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Due ruote/Pedalate con noi

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

27
SET
2013
L’associazionismo è una “palestra”, utile a formare in una prospettiva professionale. Questo in particolare è un progetto di promozione sociale, nato in una lamia di Cisternino, che pone al centro la bicicletta
 
“Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale”, scriveva Didier Tronchet nel Piccolo trattato di ciclosofia. E queste parole possono essere ritenute un po’ l’anima di un progetto come “Su2Pedali” (http://www.suduepedali.it), associazione di promozione sociale di cui abbiamo parlato con Enzo Rubino, uno dei membri.
 
Com’è nata l’idea di “Su2Pedali”?
«“Su2Pedali” nasce grazie a un bando Principi Attivi 2010. L’idea nasce da un gruppo di ragazzi che grazie a una lamia a Cisternino, messa a disposizione dal Centro Diurno Phoenix, decidono di trasformarla in Ciclostazione (Bike Station), andando incontro ai numerosi ciclisti, prevalentemente stranieri, che giornalmente ci passavano davanti. Attualmente l’associazione, annovera uno staff di sei componenti. Un contabile, un progettista, due ciclomeccanici, due cicloguide e un’addetta alla segreteria. Lo staff è prevalentemente composto da ragazzi/e segnalati da centri di salute mentale o servizi sociali dei Comuni, sempre nell’ottica di inserimento socio-lavorativo di soggetti meno fortunati».
 
Quali sono state le difficoltà maggiori con cui avete dovuto confrontarvi? Burocrazia o pregiudizi?
«A dire la verità nessuna delle due. L’eccellente staff di Bollenti Spiriti - Principi Attivi ci ha davvero accompagnato mano nella mano nella realizzazione del nostro sogno. Lo stigma, percepibile in altre dimensioni, in questo progetto è ridotto al minimo. La bicicletta annulla qualsiasi differenza sociale o economica. Conta lo spirito di squadra, il problem solving, la passione di stare insieme al contatto con la natura e le bellezze del nostro territorio. Ovviamente, ad esempio, il Centro di Salute Mentale di Mola e di Triggiano, affiancano i ragazzi con un monitoraggio clinico qualora si presentassero conflitti irrisolti».
 
Quali sono le principali iniziative che state portando avanti?
«Abbiamo appena concluso le escursioni gratuite per conto di Puglia Promozione nel Venerdì degli OpenDays. Esperienza abbastanza faticosa quanto eccitante. Il nostro target si è allargato molto, accogliendo turisti provenienti da ogni parte di Italia e del Mondo che scelgono la Puglia per le loro vacanze. Adesso siamo impegnati nell’azione di sensibilizzazione sui temi della Mobilità Sostenibile in due scuole della provincia barese. Il nostro sogno è aprire, quanto prima, un Bed&Bike».
 
Cosa significa per voi “fare rete” ? Qual è il vostro rapporto con l’associazionismo regionale e nazionale?
«La rete è fondamentale. Ecco forse qui abbiamo riscontrato delle difficoltà e dei pregiudizi. Inutile nascondere che il campanilismo associativo, stranamente più nelle realtà sportive che in quelle culturali, è un cancro difficile da sradicare. Però grazie ad un lavoro paziente di co-working e soprattutto grazie all'Assessorato alla Mobilità Sostenibile, quello alle Politiche Giovanili della Regione Puglia e gli altri partner istituzionali menzionati sopra, non mancano mai occasioni di condivisione e cittadinanza attiva che rendono la rete territoriale più concreta e meno utopistica».
 
In base alla vostra esperienza, cosa direste a un gruppo di ragazzi che oggi volesse intraprendere la strada dell'associazionismo e della promozione sociale?
«Diremmo di non fermarsi all’associazionismo. Va benissimo come palestra, ma bisogna essere chiari e non prendersi in giro. Viviamo in un mondo in cui il volontariato paga poco in termini economici. Se il nostro obiettivo è quello di cogliere le opportunità del mercato turistico, oggi in Puglia in forte espansione, bisogna fare un passo in più e comprendere una quota di rischio. La dimensione sociale che ci caratterizza non potrà mai essere tradita per nostra natura, ma se vogliamo che i nostri ragazzi abbiano delle opportunità in più e non vengano emarginati, bisogna struttura la dimensione lavorativa in una cooperativa sociale per esempio, allargare i servizi offerti, prepararsi, aggiornarsi, studiare, essere competitivi, fare delle proprie fragilità un punto di forza. L’era del mero assistenzialismo è giustamente terminata. Bisogna attrezzarsi e rimboccarsi le maniche per tradurre sul piano dell'azione le proprie aspirazioni. Certo, ripeto, tutto questo non sarebbe mai possibile senza l’affiancamento di quegli Enti territoriali che hanno la presa in carico dei nostri ragazzi e che spesso si mostrano più lungimiranti del mercato stesso».
 


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