MENU

Niente di più: Ci vediamo da Pavino

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

3
AGO
2012

 

C’è chi alla crisi reagisce aprendo un locale nella Città vecchia, dove si mangia pane e mortadella e molte altre cose: scordatevi però la nouvelle cuisine. D’altronde, lo dice anche il nome
 
Conviviale, accogliente, ospitale e colorato; sto parlando di “Pavino”, il bistrot di Sergio Mellone, o meglio, un po’ di tutta la sua famiglia, che ha contribuito e che collabora fattivamente all’attività del locale. Situato in via Duomo 162, alle porte della Città Vecchia, promette un percorso enogastronomico stuzzicante, veloce e di qualità: tipico del bistrot, in una location unica nel suo genere, dove Sergio ha saputo miscelare sapientemente la sua creatività alla tradizione. Un locale sicuramente non convenzionale, dall’atmosfera avvolgente, Pavino si trova di fronte all’Università della Città Vecchia, ex Caserma Rossarol, e dopo un periodo di attesa, ha inaugurato qualche domenica fa, riuscendo a raccogliere un ampio bacino di utenza. All’insegna dell’allegria e della fantasia, Sergio ha festeggiato l’apertura del locale, con quel pizzico di originalità che lo contraddistingue, aiutato in particolar modo dalla sorella Serena (coordinatrice, organizzatrice PIN- Progetti Inversi e firma di Extra Magazine), dai genitori e dai suoi più stretti collaboratori, regalando musica, divertimento, sorrisi, e naturalmente degustazioni di vino, sangria e birra. Personalmente adoro il carparo che ospita la struttura, per non parlare delle vecchie sedie di legno “della nonna” che si usavano tantissimo tempo fa, pitturate a mano dai colori più vivaci, e mi ha fatto un enorme piacere vedere il locale pieno di gente, quando qualche mattina fa, sono andata a trovare Sergio. Tra le  persone  ho notato compiaciuta il rettore della facoltà di Giurisprudenza Antonio Uricchio, insieme al Sindaco di Taranto Ippazio Stefàno che dopo un loro intervento in facoltà in occasione di un workshop sull’ambiente, si erano recati lì per consumare la colazione. Al primo momento di tranquillità, ho trattenuto Sergio davanti a una tazza di caffè.
 
Da cosa nasce l’idea e il nome di questo locale?
«L’idea è nata tanti anni fa, tornato da Roma, dove avevo frequentato le enoteche romane; da quel momento in poi mi ha coinvolto la passione per il vino, per i luoghi rustici e caldi, poi facendo altre esperienze, è stata sempre un’idea che si consolidava tra i miei pensieri. Il nome “Pavino” è una crasi che vuol dire pane e vino ed è nata per caso; il locale si è evoluto pian piano, in 7-8 mesi di lavoro, il canovaccio c’era ma sembrava andasse da sé. Non volevamo avere un bar, o solo un’enoteca, neanche avere una birreria, ma un luogo che racchiudesse tutto questo.  Il prossimo inverno inseriremo la tisaneria e sala da tè, oltre agli aperitivi e  gli aperitivi in lingua, il “drink english”; dato che ci troviamo di fronte l’università vorremmo dare qualcosa in più agli studenti. Gli orari  saranno prevalentemente dalle 7.00 alle 18.00, più in là penseremo di fare qualcosa per la sera; sicuramente previa prenotazione, saremo aperti anche in serata per organizzazione di eventi, quindi compleanno, ricorrenza di qualsiasi genere, addio al celibato e/o nubilato. Si può dire che sia un bistrot, proprio perché ci siamo rifatti ai bistrot del fine ottocento di Parigi, dove andavano gli artisti squattrinati a mangiare qualcosa e a bere, confrontandosi sulle loro idee. I prezzi sono modici, e allo stesso tempo cerchiamo di mantenere uno standard di qualità».
L’idea della location è stata voluta o è nata per caso?
«Diciamo che lo cercavamo qui nel centro storico di Taranto; l’idea era sempre quella di stare in un ambiente rustico, però stabilirci qui è stato un vero e proprio caso. Un giorno camminavo e ho visto il proprietario che metteva il cartello “affittasi” sulla saracinesca, così l’ho fermato e ho preso accordi. La fortuna ha voluto che si trovi l’Università di fronte, e ciò permette di raccogliere un bacino di utenza abbastanza importante».
E’ stato facile aprirlo, a livello burocratico e di licenze?
«Assolutamente no! Grosse difficoltà, grossa burocrazia, questi fattori son stati la delusione iniziale, avremmo preferito riscontrare, come si dice in giro, la volontà di incentivare i giovani che vogliono mettersi in gioco, purtroppo non è affatto vero. La questione non è che si vuol essere favoriti o non pagare le tasse, ma perlomeno essere agevolati nello startup, cioè la possibilità di avere uno snellimento facile, facendo tutto in regola chiaramente: abbiamo  la differenziata, dato che adesso si parla tanto di raccolta differenziata, ed è richiesta se si deve aprire un locale, inoltre l’audiometria, la videosorveglianza, tutte cose che si devono fare ma per le quali bisognerebbe dare una mano a velocizzarle».
E le agevolazioni fiscali della  zona franca? Taranto vecchia ne fa parte.
«No non c’è niente, abbiamo pagato tutti i soldi di tasca nostra e non so neanche se questa zona franca, con le agevolazioni annesse, esista davvero. Pensavo che aprire a Taranto Vecchia sarebbe stato più semplice, ma così non è stato; la zona è stata ignorata in maniera indifferente, come se avessimo aperto a Lama o in viale Magna Grecia.»
Avevi già immaginato di svolgere questo tipo di attività?
«Di avere il contatto con il pubblico sì; io ho studiato Scienze della Comunicazione e  il mio desiderio era di poter svolgere un lavoro stando a un front office, e devo dire che questo rappresenta un giusto equilibrio in relazione a quello per cui mi sento portato. Mi piace stare in mezzo alle persone, ascoltarle, mi piace parlare e anche mettermi un po’ in gioco per cercare delle novità, ma piccole novità. Per chiarire il concetto, in questo locale si mangerà pane di Laterza e mortadella, la nostra non è nouvelle cuisine, ogni tanto qualcosa di ricercato potrebbe esserci, ma vogliamo rispecchiare la crasi “pane e vino” e quindi, la cosa più semplice è data da un buon panino con la mortadella e un buon bicchiere di vino bianco; sicuramente tutto ciò può essere reso più complesso, mettendo insieme alla mortadella l’insalata e  il formaggio, quindi semplice e strutturato. Pavino è così, semplice e strutturato!».
Hai studiato a Roma, l’idea ti è partita da lì, ma ora sei qui a Taranto. Avevi già l’intenzione che il tuo locale si sarebbe aperto qui in città?
«In città non esattamente, lo immaginavo più in Provincia, Martina ad esempio. Questo progetto l’ho studiato negli ultimi tre anni, io son tornato nel 2006 dopo otto anni che ero fuori, ma ci ho sempre creduto. Diciamo che inizialmente doveva essere il secondo lavoro, però vista la crisi, visto che di stabile lavorativamente  parlando non c’è niente, non ti chiama più nessuno, a questo punto do il mio contributo e mi metto in gioco. Io penso che come tanti altri ragazzi, definiti da qualcuno “bamboccioni”, ho tentato di andare fuori, in Irlanda, a Roma, con tutte le difficoltà annesse, però nella vita non si può continuare con i tentativi , bisogna prendere una decisione determinata».
Paura, ansia ,aspettative?
«Paura sì è normale, ansia anche, l’aspettativa si testerà nel tempo sicuramente, ora è quella di progredire e di crescere, pagare le spese che è la cosa più importante in questo momento, poi non lo so, potrebbe durare per sempre o si evolverà in qualcos’altro. Sicuramente passerà un anno di rodaggio prima di capire se funziona al meglio, ciò che non va, ciò che bisogna cambiare o su quale scia è bene continuare, ma visto che dobbiamo lavorare fino a 90 anni probabilmente, non ho fretta. Per il momento va bene così. Il mio è un gruppetto familiare che ci crede: la cortesia, la pulizia e il buon gusto non ci manca, perché è un locale che è nato quasi dal nulla, l’abbiamo creato noi, non del tutto, ma almeno in buona parte abbiamo questo merito. Andando a ricercare le cose in giro, la “chicca” come si dice, il particolare ci è stato utile, e da una settimana a questa parte dicono che piace, che ha l’aria di  casa. Ci tengo a sottolineare che non vogliamo essere concorrenti a nessuno, lavoriamo tranquillamente per i fatti nostri, anzi vogliamo collaborare, se le persone volessero, noi saremmo pronti a collaborare con gli altri, seguendo un po’ l’esempio e la prassi da sempre adottata in Emilia. Non siamo invidiosi di nessuno né vogliamo che la gente ci invidi, non abbiamo fatto niente di eccezionale: abbiamo aperto un posto dove ci si può coccolare sorseggiando un caffè o una birra, come in tanti altri posti, però con il nostro gusto singolare».
Sei su Facebook?
«Non mi piace avere una pagina fb, pensala come una scelta di marketing aziendale. Facebook oramai è pieno di roba, penso che la pubblicità migliore sia il passaparola, il trovarsi bene e comunicarlo all’amico; prossimamente partirà il programma estivo de “L’isola che vogliamo” e sicuramente ci tornerà utile. Ho comunque il mio sito che dovrò aggiornare a breve: www.pavinobistrot.it».
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor