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Istantanee/Maestre d´Italia

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

5
FEB
2016
C’era una volta,
un re, diranno i miei piccoli lettori, no…
c’era una volta la Scuola, era già da un po’ di giorni che quest’incipit frullava nella mia mente, tornava quasi rispettando lo stesso intervallo di tempo, ma, a questa frase, di collodiana memoria, non faceva seguito alcun proseguo.
Fino a quella domenica mattina, nella quale avrei dovuto dormire un’ora in più, ma nella quale in realtà mi svegliai molto presto, presi carta e penna, certa che, come speso accade, una volta che il pezzo comincia a prendere forma, le parole si materializzano tra mente, inchiostro e foglio che…bianco non è più. 
Questa volta però non sembrava essere così facile, ma venne in mio aiuto il palinsesto di Rai tre con la trasmissione “Il tempo e la storia” che proprio in quella mattinata aveva deciso di mandare in onda la puntata dedicata alle Maestre d’Italia.
Inevitabilmente l’inizio riguardava le maestre rurali, le pluriclassi e quel clima di familiare rispetto che caratterizzava il periodo storico in esame, ma si parlava soprattutto dell’attuale bisogno di riscostruire la storia della scuola.
Ad accompagnare gli spettatori in questo interessante excursus storico c’è Simonetta Soldani che, citando un suo saggio afferma  "andar per scuole in cerca di archivi" non è più  un'esclusiva di presidi, insegnanti o cultori di storia locale. Il crescente interesse per l'universo scolastico rende questo tipo di archivi preziosi non solo per la storia della scuola, ma anche per la storia della cultura, la formazione delle identità collettive. Unica via percorribile per recuperare la memoria di scuole sottoposte oggi a nuove trasformazioni amministrative e organizzative, è una lettura “individualizzata”, ponendo lo storico di fronte ad un cambiamento di approccio: non più storia della scuola, ma storia delle scuole. Almeno fino all’esplosione della scuola di massa degli anni Sessanta e Settanta del Novecento, infatti, l’aver frequentato questa o quella scuola era parte integrante del “romanzo di formazione” non solo delle singole persone, ma di segmenti cruciali della società locale. Dando lo spazio che le compete alla scuola  quotidiana, con le sue cadenze e i suoi attori reali.
A questo punto sullo schermo l’immagine della grande scrittrice Matilde Serao che conseguì il diploma di maestra e parlando della sua esperienza scrive: “aspettavamo con ansia le ore di tirocinio alla scuola del 1882, l’abito nuovo e il sillabario tra le mani […], anni di una formazione strutturata: tirocinio e pratica per vedere come si fa ad insegnare che è diverso dal sapere tante cose”.
Entra anche nello specifico delle classi molto numerose e dei salari bassissimi delle maestre, in questo pare nulla essere cambiato, se si pensa che alcune classi di scuola dell’infanzia oggi hanno 28/30 alunni e che la retribuzione dei docenti  è…meglio non parlarne.
Sicuramente all’epoca l’essere maestra era uno status: Carolina Invernizio, Ada Negri, donne colte, le prime intellettuali, maestre, scrittrici e giornaliste, impegnate nel sociale, pronte a battersi per la parità di salario tra uomini e donne e per il diritto di voto a quest’ultime. 
Essere maestre negli anni del fascismo è un’altra storia: “Nel ’26 fondai il fascio femminile nel mio paese e ne fui presidente per diversi anni, mi allontanai solo quando capii che il fascismo era contro la religione”.
In questo periodo il regime riduce il numero delle maestre a favore dei maestri.
Il programma presenta poi il lavoro di Maria Maltroni, seguace di Giuseppe Lombardo Radice, che nella sua scuola di San Gersolè parte dall’esperienza reale del fanciullo e dà origine ad un lavoro meraviglioso che affascina a tal punto da far  parlare di sè anche Calvino e la Fallaci.
Dagli anni ‘20 agli anni ’50  le maestre si recavano nei plessi collocati nelle lontane campagne a piedi e se in montagna sciando o ancora le più fortunate in bicicletta, quasi delle eroine nel seguire questa vocazione e superare la difficoltà di spiegare cos’è il mare e la nave in una scuola di montagna, quando non esistevano TV, foto e cartoline, e l’insegnamento sembrava solo un’impresa impossibile.
Solo negli anni ’60 nelle classi cominciano a emergere le prime differenze che ci sono nel Paese, diventa evidente la presenza delle diverse classi sociali.
 Il 15 novembre 1960, per i tanti adulti analfabeti, la Rai pensa di diventare scuola con la fortunata trasmissione “Non è mai troppo tardi” e così grazie al maestro Manzi, tutti imparano a leggere, scrivere e far di conto.
In quegli anni l’82% degli insegnanti sono donne, ma la TV sceglie un uomo perché si pensa esprima più autorevolezza e maggiore cultura.
Così come sono uomini i maestri nel cinema nei film di Lattuada, della Wertmuller e di De Sica.
La letteratura ci fa sperare in una rivalsa  femminile con i libri “ Il diario di una maestra” di Franca Marinelli, “Volevo fare la maestra” di Gabriella Zoia 
“Il tempo e la storia” termina, sono stata rapita da immagini, scritti e parole, che in realtà mi hanno permesso di rivedere tutta la storia dell’ Italia passata attraverso le aule scolastiche. 
Non si è parlato della Buona Scuola, nè di Renzi e della Giannini, sicuramente perché come affermava don Milani “la scuola è fatta da gente che ama, non da burocrati e ministri”.
 


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