Il cibo non è solo qualità, ma anche territorio e l’idea del mangiare non è legata strettamente alla sopravvivenza. I profondi problemi legati alla terra nell’Italia del dopo guerra, dove la miseria era strettamente legata al mondo contadino, sono oggi storia, insegnando come l’agricoltura e il mondo rurale più di altri hanno saputo riscattare una condizione indicando azioni efficaci per nuove prospettive. “Erano fieri delle loro uova e del loro lardo come le signore di Roma dei vestiti da sera” esclamò Moravia raccontando il mondo contadino dell’Italia del dopo guerra. Il cibo è diventato un fatto culturale dirompente, una componente essenziale della storia materiale, arrivando ad essere popolare nei talk televisivi, nelle scuole di cucina e nei volumi gastronomici.
Vi sono però due necessità importanti per il mondo agricolo. La prima quella di veder debellato il caporalato, i fenomeni di schiavitù legata alle pratiche agricole, in cui le persone si trovano a vivere situazioni di sfruttamento e sottomissione pur di poter avere un minimo di potere di acquisto, di vita, di speranza. La seconda necessità è veder affermato il diritto a un’alimentazione sana, proveniente da agricolture consapevoli e sostenibili partendo da una scelta importante che in Italia ebbe il coraggio di affrontare il Ministro dell’Agricoltura Medici, ministro del dopo guerra e della riforma agraria, che seppe promuovere una legge a difesa dei prodotti tipici a favore dello sviluppo dell’agricoltura italiana. Perché l’esigenza maggiore, storica battaglia dell’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale diretto dal Prof. Corrado Barberis, era quella di promuovere studi pioneristici, a partire dal 1959, in cui si promuovevano ricerche sul rapporto tra gastronomia e società. Volumi e report testimoniano il grande lavoro svolto dall’Istituto, organo di supporto del Ministero, ma soprattutto promotore di una cultura che vede protagonista l’agricoltura come garante del prodotto tipico e di qualità. Come allora, il mondo politico oggi dovrà garantire e affermare il ruolo primario dell’agricoltura e dell’alimentazione, recependo la necessità di avvalorare nuovamente un piano agricolo fondato sulla rottura dell’unicità del mercato dei prodotti agricoli (oggi fondato sull’offerta di prodotti di bassa qualità a largo consumo dettato da scarsa qualità a basso costo), aprendo frontiere del cibo e segmenti di mercato più ampi, tanti quanti sono i prodotti tipici del nostro territorio. Si tratterà di riconoscere l’ormai ampia diffusione di agricolture contadine che si impegnano ogni giorno a coniugare passione, qualità, tipicità: una ricerca del gusto artigianale. L’agricoltura in questo modo acquista valore e spessore, i territori tornano ad esprimersi con le proprie tipicità e fette di mercato. Il cibo così potrà acquistare sempre più un valore sociale, veicolo di un cambiamento che parte dal piacere del mangiare, raccontando la nostra storia.