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Tribemolle/Pensavamo fosse musica e invece…

Pubblicato da: Categoria: COVER

14
GIU
2013
I quattro musicisti più simpatici d’Italia sapranno farvi divertire alla grande. Una dimostrazione? Leggete questa “intervista” e di quella volta che il professore disse «E che gli vuoi dire a questi?»
 
Stamattina – l’altro ieri per voi che leggete – avevo un appuntamento con un gruppo musicale. L’idea, naturalmente, era quella di fare un’intervista. Il risultato: un’ora e mezza di risate intervallate da aneddoti spassosissimi, brani cantati a cappella, divagazioni continue.
Perché il gruppo in questione non è una band qualsiasi: loro sono i Tribemolle, e non vi sognate di intrattenere una conversazione seria per più di due minuti. Ogni domanda sfocerà in un racconto dettagliato su vicende che non hanno nulla a che fare con quanto richiesto e per le quali non si può non ridere a crepapelle. 
Belli, bravi e simpatici i Tribemolle sanno davvero come far divertire qualcuno. Si tratta di: Domenico Leserri, voce e percussioni afrocubane, Vito Caramia, voce e melodica, Fabio Ancona, voce, e Gianni Scarnera, chitarrista. Quattro ragazzi solari e davvero molto in gamba che stanno rivoluzionando la tipica idea della band musicale, aggiungendo degli elementi nuovi e non comuni in ogni esibizione. Se le cover che cantano sono piuttosto conosciute, vi posso assicurare che interpretate in quel modo non le avete mai sentite. Cantano successi italiani e internazionali con uno stile unico e accattivante – ascoltarli è un vero piacere! – e alla semplice musica aggiungono un ingrediente irrinunciabile: una buona dose di ironia. Perché le loro canzoni non sono mai solo canzoni, ma veri e propri spettacoli di intrattenimento.
 
Allora, raccontatemi un po’: com’è nato il vostro gruppo?
«Assolutamente per caso. Una sera di poco più di un anno fa ci trovavamo al Convivium, un locale di Martina Franca. Il gestore, conoscendoci e sapendo quali fossero le nostre attitudini ci ha chiesto di cantare lì, di mettere in piedi qualcosa ed esibirci in una serata di musica dal vivo, che si sarebbe tenuta due settimane dopo. E così abbiamo iniziato a pensare a un progetto vocale che mettesse in risalto soprattutto il nostro spirito di amicizia».
 
Quindi non vi siete conosciuti in quell’occasione.
«Oh, no. Ci conosciamo da sempre, siamo praticamente cresciuti insieme. Anche in passato, del resto abbiamo avuto modo di collaborare. Prima di essere i Tribemolle abbiamo fatto diverse esibizioni, anche da soli. C’è chi studia musica, chi insegna, chi canta da molto tempo. Ognuno di noi ha la sua peculiarità e creare un gruppo è stato solo il passo successivo».
 
Ecco, il gruppo dicevo…
«Sì, il gruppo. I Tribemolle. Ecco, vuoi sapere perché ci chiamiamo così? Ora ce lo chiederai...».
 
E infatti ve lo chiedo.
«Beh, è nato da un sillogismA…»
«Ahahahaha!! Domenico ha detto sillogisma!!!»
«Cosa sei brasiliano? (Fabio inizia a imitare l’accento brasiliano, facendo finire tutte le parole in –a e in –enji, ndr)».
«Cos’è, stai cercando su internet “Parole dopo la terza media”?».
«Ma dai! Mi è uscito male!».
 
Ehm… ragazzi, riprendiamo?
«Oh, sì. Eccoci. Dicevamo, il nome è nato da un sillogismo (sguardi di intesa, ndr). Dopo aver studiato il programma da presentare quella sera avevamo bisogno di un nome che fosse identificativo. Qualcuno ha citato i Bee Gees e ci è venuto in mente che al massimo avremmo potuto chiamarci Tri Gees. Poi qualcun altro ha fatto notare che tutti i brani erano in Mi bemolle ed ecco l’illuminazione: chiamiamoci Tribemolle!».
 
Che genere di musica fate?
«Cantiamo brani editi sia italiani che internazionali. Non abbiamo un genere specifico, piuttosto sono rivisitazioni di cover molto famose, cantate secondo la nostra personalissima interpretazione. Esce fuori una versione decisamente diversa dal solito, e forse è questa la nostra particolarità. Pur essendo canzoni conosciute, risultano molto originali perché cerchiamo di volta in volta di dare nuove chiavi di lettura, di fare dei particolari intrecci vocali. Vuoi sentire qualcosa?».
«Sì facciamole sentire “Sweet dreams”!» (e iniziano a intonare la canzone, ndr).
 
Siete bravissimi!
«Grazie! Questa è una delle canzoni che abbiamo suonato quella sera e proprio al termine di “Sweet dreams” abbiamo capito che la nostra vocazione non era solo quella di fare musica, bensì di intrattenere in qualche modo il pubblico».
 
Perché, cosa è successo?
«Volevamo chiudere il brano in maniera un po’ strana e del tutto improvvisata. Il risultato è stato... ecco, non proprio come avevamo immaginato. E a quel punto mi è uscita una frase…».
 
Quale frase?
«Ecco, hai presente quei momenti imbarazzanti dove non si muove una foglia e si sentirebbe persino uno spillo cadere? Bene, in uno di quei momenti di assoluto silenzio che seguivano la fine della canzone io (Domenico, ndr) esclamo: “Ma che schifo!”. Lo sentono tutti e scoppiano a ridere. È stato quello il momento in cui abbiamo capito che la cosa che maggiormente apprezzavano era la spontaneità e quindi abbiamo continuato su quella strada. Merito anche della grande intesa che c’è tra noi, comunque».
 
Dunque avete ampliato il vostro repertorio.
«Sì, infatti. Abbiamo scelto altre canzoni e… Ti abbiamo raccontato di quello che è accaduto a Matera? Domenico era al primo anno di conservatorio e doveva affrontare l’esame di musica da camera.»
«Sì, esatto (continua Domenico, ndr). Avevo deciso, poco prima, di esporre alla professoressa il nostro progetto e le ho parlato di questo gruppo nato da pochissimo, chiedendole se potevo cantare con loro durante l’esame. È stata una scelta azzardata, poiché facciamo un tipo di musica completamente diversa rispetto a ciò che solitamente si sente in un conservatorio.»
«Portare pop in un luogo del genere non è così consono. Pensavamo che saremmo stati buttati fuori, e invece…».
 
E invece?
«Invece andò benissimo. Solitamente a quell’esame non si prendevano voti molto alti. E soprattutto necessitava di molto studio. Noi siamo andati lì, abbiamo fatto la nostra esibizione e al termine un docente esterno ci abbraccia. Trenta!! Ci credi? Ho preso trenta a quell’esame».
 
Hai diviso il voto con gli altri?
«No, poi sarebbe stato troppo basso.»
«Prima di abbracciarci però il professore dice qualcosa che ormai è entrato nella storia. Guarda la professoressa ed esclama: “E che gli vuoi dire a questi?”. Pensavamo di ricevere una pedata… e  invece è stato tutt’altro… Ma stiamo divagando?».
 
Giusto un po’.
«Qual era la domanda?».
 
Non me la ricordo più. Ero presa dal vostro aneddoto. Beh, sarà stata una giornata indimenticabile per voi. Ricevere il plauso da un professore…
«È vero. Abbiamo iniziato a pensare che forse qualcosa di buono c’era. Quindi abbiamo voluto darci un’immagine un po’ più importante, abbiamo cominciato a curare i dettagli. E in questo ci è venuto in aiuto Giuseppe (Lupoli, presente anche lui durante l’intervista, ndr). È un fotografo di scena professionista e sta dirigendo un nostro videoclip. Si tratta di un mash-up di due canzoni, “Crazy” di Gnarls Barkley e “Rolling in the deep” di Adele. Entrambe parlano della fine di una storia e noi cerchiamo di sdrammatizzare, proponendo una versione molto ironica e divertente».
 
Ma la fine di una storia non è divertente.
«È proprio quello il bello. Far ridere su eventi seri o tristi. Cerchiamo di dare un taglio semi-ironico, o meglio tragicomico, alle situazioni che capitano quotidianamente nella vita di ognuno. Far ridere con una barzelletta è facile. La cosa bella è far divertire raccontando fatti che alla base sono drammatici».
I ragazzi iniziano di nuovo a scherzare tra loro.
«Ti ho raccontato di quando sono nato? Sai, quando sono nato…».
«Stiamo divagando di nuovo? Di cosa parlavamo?».
 
Del videoclip.
«Ah, già. Il videoclip, per il quale dobbiamo ringraziare anche Graziano De Pace, il nostro editor. Lo stiamo ultimando e tra breve lo distribuiremo sui canali internet, primo fra tutti YouTube».
 
Avete un modo di cantare davvero molto particolare. Avete mai pensato di partecipare a un concorso?
«No, non ci abbiamo mai pensato in realtà. Anche perché sai, noi cantiamo testi già noti e solitamente i concorsi sono per brani inediti. Chissà… magari un giorno».
 
Per il momento quali sono i vostri prossimi impegni?
«Partirà fra breve il nostro tour (ridono, ndr). No, scherziamo. Abbiamo diverse date già in programma nei locali del nostro territorio. Abbiamo la nostra pagina Facebook sulla quale potete conoscere di volta in volta il giorno e il luogo esatto dove andremo a esibirci e potete seguire i nostri appuntamenti».
 
L’obiettivo, il sogno della vita, invece qual è?
«No, non si dice. Siamo scaramantici».
«Ma non è vero, non lo siamo affatto».
«Diciamo che l’obiettivo è quello di farci conoscere in misura sempre maggiore anche al di fuori della nostra regione. Che dici, possiamo farcela?».
 
Ne sono sicura.
 
L’idea, come vi dicevo, era quella di fare un’intervista. Il risultato è stato questo.
 



Commenti:

Domenico Leserri 16/GIU/2013

Ragazzi siete stati bravissimi ! Roberta è stata strabiliante,l'articolo è fantastico, durante l'intervista, ci ha messo a nostro agio ed ovviamente noi ci siamo lasciati andare ... vorremmo scrive un manuale su " COME DISINIBIRSI IN UN SECONDO". Un GRAZIE a Rosa che ha avuto il coraggio di proporci questa esperienza, dedicandoci ADDIRITTURA la prima pagina! Siete stati carinissimi e profesionali ! Grazie ancora DOMENICO LESERRI

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