Nata cento anni fa da una famiglia di commercianti ebrei, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, si è spenta a Matera il 19 settembre 2004, dopo aver vissuto lungamente a Manduria, dove è sepolta. Una piazza e una scuola intitolate a suo nome e un monumento rimasto sulla carta
«Elisa Springer aveva ventisei anni quando venne arrestata [a Milano, dalle SS naziste, il 23 giugno 1944, denunciata da una donna italiana - ndr] e deportata ad Auschwitz con il convoglio in partenza da Verona il 2 agosto 1944. Salvata dalla camera a gas dal gesto generoso di un kapò, Elisa vive e sperimenta tutto l’orrore del più grande campo di sterminio nazista. Ben presto ridotta a una larva umana, umiliata e offesa, anche nel corso dei successivi trasferimenti a Bergen-Belsen, il campo dove morì tra gli altri Anne Frank [una bambina che la stessa Springer ricorderà di aver incontrato nel campo di sterminio - ndr], e a Theresienstädt, riuscirà a tenere vivo nel suo animo il desiderio di sopravvivere alla distruzione. La sua forza e una serie di fortunate coincidenze, le consentono di tornare prima nella sua Vienna natale e poi in Italia, dove all’inizio della persecuzione nazista contro gli ebrei d’Europa, spinta dalla madre, aveva cercato rifugio. Da questo momento e per cinquant’anni la sua storia cade nel silenzio assoluto: nessuno sa di lei, conosce il suo dramma; nessuno vede (o vuol vedere) il numero della marchiatura di Auschwitz che Elisa tiene ben celato sotto un cerotto. Il mondo avrebbe bisogno della sua voce, della sua sofferenza, ma le parole non bastano a raccontare il senso del suo dramma infinito e sempre vivo. La sua vita si normalizza, nasce un figlio. In quegli anni è proprio la maternità il segno della sua riscossa contro i carnefici. Cinquant’anni dopo, proprio questo figlio, Silvio, vuole capire, sapere e lei, per amore di madre, ritrova le parole che sembravano perdute. Unico caso al mondo di un silenzio così profondo che si interrompe con il racconto della storia della sua drammatica vita, morte e rinascita, il libro di Elisa Springer [“Il silenzio dei vivi”, Marsilio 1997 - ndr], assume il peso di quei testi che sanno parlare agli uomini e alla storia, al cuore e alla mente.» (Frediano Sessi, 1997).
Nell’introduzione del suo libro, si legge: «Oggi più che mai, è necessario che i giovani sappiano, capiscano e comprendano: è l’unico modo per sperare che quell’indicibile orrore non si ripeta, è l’unico modo per farci uscire dall’oscurità. E allora, se la mia testimonianza, il mio racconto di sopravvissuta ai campi di sterminio, la mia presenza nel cuore di chi comprende la pietà, serve a far crescere comprensione e amore, anch’io allora, potrò pensare che, nella vita, tutto ciò che è stato assurdo e tremendo, potrà essere servito come riscatto per il sacrificio di tanti innocenti, amore e consolazione verso chi è solo, sarà servito per costruire un mondo migliore senza odio, né barriere. Un mondo in cui, uomini liberi, capaci e non schiavi della propria intolleranza, abbattendo i confini del proprio egoismo avranno restituito, alla vita e a tutti gli altri uomini, il significato della parola Libertà. Oggi ho compreso che Dio mi ha concesso di liberarmi dalla prigionia del passato, attraverso le pagine di questo libro».
Elisa Springer, nata a Vienna il 12 febbraio di cento anni fa da una famiglia di commercianti ebrei di origini ungheresi, si è spenta a Matera il 19 settembre 2004, all’età di 86 anni, dopo aver vissuto lungamente a Manduria, dove è sepolta. La città pugliese, il 19 settembre 2014, le ha intitolato una piazza. L’8 giugno 2016, l’Istituto Comprensivo Statale di Surbo, in provincia di Lecce, ha preso la denominazione di “Elisa Springer”. Nel maggio 2017, attraverso un concorso, gli architetti siciliani Raoul Vecchio e Simona Cirami, hanno realizzato un progetto per un monumento a lei dedicato da collocare nella omonima piazza di Manduria. L’opera è formata da una lastra di acciaio piegata con un bassorilievo al suo interno. La sua posizione porta nella prospettiva finale uno spiraglio di luce che vuole indicare la difficoltà di fuggire dai campi di prigionia ma anche la speranza dei sopravvissuti. Per la realizzazione occorrono ottomila euro. L’amministrazione comunale (attualmente il Comune di Manduria è commissariato), che ha organizzato e gestito il concorso di idee, avrebbe dovuto lanciare una sottoscrizione pubblica per il reperimento dei fondi necessari, con l’impegno di rifondere la parte eventualmente mancante. Il progetto, in questo caso, è rimasto sulla carta.