Il Carnevale di Massafra
Il Carnevale di Massafra: come attestano alcuni documenti settecenteschi della Confraternita del Sacramento, si usava celebrare il cosiddetto "Carnevaletto", che consisteva in un rito riparatore di tre giorni per le offese arrecate a Gesù durante il carnevale. Si ricordano inoltre, le processioni notturne a scopo di penitenza, indette intorno agli anni venti, per tutti i giovedì di Quaresima, dal passionista a riposo P. Vincenzo Martucci, e dal giovane Luigi Russo, nonchè quelle dei venerdì di marzo che si svolgevano nella gravina della Madonna della scala, con la visita alle tre Cappelle dei crocifissi. Il Carnevale di Massafra inizia per tradizione plurisecolare il 17 gennaio, giorno in cui ricorre la festa di Sant'Antonio abate (chiamato a Massafra Sant'Antonio del fuoco, o Sant'Antonio del porco), da cui deriva il detto popolare: "De Sant'Antuone, maschere e suòne". In questa giornata, i contadini, i massari e le donne di casa, conducevano il loro bestiame all'annuale cerimonia della benedizione degli animali domestici e da lavoro, che veniva impartita nello spiazzo antistante l'antica chiesa rupestre di Sant'Antonio abate, di proprietà del Capitolo, che prima della costruzione dell'Ospedale Pagliari, si trovava in aperta campagna, fuori le porte dell'abitato. Un giorno di festa rispettato da tutti, allietato da manifestazioni popolari, come l'accensione del falò nelle strade, il "tiro al caciocavallo" sullo spalto orientale della Gravina San Marco, il giuoco della Cuccagna. Nella serata stessa poi, in casa del vincitore, si banchetta e "si menava la scianghe", come allora si intendeva dire per quei balli troppo focosi, eseguiti tra i fumi di Bacco e di Venere. Dal 17 gennaio, le feste si ripetevano a ritmo serrato tutte le domeniche e i giovedì di carnevale, ognuno dei quali assumeva un proprio nome ed un particolare significato. Si avevano così: il "giovedì dei monaci", il "giovedì dei preti", il "giovedì dei cornuti" (o degli sposati) e per ultimo il "giovedì dei pazzi" (o dei giovani). Seguiva il "giovedì della cattiva" (cioè della vedova), che coincideva con il primo giovedì di Quaresima. Fino alla seconda metà del XX secolo, era consuetudine tra monaci e preti festeggiare il proprio "giovedì", scambiandosi un cordiale invito a pranzo, che nel periodo di carnevale si può immaginare benissimo quanto fosse succulento e appetitoso. Il "giovedì dei cornuti" si festeggiava con un lauto pranzo nell’ambito familiare, con una scorpacciata di "salsizze arrestute" (salsicce alla griglia), e vino in quantità.