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BRAND, VALORIZZARE LE PECULIARITA' DELLA NOSTRA TERRA

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

12
FEB
2019
Cosa ci fa un docente di Lettere in un convegno in cui si parla di brand, della sua creazione, del suo sviluppo e delle forme della tutela dello stesso? 
Per chi mi conosce certamente questo sarà stato il primo interrogativo che si è posto, ma, ad onor del vero, me lo sono posto innanzitutto io, prima di decidere se partecipare ad un incontro tecnico ma sicuramente interessante. 
A conclusione dello stesso ne sono uscito letteralmente ricco e giocoso perché nel convegno una parte importante è stata riservata al nostro dialetto.
Sì, “il dialetto è biodiversità”. Lo ha sostenuto nel corso della sua brillante relazione, che si è svolta all’interno della Camera di Commercio venerdì 8 febbraio, il prof. Francesco Lenoci, docente di Economia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il convegno, organizzato da Extra Media Group del presidente Rosa Colucci, si è svolto nella “Sala Resta” del Centro Congressi Cittadella delle Imprese della Camera di Commercio di Taranto, ed è stato presentato dalla stessa Colucci e coordinato per la parte organizzativa da Agata Battista.
L’illustre dott. Lenoci ha sostenuto che l’Italia è messa proprio male a livello mondiale per quanto attiene la classifica dei brand, ma non c’è da disperare, ha sostenuto Lenoci, perché è proprio riprendendo una declinazione dimenticata fra tradizione e bellezza che potremmo risalire la china e posizionarci dove è più giusto che ci compete.
Poi, strappando un applauso da parte della platea presente, ha così detto: “Il dialetto è biodiversità, il dialetto è il cuore e l’anima del nostro popolo, è il marchio indelebile del quale, certamente molto frettolosamente, ce ne siamo dimenticati”. 
A tale proposito ha citato l’esempio di un cartellone pubblicitario che a Bari veniva proposto in varie lingue ma, al primo posto, c’era l’espressione dialettale barese equivalente alla nostra espressione italiana “Beato a chi ti vede!”. Oggi non c’è più e ciò rappresenta certamente un fatto negativo. Noi tarantini potremo accogliere i nostri ospiti turisti con l’espressione dialettale: “Bovegne a Tarde nuestre!” (Benvenuti a Taranto nostra).
Mi piace ricordare l’elogio fatto ai nostri dialetti, che sono oltre mille in Italia, da Papa Francesco, alla fine del 2017, quando in un parrocchia romana invitò i catechisti a insegnare la dottrina cristiana nel dialetto romanesco. Lo stesso Pontefice andò oltre quando il 7 gennaio 2018, mentre battezzava nella Cappella Sistina 34 bambini, questi iniziarono a piangere. Tutti i presenti si preoccuparono ma lui, serenamente, disse: “Lasciateli piangere, questo è il loro dialetto”. Consacrazione più alta non poteva avere l’idioma del popolo. 
E’ di qualche giorno fa la notizia che Taranto è diventata la capitale della lingua greca della Puglia e della Basilicata. Era ora visto che nella nostra lingua italiana sono ben 8 mila le parole che derivano dal greco e che, ancora oggi, nel nostro dialetto parlato, sono numerosi gli etimi riconducibili alla lingua ellenica.
Nel corso del convegno di venerdì 8 febbraio il prof. Lenoci ha tirato in ballo anche due autentici gioielli che rappresentano il fiore all’occhiello della comunità ionica: gli ipogei e il Castello Aragonese. Sugli ipogei è necessario che si ponga mano ad una mappa di quelli fruibili e si possa tracciare un percorso che abbia un significato storico e didattico affidandolo ad esperti del settore.
Nella recente classifica dei luoghi del cuore in Italia un censimento, organizzato dal Fai (Fondo Ambientale Italiano), il nostro castello si è posizionato al decimo posto seguito dal Santuario della Madonna della Scala di Massafra che occupa, invece, il quindicesimo posto. E’ bene ricordare che lo scorso anno il Castello Aragonese tarantino ha fatto registrare una presenza record di 121.575 visitatori a fronte dei 117.404 dell’anno precedente.
Nel corso del convegno il contrammiraglio Fabio Agostini, capo ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione della Marina, nella sua interessante relazione ha presentato i brand della Marina e, forse, sarebbe il caso che la stessa, a livello centrale, prendesse in considerazione un brand di prestigio dedicato al nostro Castello Aragonese. 
Durante l’interessante incontro Giuseppe Fasano, continuatore del centenario laboratorio ceramistico del padre Nicola, ha lamentato il triste fenomeno delle contraffazioni dei marchi anche nel mercato della ceramica con particolare riferimento ai cinesi che, pur di essere presenti sul mercato, calpestano ogni regola prevista dalla normativa. Gli hanno fatto eco tutti gli altri relatori, dallo stesso Fabio Agostini al prof. Lenoci, al notaio Valeria Terracina e dal dott. Fabio Lanzillotta, Cfo e Coo dello studio legale Simmons & Simmons di Milano.
E’ stato un coro unanime per dire che occorre intervenire presto e in maniera decisa per tutelare i nostri brand. 
E per la tutela degli stessi, si è espressa la dott.ssa Claudia Sanese dell’Ente Camera di Commercio. Nel suo breve, ma significativo intervento, ha lanciato un importante allarme: “E’ in via di definizione il futuro della Camera di Commercio di Taranto e di Brindisi. Alcuni parlano di fusione ma, soprattutto, si parla di adottare un marchio unitario su tutto il territorio nazionale per le Camere di Commercio”. A tale proposito ha citato il marchio attuale dell’Ente di terra ionica che raffigura i Dioscuri Castore e Polluce. E bene ha fatto, a mio parere, perché anche questo è un pezzo di storia comunque da salvare.
Nel corso dell’incontro non se ne è parlato, ma mi sembra che si vadano maturando i tempi per decidersi a dotare la cozza tarantina di un brand che la possa distinguere sul mercato nazionale ed internazionale. “La cozza di Taranto”, questo dovrebbe essere il marchio, non può più attendere!
 


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