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Giù quelle maniche

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

30
NOV
2012

Il vento mi ha sconvolto il giardino. E non è una metafora. Non credo si sia trattata di giustizia divina, anche perché vissi d’arte, vissi d’amore, direbbe Tosca, e pure di lavoro, aggiungo io, e non vedo perché Dio o chi per lui me ne avrebbe remunerato così. Da casa mia, messere, si domina la valle: sono in posizione sovrana, come reciterebbe un annuncio immobiliare, e in caso di attacco nemico sarei strategicamente avvantaggiata, ma quando i venti sono arrabbiati, come l’altro ieri, è preferibile stare come il mio vicino, alla pantagna. A me volavano gatti, vasi, alberi di pino e cornicioni, a lui –riparato dal mio terrapieno- non s’è mossa una foglia. «In caso di invasione barbarica mi guarderò bene dall’offrirgli rifugio», ho pensato piccata vedendo l’ordine intatto del suo giardino, ma poi mi sono pentita di questo pensiero malvagio e mi sono ripromessa di essere sempre una vicina affettuosa. Benedette porte che permettono di chiudersi tutto alle spalle: ho lasciato fuori casa lo scenario apocalittico per godermi il faccia a faccia tra i candidati alle Primarie del PD. Renzi era in maniche di camicia, tenute su come chi torna da lavoro e trova la casa allagata, ma a noi –pane e marketing a colazione- il Sindaco di Firenze non ce la dà a bere: sappiamo che lavoro di staff e quanta strategia c’è dietro tanta nonchalance. Renzi, tu vuo’ fa’ Obama, ma si’ nato in Italy e qui le maniche vanno tenute giù e sotto una giacca. In ogni caso, per solidarietà generazionale e per prontezza di eloquio ho trovato gradevoli i suoi interventi. Mi è sembrata invece una cattiveria invitare anche Bersani: dare un tempo massimo di due minuti a risposta a chi ci mette almeno venti secondi per carburare è vera perfidia. Quando parlava lui, sia io che Bersani stesso facevamo fatica a rimanere svegli. È una brava persona, non v’è dubbio, anche se la sua cravatta sembrava un’Amanita muscaria, quel fungo rosso a pallini bianchi che se ingerito provoca seri disturbi intestinali. A entrambi consiglierei di guardarsi bene dal venire a Taranto per la chiusura della campagna elettorale: non credo sarebbero accolti con rami d’ulivo. O forse sì, ma in testa. Già, perché la gattina Mimì insegna che quando troppo pelo si accumula nel pancino, finisce che poi rien ne va plus e la matassa va espulsa vomitando; lo stesso è accaduto con l’Ilva: il problema si è ingigantito nelle viscere della città finendo per mandare in cancrena tutto il territorio, e ora l’organismo sociale, economico e ambientale sta espellendo la causa di una parte dei mali. Facile in questo momento unirsi nella caccia alle streghe, quando fino a poco tempo fa si viveva imbevuti di connivenza e di apatia. Politici, comunicatori, opinione pubblica: dov’erano quando l’Ilva sponsorizzava convegni e commissionava campagne pubblicitarie sui media locali?    



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