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Quartiere Leuca/Le culture dialogano… in musica

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

11
APR
2014
Diversità fa rima con opportunità. Il progetto, nato a Lecce grazie a cittadini che si sono autotassati, si ispira alla felice esperienza dell’ Orchestra di Piazza Vittorio
 
La multietnicità è ormai un aspetto consolidato della società italiana, non sempre però viene “declinata” felicemente. Talvolta, infatti, una serie di fattori concomitanti fa sì che la coesistenza tra culture e mentalità non stimoli la reciproca ricettività e curiosità, quanto piuttosto la chiusura e l’arroccamento, se non proprio l’aperta ostilità e diffidenza. L’Orchestra popolare di Via Leuca si propone quindi di debellare questi “virus”, e lo fa con due delle medicine più potenti in assoluto: musica e danza.
L’iniziativa, ideata dall’associazione culturale Papagna, composta dalla ballerina e cantante Raffaella Aprile, dalla regista Emanuela De Giorgi e dal musicista Rocco Nigro, rientra tra i trenta progetti di rigenerazione urbana che interessano il quartiere Leuca di Lecce, caratterizzato sempre più negli ultimi anni dalla presenza di molteplici etnie. L’obiettivo è quello di trasformare il “volto” dell’area realizzando una serie di azioni che ne coinvolgano attivamente gli abitanti. 
La formazione dell’orchestra si svilupperà attraverso tre workshop (danza, voce e tamburello), ciascuno dei quali prevede una serie di seminari, partiti il 21 marzo e che si concluderanno il 6 giugno prossimo. I laboratori sono aperti all’intera cittadinanza del quartiere, che può quindi contribuire donando un po’ della propria esperienza e al tempo stresso ricevere qualcosa, attraverso il confronto con gli altri partecipanti. Si comincia con la pizzica, insegnata da Raffaella Aprile e Laura De Ronzo, si continua con il canto, insieme a Irene Lungo accompagnata dalla chitarra di Miro Durante, e si chiude con il tamburello, guidati da Alessandro Monteduro, presenza storica sul palco della Taranta, dal keniano Somi Gathiomi, e da Rocco Nigro. A giugno si terrà un workshop in cui i musicisti salentini incontreranno i colleghi indiani, keniani, albanesi e il coro multietnico-religioso Migrantes; per luglio è previsto invece il concerto-evento dedicato al quartiere.
Un’iniziativa, questa, che si innesta nel cuore pulsante del territorio: non è un caso, infatti, che i seminari si tengano negli spazi dell’oratorio “Don Pasquale” di via Buonarroti, luogo che ormai da anni è un punto di riferimento per gli abitanti del quartiere, accreditandosi come fondamentale luogo d’incontro e aggregazione all’insegna del connubio giovani/sport. 
La musica tradizionale salentina riveste un ruolo importante in questo progetto, che, al tempo stesso, mira a coinvolgere musicisti e cantanti di diverse provenienze, proprio per valorizzare l’eterogeneità all’insegna della complementarietà. Il progetto s’ispira alla celebre Orchestra di Piazza Vittorio, l’orchestra multietnica fondata nel 2002 dall’Associazione Apollo 11, patrocinata da artisti, intellettuali e operatori culturali con l’obiettivo di valorizzare il rione Esquilino di Roma, in cui è particolarmente significativa la presenza di immigrati. L’orchestra rappresenta una realtà assolutamente peculiare nel suo genere: è infatti la prima e unica nata attraverso l’autotassazione dei cittadini. La sua esperienza ha consentito così di creare posti di lavoro per musicisti di tutto il mondo, favorendo lo studio e il rilancio di repertori musicali spesso tanto preziosi quanto sconosciuti e, al tempo stesso, rendendo possibile il riscatto di artisti che talvolta vivevano a Roma in condizioni di grave emarginazione.
In un momento come quello odierno scandito sempre più dalla freneticità e dall’indifferenza, iniziative come questa, sono come il fuoco in una notte gelida: meritano di essere protette e alimentate. Sono infatti doppiamente preziose: sia perché valorizzano il dialogo delle diversità, sia perché nascono in contesti fortemente decentrati, in cui spesso unire le forze, mettere in rete creatività e progettualità, è particolarmente complesso. L’auspicio è quindi che il quartiere sfrutti appieno questa possibilità di “ripensarsi” e mettersi in gioco, offrendo così un esempio virtuoso, capace di attecchire e diffondersi anche in altri centri di piccole e medie dimensioni. Un modo per dire che la multietnicità può essere non solo sostenibile, ma anche moltiplicatrice di energie.
 
 
 
 
 
 
 


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