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Latte e rossetto

Pubblicato da: Categoria: GLAMOUR

12
GIU
2015
Ovvero, non ci sono più gli uomini di una volta però - in effetti - anche noi donne siamo cambiate parecchio
Un giornalista molto noto, che dalla sua rubrica si diverte a discettare su noi donne, suggerendoci con particolare zelo cosa dovremmo o non dovremmo dire, fare, indossare e calzare, qualche tempo fa stilò una classifica dei comportamenti in pubblico a più alto tasso di maleducazione. E naturalmente svettava il truccarsi o la ritoccata al make up, rossetto incluso. Non succederà mai, ma mi piacerebbe scambiasse due parole con Giovanni, un signore dai capelli bianchi che ho incrociato per caso questa mattina, in una affollata sala d'attesa. Tutto è iniziato con una ripassata di rossetto per me – chi mi conosce sa che è inevitabile –  e con un sospiro da parte sua, seguito da uno sguardo carico di tenera nostalgia che ben poco lasciava all'immaginazione. "Sono così maleducata? Mi scusi, so che ai suoi tempi nessuna avrebbe azzardato un gesto così...". "Ma no, che lei è così giovane (se sapesse che ne ho ben 37, certo mi darebbe d'ufficio il bollo di zitella attempata) può farlo e poi sa che...". E mi ha raccontato che no, le ragazze "della sua epoca" non si davano il rossetto in pubblico, anche perché in molte, semplicemente, non ne possedevano uno. Però si ingegnavano come solo le donne sanno fare e, cercando di nascondersi dalla vista degli uomini, si mordevano fortissimo le labbra perché si colorassero un poco e poi passavano veloce la lingua sulle dita e ancor più velocemente sulla bocca, per rendera lucida e attraente. E ai ragazzi "della sua epoca" doveva sembrare un gesto tanto impacciato quanto erotico, un segnale che li invitava all'audacia, quando questa era anche solo rallentare il passo per strada e toccarsi la tesa del cappello. Mi ha raccontato che ridevano solo da lontano e che si torturavano le guance con pizzicotti dolorosi, perché sul viso comparisse quel rossore che oggi chiamiamo 'bonne mine'. Giovanni sorrideva dicendo che senza latterie "non sarebbero campati", perché il litro di latte comprato verso sera era una delle migliori occasioni per le ragazze di scivolare via dal controllo di padri e fratelli e per i ragazzi di avvicinarle senza sorelle o cugine al seguito. Ed eterna riconoscenza e devozione anche a santi e patroni, che portavano le feste di paese con i balli. Ho immaginato occhi negli occhi, le dita che per la prima volta si intrecciavano, la mano che si posava nell'incavo tra la schiena e i fianchi. Forse non sapevano neanche come e perché si innamorassero e le ragazze dell'epoca di Giovanni diventavano mogli prima ancora di scoprirsi donne. Erano però altrettanto capricciose e civettuole – nell'accezione migliore che si possa intendere – e rifiutavano un pretendente per poi disperarsi se lui le lasciava perdere e rivolgeva altrove le proprie attenzioni. Cari uomini, lo so che abbiamo corso tanto e forse vi abbiamo lasciato indietro e anche un po' col fiatone. E sono anche consapevole che adesso vi sembra folle leggere che una (anche) cinica e sarcastica come me ritiri fuori dal dimenticatorio "usi e costumi" che, se messi in pratica, farebbero apparire chiunque come un disadattato o perlomeno di sospetta sanità mentale. E' vero, abbiamo il rossetto e il blush, un buon numero di pretendenti e almeno una squadra di ex liquidati (sì, qualcuna oltre ai titolari ha anche tutta la panchina, la primavera, la dirigenza, i preparatori atletici e via dicendo, ma questa è un'altra storia), e sembriamo andare dritte per la nostra strada, caracollando sui tacchi o infischiandoce della femminilità, sicure nelle nostre scarpe sportive. La verità è che, più spesso di quanto immaginiate e forse anche immaginiamo, siamo alla ricerca di qualcuno che ci ceda il passo, ci aspetti per strada, ci guardi toccandosi il cappello e mimando un mezzo inchino. Come si traduca questo al nostro tempo non so dirvi: per questo ci siete voi e "i Giovanni".
 


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