo è intriso di mediterraneità. Sei molto legata alla tua terra?
«Assolutamente. Sono molto legata alla mia terra, alle tradizioni e vorrei tramandare la nostra storia e i nostri ricordi attraverso i miei testi. Credo sia importante conoscere e portare avanti ciò che fa o che ha fatto parte della nostra vita e del nostro territorio».
Anche tu sei una cuoca provetta?
«Anch’io amo cucinare. La cucina è alchimia di odori e sapori e ogni volta è come fare un esperimento». 
Hai altri progetti in corso?
«Ne ho molti in realtà, e spero di poterli realizzare tutti. Li svelerò solo a cose fatte, però».
Come ultima domanda non posso che chiederti: hai trovato la tua ricetta per la felicità?
«Sì, l’ho trovata. La felicità, per me, è avere la famiglia accanto, che è la mia grande forza e la mia gioia più grande, e nondimeno la scrittura. Sono questi i miei ingredienti segreti per una vita serena».     
 

 



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