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Caterina Emili/L´Autista delle slot

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

15
FEB
2013

 

Un viaggio nell’animo umano raccontato magistralmente dalla scrittrice romana pugliese di adozione, che ci svela i tormenti dei frequentatori di casinò, ma anche quelli di un uomo rincorso dal suo passato
 
Vivo in un paese che amo tantissimo, ma che a volte mi fa venir voglia di sbattere la testa contro un muro. Perché è innegabile che ci sia tanto da migliorare, molte cose da sistemare, innumerevoli carenze da colmare. Come la maggior parte dei piccoli paesi di provincia, sia chiaro. È un paese dove non esiste l’ombra di una libreria, ma fioccano magicamente centri scommesse, attività per la lottomatica e sale giochi. Mi sono chiesta il motivo, anzi… me lo chiedo ormai da anni. E la risposta è giunta, almeno in parte, l’altra sera quando al Carpe Diem Art Café si è tenuto il solito happy hour culturale, una formula ormai collaudata che prevede la presentazione congiunta di un fotografo o pittore e di uno scrittore. E mentre alle pareti erano appese le splendide fotografie di Giovanni Carbotti, commentate dallo stesso autore e da Aldo Zappulla, Anna Crisante ha presentato il libro “L’autista delle slot” di Caterina Emili, giornalista e scrittrice.
 
NON PARLA DI GIOCO D’AZZARDO
Un giallo che vede protagonista Vittore, un autista di autobus della linea Milano-Campione che conduce un eterogeneo gruppo di anziani in un casinò. Uno straordinario mix di personalità differenti, di “cervelli sbrindellati dal gioco” che Vittore riconosce ormai a occhi chiusi. Sa distinguere al primo colpo la tipologia di giocatore che si trova di fronte. Ma, attenzione! In questo romanzo, come spiega l’autrice, non si parla di gioco d’azzardo. Quello è differente. Il gioco d’azzardo è per amatori, per appassionati, per chi ha voglia di adrenalina, di sentire quell’eccitazione che permane per tutta la durata del gioco. «Alcune persone hanno bisogno dell’adrenalina; è quasi una predisposizione genetica, un peccato primordiale. Alcuni si abbandonano ai peccati di gola, altri ricercano le loro soddisfazioni nell’arte, altri ancora sono vittime della lussuria. Il gioco d’azzardo è lussuria, in un certo senso.» Il non sapere se la pallina si fermerà sul nero o sul rosso, l’individuare le mosse degli altri giocatori in una partita di poker, non ha nulla a che vedere con chi sceglie le slot. Le slot non hanno a che fare né con la bravura di un giocatore né tantomeno con la fortuna. Come racconta la Emili: «Ogni macchinetta è programmata affinché vinca una volta a fronte di numerose partite finite in perdita. È un calcolo matematico. Non occorre far nulla che non sia infilare la monetina all’interno del mostro metallico e tirare una levetta, sperando che quella sia la volta buona in cui una cascata di monete luccicanti venga fuori dalla bocca della slot.» 
 
L’ARTE DI ATTENDERE
Ma cosa spinge un uomo al gioco? La letteratura, così come la storia, è piena di vite spezzate dall’irrefrenabile bisogno di giocare; di uomini disposti a rovinarsi, a perdere tutto per avere ancora una volta quel brivido irrinunciabile. «Alle slot» spiega ancora la scrittrice «ci giochi perché esistono. Sono lì e ti chiamano, ti catturano. A un tavolo di poker scegli di sedere, ma con le slot machine è molto diverso. Ci sono interi casinò in cui la disposizione della macchinette è studiata appositamente per costringerti a giocare. E non solo; spesso ci si reca alla postazione attraverso delle scale mobili al centro del grande salone, che sottopongono il giocatore allo sguardo di tutti i presenti. Per andare a giocare ti devi mostrare. E per alcuni, quella vergogna intrinseca, è fondamentale: fa parte del gioco tanto quanto il gioco stesso.» 
Un meccanismo voyeuristico che però funziona al contrario. La sfilata verso la propria postazione, l’attesa di sedersi a giocare, fa pregustare il momento stesso in cui ci si trova faccia a faccia con la slot. “L’attesa del piacere è essa stessa il piacere” diceva Lessing.
 
IL GIOCO È COME IL SESSO
Ma attendere cosa? Cosa accade a un uomo nel momento in cui sceglie la slot? Che rapporto si crea fra l’uomo e la macchina? «È un rapporto quasi sessuale. Vedete, il giocatore d’azzardo nella maggior parte dei casi paga delle donne, sempre molto belle e appariscenti, per mostrarle al tavolo da gioco. Essere accompagnato da giovani in abiti succinti fa parte del suo personaggio, dell’identità che si è creato all’interno del casinò. È tutto un apparire, un ostentare. Il giocatore di slot, invece, è solo con la sua macchina. Pensateci: è seduto su uno sgabello, attento solo al monitor della slot machine, a pregustare il momento in cui i simboli appariranno uno dietro l’altro e una cascata orgasmica di monete lo avvolgerà nel suo momento di gloria. Bisogna però specificare che, come diceva Dostoevskij, “il vero giocatore gioca per perdere”. Accade, il più delle volte, che il momento più importante sia quello che anticipa il risultato e quasi si spera di perdere, perché così ci si sentirà legittimati nel giocare ancora, e ancora, e ancora.»
 
CON GLI OCCHI DI UN UOMO
L’intero romanzo è scritto in prima persona, e il protagonista, come già detto, è un uomo. Una scelta che ha destato un certo stupore. «E perché mai? Gustave Flaubert era un uomo eppure ha scritto “Madame Bovary”. Il bello della scrittura è proprio divenire qualcun altro. Io sono dell’opinione che lo scrittore non debba mai parlare di sé, soprattutto se ha una vita ben poco interessante. Molti puntano sull’autobiografismo, cercando di raccontare la propria storia, facendo riferimento a fatti realmente accaduti. E nella maggior parte dei casi si rivela un disastro, perché non c’è nulla da dire, nulla da svelare, nulla su cui riflettere.» Ma Vittore è un personaggio estremamente maschile, anche nel linguaggio, che spesso è rude, volgare, forte, diretto. Non è stato difficile parlarne in prima persona? «No, affatto. Al contrario mi sono sentita particolarmente a mio agio. Io ho una mentalità maschile, in un certo senso. Su alcuni aspetti della vita la penso come un uomo. Inoltre, sono convinta che le donne siano più interessanti da raccontare. Ne “L’autista delle slot” mi sono servita di un personaggio maschile per esplorare l’universo femminile. Vittore, infatti, è un uomo che guarda le donne con grande stupore, come solo un uomo potrebbe fare. Per quanto concerne il linguaggio, mi è sembrato opportuno adottare parole crude. Ho ritenuto che fossero le più adatte, visto il contesto.»
 
NON SOLO SLOT
Il libro della Emili non vuole tuttavia essere un saggio sulle emozioni di un giocatore. Al contrario, il tema delle slot farà solo da corollario alla storia di Vittore, del suo rapporto con l’amore, con le donne e con il suo passato. “L’autista delle slot” procede in maniera frammentata, svelandoci di volta in volta quanto è accaduto e mostrandoci con naturalezza gli scorci dei luoghi che l’autobus tocca. In particolare nel viaggio verso la Puglia, trova spazio la cittadina di Ceglie Messapica, un luogo in cui la stessa Emili trova rifugio per almeno sei mesi all’anno (l’altra metà la passa in Umbria). «Cercavo un posto al Sud. In particolare desideravo fosse vicino al mare, dunque avevo puntato sul Salento e sulle città vicino alla costa. Ma poi ho visto Ceglie: l’ho trovata talmente simile all’Umbria, regione che amo tantissimo, che ho scelto di acquistare un trullo. Non so bene cosa, ma quando ho visto quella piazza, dove la gente passeggiava solo al centro, ho capito che quello era il mio posto.»
 
ANCORA CEGLIE
Chi ha letto “L’autista delle slot” e, arrivato all’ultima pagina, ha vissuto la classica sindrome dell’abbandono che ci coglie quando qualcosa che amiamo finisce troppo presto non si disperi. Caterina Emili sta già lavorando al nuovo romanzo. Anticipazioni? Si tratterà ancora di un giallo e partirà proprio da Ceglie Messapica. Non ci resta che attendere e godere del piacere di quest’attesa.
 


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