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Flavia Truppa/Io, il violino e i bambini

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

6
LUG
2012

 

Flavia Truppa
 
Io, il violino e i bambini
 
Cresciuta a pane e violino, sa quali difficoltà bisogna affrontare per fare il musicista di mestiere. E nonostante uno strumento che ti mette a nudo e un Paese che rende tutto più difficile, lei va avanti, miete successi e educa con la musica
 
Fatemelo proprio dire: quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a suonare.  La protagonista di oggi è davvero lo schiaffo morale a tutte quelle offese che sono state rivolte ai giovani italiani durante questo anno. Parlare con lei, ascoltare della sua vita, della sua formazione, delle sue esperienze, ci fa pensare a una donna già matura, e invece, la sorpresa è proprio questa, Flavia Truppa, tarantina, determinata e dolce, è di certo una donna con la D maiuscola, ma di soli 22 anni.
Impegnatissima nel terminare i suoi studi, vive con il suo violino da quando aveva 5 anni e vanta una serie di esperienze musicali da rimanere a bocca aperta, di cui sarà lei stessa, a parlarcene.
Flavia, sei giovanissima. Da quanti anni il violino fa parte della tua vita e come ti accorgi di avere questa passione? «Ho iniziato a suonare il violino da quando avevo cinque anni. Sono nata e cresciuta in una famiglia di musicisti con mamma pianista e clavicembalista e papà pianista e cantante, per cui sono stati loro a indirizzarmi alla musica scegliendo per me lo strumento più adatto alla mia struttura fisica e alle mie attitudini. Da una semplice prova, nata quasi per gioco, l'esperimento si è trasformato in passione e poi oggi in lavoro. Il passaggio è stato così graduale e naturale che non  saprei identificare il momento esatto in cui io abbia "deciso" di fare la violinista. In realtà credo sia stato il violino a conquistare me».
Cosa significa per te, suonare questo strumento?
«Con l'andare del tempo e della mia crescita, ho avuto modo di godere di esperienze che mi hanno arricchito e anche di grandi soddisfazioni che hanno sempre più confermato in me la convinzione che nella mia vita non avrei potuto fare a meno di questo strumento. Essere violinista per me significa godere di un enorme privilegio, ma anche di un'enorme responsabilità: nessuna arte come la musica è capace di trasmettere emozioni così "dinamiche" ed estemporanee. Un concerto per violino, ad esempio, in pochi minuti può trasmettere sensazioni drammatiche, poi distensive, poi tristi, poi dolci a seconda della sua scrittura musicale, oppure a seconda di ciò che lo stesso esecutore vuole trasmettere. La responsabilità di noi musicisti sta nel riuscire a trasmettere al pubblico il proprio punto di vista sulla vita come se in realtà gli stessimo raccontando una storia. » Suonare richiede non solo un talento personale, ma anche tanto studio e costanza. Hai mai incontrato delle difficoltà?
«Le difficoltà sono il prezzo da pagare per chi sceglie di fare questo mestiere. Abbracciando la musica, si abbraccia anche il sapore dell'insoddisfazione, della continua ricerca della perfezione (che non arriverà mai!), della stanchezza mentale e fisica, delle delusioni e del sacrificio. Il violino, in particolare, è uno strumento che risente allo stesso modo dell'umidità come dell'umore; ci sono giorni in cui ti scivolano dolcemente le dita, altri in cui non sembra neanche il tuo, momenti in cui stravinci i concorsi, altri in cui non piaci per niente. Il violino è uno strumento che ti mette a nudo, prima nei confronti di te stesso e poi degli altri. Mentre ci si prepara per un concorso, un'audizione o un concerto, in fase di studio si è completamente SOLI, a combattere con i propri limiti e le proprie sensibilità più recondite (il nostro è uno strumento estremamente sensibile). In esecuzione si ha l'enorme responsabilità, ma anche il privilegio, di raccontare la propria storia. A qualcuno potrà piacere, ad altri no, ma a mio parere se l'esecutore è sincero, lo sarà anche il suo violino, e di questo il pubblico si accorge senz'altro e apprezza.» Chi è, o chi è stato il tuo punto di riferimento, la tua guida?  «Nella mia vita musicale ho avuto la fortuna di avere tante persone che mi sono state vicine, a partire dai miei genitori, a cui devo tutto, per arrivare ai miei secondi genitori in musica: la maestra Didi Tartari, che mi ha insegnato a suonare e per la quale provo un affetto e una stima smisurati sia a livello umano che professionale e Silvano D'Andria, il mio maestro "adottivo", che ha mostrato verso di me una cura da vero "coach". Devo molto anche al maestro Giuseppe Grassi, che ha fatto nascere in me la passione per il quartetto, alla maestra Deborah Tarantini che ha creduto nelle mie capacità da solista e al maestro Sonig Tchakerian, con cui mi sono perfezionata all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, che mi ha insegnato che il sogno di diventare violinista bisogna conquistarlo con le unghie e con i denti».
Una delle esibizioni che porterai sempre nel cuore.  «Ci sono tante esibizioni a cui ripenso spesso, come la mia prima esibizione da solista con l'orchestra, diretta proprio dalla maestra Deborah Tarantini a Taranto, con il concerto per violino e orchestra in Mi minore di Mendelssohn o l'ultima esibizione da solista con l'Orchestra da camera "Città di Fondi", con il concerto per violino e orchestra in La maggiore di Mozart. Un concerto che ricordo con estremo piacere è quello che ho tenuto circa un anno fa proprio qui a Martina, nella stagione di "Crescendo” dedicata ai giovani talenti, diretta dalla mia cara amica Rosa Colucci (vostra direttrice, oltretutto!) nella quale occasione mi sono sentita coccolata dall'organizzazione e dal pubblico. Ma una esibizione che porterò sempre nel mio cuore risale al mio primo saggio di violino, a circa 5 anni, dove, dopo la fine del pezzo, presi l'iniziativa di recitare anche una poesia... è proprio vero che "artisti" si nasce ». La Piccola Orchestra di Taranto, si è esibita il 21 giugno nel chiostro di San Michele che è anche sede dell'istituto di studi musicali G. Paisiello. Questo concerto fa parte delle politiche di prevenzione della dispersione scolastica. Il progetto è molto importante come il tuo stesso ruolo, di cosa si tratta?  «Sono una dei docenti selezionati che cura la formazione dei bambini. I miei colleghi e io abbiamo l’impegno di formarne circa 30. Il progetto nasce dall’idea di sperimentare anche in Italia la realtà venezuelana che ha avuto tanto successo in tutto il mondo, meglio nota come “Sistema Abreu”. E’ un progetto che mette in rete il Comune di Taranto, l’Istituto Superiore di Studi musicali “G. Paisiello” e InfanziaPiù e che si pone l’obiettivo di educare i bambini attraverso la musica, a cui è stata offerta l’opportunità, gratuita, di una formazione che non è solo musicale, ma umana e civile. La finalità principale del progetto, dunque, non è la formazione di musicisti professionisti, ma è quella di avvicinare i ragazzi al linguaggio universale della musica offrendo, nello stesso tempo, gli strumenti efficaci per combattere il disagio giovanile, la dispersione scolastica e favorire l’interazione tra culture differenti. Si vuole in definitiva far crescere in questi bambini il senso di appartenenza alla collettività e a un vivere civile attraverso la musica. L’orchestra è come una piccola società, dove ognuno conosce il suo ruolo e impara a rispettare quello degli altri: proprio come ciascuno di loro si ritroverà a fare nella vita reale».
Non solo. Il concerto si inserisce nel più ampio progetto “educazione con la musica” redatto ed organizzato da LAMS, laboratorio arte musica e spettacolo, e dall'istituto  superiore di studi musicali G. Paisiello di Taranto, cui è stata affidata la selezione e la scelta dei docenti. Raccontaci questa esperienza, e cosa significhi, per te stare così a stretto contatto con i bambini, attraverso la tua passione. «Sono venuta a conoscenza del bando di selezione dei docenti del “Sistema a Taranto”, tramite l’Istituto Superiore di Studi Musicali “Giovanni Paisiello” (dove frequento il biennio di specializzazione di II livello). Il bando era rivolto esclusivamente a tutti coloro che si erano diplomati (o laureati) nell’Istituto nel corso della sua esistenza. Entusiasta, ho presentato il mio curriculum, ho partecipato alle prove attitudinali di selezione (teoriche e pratiche) monitorate da un team di esperti, fino a essere scelta insieme ad altri cinque colleghi giovani quanto me. Il LAMS e l’Istituto Musicale “G. Paisiello”, poi, ci hanno garantito un periodo di “formazione per formatori” in sede e ci hanno dato recentemente la possibilità di frequentare corsi di aggiornamento nella Scuola di Musica di Fiesole, dove ha sede la mente e il cuore del progetto. Quasi ogni mese i nostri bimbi sono messi alla prova con esibizioni pubbliche e  il loro debutto è stato al Teatro Petruzzelli di Bari nella “Giornata Nazionale di raccolta degli strumenti” il 22 aprile scorso, dopo solo poche lezioni! Ciò è un segno importante di quanta passione ed entusiasmo ci mettano questi bimbi in questo progetto, e quanto bene funzioni l’apparato di insegnanti che c’è alle spalle di ogni loro esibizione pubblica. Lavorare con i bambini comporta enormi responsabilità e tanta pazienza, ma la soddisfazione di sentire il loro entusiasmo e il loro amore alla fine di ogni lezione o di ogni concerto, non ha prezzo. Ognuno di noi insegnanti mette a disposizione la propria esperienza a favore della loro crescita, dall’altra parte l’universo interiore dei bambini fa crescere gli insegnanti, con continuo stupore».
Spostandoci invece in una fascia d'età più “matura”, tu che hai 22 anni, quanto pensi che i giovani tarantini siano vicini alla musica, non pop, e percepiscano la sua essenza benefica?
«Penso che i giovani tarantini vicini alla musica classica siano per la maggior parte musicisti, o gli amici dei musicisti che assistono ai loro saggi e concerti. La scarsa conoscenza e considerazione per questo tipo di musica, non credo sia una colpa da imputare ai ragazzi, quanto alla scarsa qualità di informazione che hanno avuto alle spalle. In Italia è pieno zeppo di giovani e meno giovani insegnanti che dedicano la vita all’educazione musicale con abnegazione. Dall’altra parte, però, c’è un’infinita schiera di giovani entusiasti musicisti super-iper-extra diplomati e specializzati oggi in attesa di lavoro. La spiegazione di questo torpore generale è, a parer mio, data dal fatto che l’Italia non ritiene che la musica sia un mezzo efficace per la formazione e l’elevazione culturale di un essere umano, tanto da farla considerare agli occhi degli studenti come una materia di serie B. Lo Stato potrebbe potenziare l’educazione musicale inserendo le figure di insegnanti qualificati che possano affiancare il maestro nella Scuola dell’Infanzia e nella Scuola Primaria, oppure decretando la musica tra le materie obbligatorie nella Scuola Secondaria di Secondo grado. In Giappone e in Germania (per citare due esempi geograficamente estremi) quasi ogni famiglia ha almeno uno strumento musicale in casa, anche se non è musicista. Secondo me se considerassimo lo “Spread” non solo come un indicatore economico, ma anche metaforicamente, come un indicatore tra la differenza di considerazione della musica come arte indispensabile per l’elevazione culturale, lo Stato italiano sarebbe in deficit anche con paesi economicamente più poveri di lui».


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