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Segnalibro/L'ossessione della pancia

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

29
GIU
2017

La follia, la disperazione, il senso di smarrimento, il matrimonio che si logora, i rapporti che si deteriorano. Silvia Avallone racconta la frustrazione femminile causata dalla sterilità. Forse esagerando. O no?

Sono un po' arrabbiata con la Avallone.
Perchè è una brava autrice, un'ottima scrittrice, che dà vita a bei romanzi, gradevoli e scorrevoli.
Eppure.
Eppure mi ha molto delusa per il modo in cui ha deciso di tratteggiare uno dei personaggi principali del suo ultimo libro.
Un romanzo che parla prevalentemente di maternità: di maternità inaspettata, di maternità assente e di maternità a lungo desiderata.
Desiderata al punto da non riuscire a pensare ad altro. Ed è tutto ciò che è legato a quest'ultimo aspetto ad avermi infastidito.
Non ho amato il fatto che la Avallone abbia descritto Dora, una donna sterile che desidera diventare madre, come un'assoluta nullità. Non esiste altro, in lei. Solo questa ardente voglia che la consuma giorno dopo giorno, facendola diventare matta, nel vero senso della parola.
Una donna insopportabile ai limiti dell'inverosimile, mentalmente instabile, al punto da picchiare per strada le altre donne che mostrano fiere la propria pancia.
E non è la sola, Dora, a sentirsi una nullità. Anche suo marito, stanco di lei, guarda con desiderio i fianchi larghi di chi è diventata madre, considerandola più donna della sua.
Ecco, a me tutto ciò fa accapponare la pelle. Mi fa indignare.
Perchè capisco che si voglia raccontare la frustrazione di una donna che si sente madre ma che non potrà mai esserlo, perlomeno non in modo convenzionale. La follia, la disperazione, il senso di smarrimento, il matrimonio che si logora, i rapporti che si deteriorano.
Ma che si scelga di raccontare solo questo, come se una donna al di fuori della maternità non esistesse, ecco questo proprio non lo sopporto.
Eppure Dora è un'insegnante, una donna colta e intelligente, è una donna che ha vissuto tutta la vita con un handicap importante e che ciò nonostante ha avuto la forza di reagire. Tutto ciò a cui pensa, tuttavia, è "la pancia".
Quando è in aula con i suoi studenti, quando guarda la sua protesi, quando parla con la sua amica, ogni volta che va in bagno, ogni volta che cammina, pensa, respira.
Ha solo trent'anni, ma non esiste altro per lei.
Amo generalmente i personaggi negativi, quelli politicamente scorretti. Perchè in loro si intravede sempre un barlume di bontà, una fragilità nascosta, un'arguzia che li rende simpatici.
Dora non è nulla di tutto questo.
Dora è fastidiosa, pazza, isterica, noiosa. Solo perchè non ha un figlio.
E la cosa peggiore (non vi spoilero nulla che non si intuisca già dalle prime pagine) è che la Avallone scelga di restituirle dignità solo nel momento in cui le fa coronare il suo sogno di maternità.
Quello che forse voleva essere un lieto fine, non potrebbe avere un messaggio peggiore: una donna è realizzata solo quando diventa madre, altrimenti è il nulla.
Spiacente, Silvia. Non sono d'accordo.



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