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Amarcord/Il tempo dei cappottari

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

15
NOV
2013
La fiera di san Martino coincideva con quel periodo di relativa liquidità di cui i martinesi godevano dopo i lavori di vendemmia. Ora i cicli agricoli non incidono come allora nella quotidianità ma l’appuntamento rimane sempre molto atteso. Peccato che quest’anno la pioggia ci abbia messo lo zampino 
 
 
Quando ogni anno giungeva novembre, il sole diventava man mano più pallido e tendeva a nascondersi dietro l’orizzonte già alle prime ore del pomeriggio; un vento pungente di tramontana iniziava a solcare i vigneti della Valle d’Itria appena reduci da una redditizia vendemmia, e le prime pioggerelle autunnali insistevano battenti sulla terra, resa arsa dalla bella stagione; nelle case del martinese medio si mangiavano castagne arrostite sulla brace del caminetto da poco rimesso in funzione e si deliziava il proprio palato sorseggiando del vinello dolce di stagione; i primi funghi  iniziavano a puntellare il manto marrone dei terreni di campagna; i profumi dell’autunno, ormai entrato nel vivo, si diffondevano lentamente nell’aria.
Questa introduzione enfatica potrebbe far pensare ad alcuni versi famosi della celebre poesia di Carducci, “San Martino”; in realtà rappresenta la cornice entro la quale la popolazione di Martina, in  gran parte di estrazione sociale contadina, viveva i primi giorni di novembre oltre mezzo secolo fa. Era una sorta di itinerario di preparazione alla data dell’11 Novembre, evento religioso dai marcati caratteri popolari in occasione del giorno di San Martino.
Al tempo come anche al giorno d’oggi, questa data aveva un significato particolare per la cittadinanza martinese: oltre ad essere il giorno in cui si festeggia il Santo Patrono della città, rappresentava dal punto di vista storico-culturale la vera e propria essenza dell’autunno in Valle d’Itria, una sorta di intermezzo tra la fine dell’estate ormai lasciata alle spalle e il freddo Natale alle porte.
“A San Martino ogni mosto diventa vino”, così recitava un antico proverbio riguardante la festa dell’11 Novembre. E per una popolazione di origine contadina, impiegata da secoli nella coltura della vite, il proverbio tendeva ad assumere, soprattutto in quel particolare periodo dell’anno, una certa risonanza emotiva tra le persone di Martina Franca. Questa data avvicinava la popolazione verso l’inverno ormai incombente. Erano tempi di umili condizioni economiche delle famiglie, ciò nonostante quest’ultime non rappresentavano un ostacolo insormontabile per una vita capace di essere serena e felice, ancorata com’era alla certezza di valori semplici e genuini.
La fiera di San Martino finiva spesso per assumere un ruolo più rilevante nell’immaginario collettivo a dispetto della funzione religiosa vera e propria del Santo Patrono, richiamando l’interesse e la curiosità delle popolazioni dei paesi limitrofi a Martina. Le strade della capitale della Valle d’Itria venivano riempite in ogni angolo dalle baracche dei cappottari, letteralmente prese d’assalto dalla gente in cerca di vestiti o soprabiti per potersi riparare dal freddo dell’inverno ormai alle porte. In questo periodo dell’anno la gente, nonostante le condizioni economiche non particolarmente agiate, poteva approfittare della disposizione dei proventi della vendemmia da poco passata per poter fare acquisti necessari in vista della stagione fredda. Altro acquisto tipico del martinese in fiera era quello degli ombrelli. In città si respirava un’aria magica, il profumo delle caldarroste si faceva sentire, c’erano anche attrazioni per l’infanzia attraverso la voce di un cantastorie di piazza che ammaliava i bambini. Il tutto avveniva non nel segno del consumismo esasperato, bensì in quello della necessità primaria, nell’intento di vivere una giornata spensierata.
Altro motivo ultrareligioso era la tradizionale fiera del bestiame che aveva luogo nel vecchio Foro Boario di Martina: i massari accorrevano in gran numero sul posto per poter acquistare bestiame di prima qualità per le loro attività di allevamento e pastorizia. 
La festa di San Martino, quindi, rappresentava e rappresenta ancora tutt’oggi un importante polo di attrazione economica e religiosa dell’intero circondario. La tradizione della fiera, cornice popolaresca dell’evento religioso, permane da decenni ed è ormai insita nel tessuto storico-sociale della città. Ciò che è mutato nel corso degli anni è stato il modo in cui il martinese avverte il senso autentico e antico della festa patronale dell’11 Novembre: se prima era un atteso momento di raccoglimento liturgico e un appuntamento significativo anche dal punto di vista profano e popolaresco, attualmente l’evento va assumendo sempre più caratteri a sfondo più strettamente commerciale e consumistico.
La festa non è più contraddistinta dall’essenza genuina del passato; sono remoti ormai i tempi in cui la popolazione contadina di Martina attendeva la ricorrenza del Santo per vedere finalmente i frutti di un intero anno di lavoro tra i filari di vite. E’ andata smarrita la gioia e l’orgoglio di far parte di una comunità i cui individui sono accomunati dai medesimi interessi e da uno stile di vita che, seppur piatto e monotono, era semplice,umile e generatore di quadretti di vita popolare e contadina felice e incondizionata dagli sfrenati ritmi della quotidianità odierni.
Oggi vi è ancora una parte marginale della popolazione martinese, fatta per di più da anziani e uomini e donne di mezza età, che guarda con occhio nostalgico al ricordo di feste patronali dell’11 Novembre di un passato ormai sfumato e corroso dal tempo, che incalza al passo con i tempi di vita  della nostra società.
Ed è proprio nell’animo di queste persone dalla lunga esperienza esistenziale che prende forma il rammarico verso alcuni valori morali andati progressivamente persi nei decenni e verso talune tradizioni popolari del cui esercizio, spesso, le nuove generazioni non hanno mai conosciuto l’esistenza.
Per nostra fortuna, però, la Festa Patronale di San Martino sopravvive all’usura del tempo e ai cambiamenti messi in atto dalla società: la speranza è che i posteri possano ricordare l’11 Novembre come un giorno di partecipazione collettiva a un pezzo di storia della vita culturale della città di Martina, e non lo vedano, come purtroppo spesso accade tra i giovani di oggi, solamente come un giorno di vacanza qualunque in cui non andare a scuola. 
 


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