Spettacolo di emozioni messo in scena dallo Studio Danza Scarpette Rosa di Francesca Valente, che ha scosso la platea al ritmo di Saturday Night Fever
Il primo ricordo del teatro che ho riguarda l’odore.
Avevo cinque anni, circa. Varcai la soglia dell’ingresso sul retro e prima ancora delle luci del corridoio, prima della confusione di chi era già arrivato, prima dello sbrilluccichio di lustrini e paillettes, a colpirmi fu il profumo.
Di legno, quasi impercettibile, mascherato da lacca, deodoranti, persone. Eppure era lì. Lo sentivo. Era l’odore che mi arrivava di più e che, per una ragione che mi è difficile individuare, mi emozionava tantissimo.
Forse perché sapevo che di lì a qualche ora il legno di quel palco sarebbe stato sotto i miei piedi incerti, testimone di una buona performance o di una terribile figuraccia.
Sono passati tanti (troppi!) anni da allora, e anche se adesso in teatro ci entro da spettatrice, non riesco a levarmi di dosso quella sensazione. Un’attrazione fortissima per quel palco che sarà compagno di serata per decine di ragazzi che in quello spettacolo investiranno ogni fibra del loro essere e che forse in quel momento stanno provando le stesse sensazioni di quella bimbetta impaurita e scalpitante al contempo.
Tuttavia, non è solo l’immedesimazione a entusiasmarmi così tanto, perché quando si assiste a uno show meraviglioso come quello della scuola di danza Scarpette Rosa, l’emozione di tutti i presenti è davvero assicurata. Il saggio di fine anno non è solo un’occasione di festa, ma anche e soprattutto dimostrazione di professionalità, dedizione, costanza e bravura che hanno fatto sì che la danza di qualità avesse il nome di Francesca Valente e di sua madre Maria Giovanna Pennica, fondatrice della scuola.
Esperienza che viene trasmessa agli allievi, i quali anno dopo anno raggiungono livelli sempre più alti, distinguendosi nei vari concorsi nazionali a cui partecipano, facendo incetta di premi.
Dopo il saggio tenutosi domenica 2 al Teatro Nuovo di Martina Franca, non posso che comprendere perfettamente le ragioni per cui ogni concorso rappresenta per loro una vittoria.
Non potrebbe davvero essere altrimenti.
Le coreografie di Francesca Valente sono incanto per gli occhi; il trasporto con cui i ballerini interpretano la musica diventa vibrazione dell’anima.
Li ho osservati l’altra sera con gli occhi lucidi per tutto il tempo, investita dalla loro carica, dalla loro grinta e dalla passione che mettono in ogni passo.
Non solo tecnica – precisa, quasi perfetta –, ma cuore. L’amore per ciò che fanno rende unici i loro spettacoli. È questa l’assoluta verità.
Ho amato l’invito di Francesca a spegnere i cellulari e guardare negli occhi i ragazzi per godere appieno dell’emozione della serata, senza filtri, senza fotocamere. Si pensa, forse, che un filmato, un supporto digitale, ci servirà a ricordare, ma non è così. Perché quegli occhi, sorridenti e concentrati, bastano da soli a lasciare una traccia indelebile in chi li guarda.
I ragazzi che ballano come se non ci fosse nient’altro oltre loro e la musica; le bambine del corso di propedeutica che invece scrutano la platea in cerca della mamma e del papà e una volta individuati sorridono e si muovono ancora di più, si mettono in mostra per loro.
È questo a rendere lo spettacolo unico. L’emozione che ognuno di loro trasmette, la spettacolarità delle coreografie – su tutte “Statue di noi” e “Il tempo ha un tempo” – sono vera e propria poesia.
Per chiudere in bellezza, è stata la platea intera a scatenarsi con le musiche di Saturday Night Fever. La disco music si è resa protagonista di un medley che ha trasportato gli spettatori direttamente negli anni Settanta, un viaggio nel tempo graditissimo e reso ancora più accattivante da tre ospiti d’eccezione, quali Margòt FamFatàl, Sara Adamo ed Enrico Fornaro.
Ciò che è fatto con passione non si limita al ricordo di una serata, ma resta un tassello che porta gioia e incanto nella vita di ognuno. Per questo a Francesca e ai suoi allievi va solo una parola: Grazie, per tutto ciò che ci avete regalato.