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Rocketman, ridateci i soldi del biglietto / di Roberta Criscio

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

3
GIU
2019

Ultimare la lettura dell'ultimo libro di Michel Bussi.
Passeggiare sotto la pioggia.
Esercitarmi nell'arte della calligrafia.
Telefonare a un'amica.
Rilassarmi e meditare a gambe incrociate.
Sono solo alcune delle cose che avrei potuto fare, invece di sorbirmi due ore di polpettone stereotipato, acclamato dalla critica come il filmone dell'anno.
Ovviamente sto parlando di Rocketman.
Premetto che adoro le canzoni di Elton John e mi piace lui, ha una storia incredibile e un talento straordinario.
Il biopic su di lui, tuttavia, è una sorta di musical tra i peggio riusciti (secondo solo a La la land, di cui non sono neanche riuscita a ultimare la visione).
La sua vita è quasi totalmente raccontata in musica, al punto che lo spettatore è costretto a sciropparsi tre balletti ogni due battute.
Il piccolo Reginald Dwight (in arte Elton John, appunto) viene dipinto come un genio che Beethoven lévati, capace di ripetere alla perfezione sinfonie senza aver mai toccato prima un pianoforte (che vada per l'orecchio assoluto, ma così mi sembra un po' esagerato), un bimbetto timido e piagnucolante che elemosina abbracci da un padre eccessivamente orco e convive con mamma e nonna senza che il loro rapporto venga in qualche modo approfondito.
Sarà che preferisco che le cose vengano fatte intuire e non dette esplicitamente (il bimbo va dal padre e chiede un abbraccio, il padre rifiuta, il bimbo è triste... Ommioddio, kill me!), ma in questo film è tutto talmente accentuato da aver reso ogni personaggio una macchietta, senza la benché minima sfumatura.
Il film su Elton ha voluto cavalcare l'onda del successo ottenuto da Bohemian Rhapsody, ma del biopic su Freddie non ha proprio nulla.
Mi sento buona, tuttavia, quindi concludo con due note positive.
La prima: lo ammetto, sulle note di Crocodile Rock avrei voluto ballare e cantare anch'io.
La seconda: Taron Egerton, l'attore che interpreta il baronetto è veramente, ma veramente bravo.
Per il resto, diciamoci la verità: realizzare un film su un artista ancora in vita e farlo produrre da lui stesso è la via più sicura per sfornare una stucchevole autocelebrazione che più che applausi guadagna sbadigli.
Sorry, Sir.
I still love you, though.



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