La Direzione Investigativa Antimafia di Bologna ha eseguito in provincia di Modena, un decreto di sequestro, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Taranto, di beni mobili e immobili per un valore complessivo superiore i 5 milioni di euro.
Il provvedimento che ha colpito Girolamo Conte, imprenditore 48enne originario della provincia di Taranto, pregiudicato e residente in provincia di Modena, non è il primo della serie e rientra nella strategia che mira ad aggredire i patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni mafiose. Sono stati sequestrati capitale sociale ed intero compendio e di due aziende entrambe con sede a Modena: una che si occupa della costruzione di edifici residenziali, l’altra di noleggio di autovetture. Tra i beni sequestrati anche decine di beni immobili, autovetture e svariati rapporti finanziari.
Nel provvedimento si legge che il 48enne “ha commesso reati associativi gravi a scopo di lucro, di stampo mafioso e in materia di narcotraffico e armi, per tutto il periodo compreso tra il 1990 e luglio 1995 attività interrotta per effetto della misura cautelare in carcere che attingeva anche i suoi sodali”.
Inoltre, “risulta soggetto inquadrabile sotto il profilo soggettivo di indiziato, cioé di appartenente alle associazioni di cui all’art. 416 bis c.p.”, e si fa riferimento anche alla sentenza di condanna a 10 anni di reclusione emessa dal Tribunale di Taranto nel 1998 e divenuta definitiva nel 2001. Viene anche ricordato che l'uomo è stato in passato destinatario della misura di prevenzione della sorveglianza speciale emessa dal Tribunale di Taranto, dove si leggeva che era stata accertata “l’esistenza e l’operatività nella provincia di Taranto dal 1990 al 1994 di associazione a delinquere di stampo mafioso diretta da Carmelo Putignano e Domenico Attorre, nonché di un parallelo sodalizio armato dedito al traffico di sostanze stupefacenti” ed inoltre “con la medesima sentenza del Tribunale di Taranto in data 2 giugno 1998 e’ stata altresì accertata l’appartenenza” del 48enne e “al medesimo clan mafioso”. Gli accertamenti patrimoniali svolti dalla Dia di Bologna hanno interessato anche i familiari ed i conviventi dell'uomo.
“Puntuali e rigorosi accertamenti” per un arco temporale compreso tra il 1999 ed il 2013, su tutti i cespiti in qualunque modo riconducibili al 48enne hanno documentato “la grave sproporzione tra i redditi lecitamente conseguiti (redditi da lavoro dipendente e d’impresa) rispetto al tenore di vita”, ovvero tra il patrimonio reale e quanto dichiarato ai fini delle imposte o all’attivita’ economia esercitata.