MENU

I NONNI DI CLARA

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

28
LUG
2016
Riassunto della prima parte
Clara a 14 anno perde la madre in un incidente stradale. Dopo il ricovero in ospedale va a vivere con i nonni materni e riprende a studiare, mentre il rapporto con il padre e sempre più distaccato. S laureata e trova lavoro ma il ricordo della madre è sempre presente.
 
PARTE SECONDA
 
Passarono gli anni e intanto ero cresciuta ecominciai a dare anche qualche preoccupazione, soprattutto quando rincasavo tardi. Io cercavo di scusarmi, spiegavo che la colpa non era mia, scaricavo sugli altri, ma erano irremovibili.
« Scusa nonna, mica potevo tornarmene a casa a piedi e da sola, dovevo aspettare per forza che mi accompagnassero, che mi dessero un passaggio... »
« Non mi importa, i tuoi amici possono fare ciò che vogliono... »Disse, alzando una mano per zittirmi. « Non voglio stare qui a dare la colpa a te e a nessun altro. Ti chiedo solo di essere più puntuale e di non farci stare in pensiero. Siamo vecchi e abbiamo bisogno di tranquillità. »
Aveva ragione. Il tempo scorreva e loro stavano invecchiando. 
Intanto mi ero laureata eavevo anche iniziato a lavorare. Il posto me lo ero giocato con tremila aspiranti per qualcosa come dieci posti disponibili, e se non fosse stato per Massimo, un collega che era stato assunto qualche mese dopo di me, durante l’anno che seguì, occupatacom’ero a cercare di fare bene il mio lavoro, quasi non mi accorgevo dello scorrere del tempo.Massimoera sempre indaffarato, preoccupato di non riuscire a portare a termine i compiti che gli venivanoassegnati e pertanto da quando arrivava in ufficio sembrava che intorno a se ci fossesolo il deserto. 
« Ma non potresti rilassarti un attimo, Massimo... »
Gli buttai li un giorno che sembrava un’anima in pena per delle fatture smarrite.
« Se vuoi,posso aiutarti. Ti do una mano a cercarle, se credi. »
Ma lui non rispose e sembrava non essersenenemmeno accorto della mia presenza.
« Posso darti una mano? »Insistetti, vedendolo così inquieto. Luisi girò, mise una mano a cucchiaio dietro l'orecchio, alla maniera di un sordo, e chiese:« Cosa hai detto, scusa? »
« Ma sei diventato anche sordo adesso? Perché non ti calmi un pochino?»
Gli risposi ridendo. Lui finalmente rilassato mi mostrò le fatture che stava cercando e mi rispose che era preoccupato. Era il primo impiego serio che era riuscito a trovare e non voleva farselo sfuggire.
« Mi rilasserò solo quando sarà terminato questo benedetto periodo di prova. »Concluse, mentre tornava a piegarsi sulle sue scartoffie.
Il 31 dicembre, mentre eravamo in attesedell’orario d’uscita, parlando dell’ultimo dell’anno, a bruciapelo chiese: « Allora non fai niente questa sera, non vai da nessuna parte? »
Domanda strana da parte sua, pensai. Glielo avevo detto e poi nonavevo mai parlato di cose strettamente personali con lui, se non raramente e sempre con un certo imbarazzo.
« Te l’ho detto, nulla. Non farò proprio niente. Starò a casa coi nonni, anche se sarà una noia mortale aspettare da sola la mezzanotte. »
Replicai, un po' seccata di dovergli confidare uno degli aspetti più intimi della mia piatta vita privata.
« Io questa sera sono stato invitato ad un veglione da un amico. Più un conoscente che amico. Ha insistito perché ci andassi anch'io, ma mi secca andarci da solo e visto che tu non hai programmato niente,mi chiedevo se magari volevi venirci con me. »
La presi male. Come se fossi stataun ripiego, una compagnia occasionale necessaria per fargli fare bella figura, e rifiutai.
« Grazie, ma come ti ho detto vivo coi nonni. Sono anziani e quando arriva questo periodo di feste si incupiscono ancora di più e allora preferisco restare con loro.»
« Allora sai cosa facciamo? »
Edicendo così mi fece scivolare addosso un'occhiata furtiva che mi incuriosì, ma risposi:
« Cosa dovremmo fare? Ti ho detto che ho i nonni anziani e che non me la sento…»
Ma lui, con aria innocente, proseguì:« Senti, se sei d’accordofacciamo così:a mezzanotte esci sul balcone, cerchila luna e poi ti soffermi a guardarla. Io alla stessa ora farò altrettanto e in quel preciso momento, mentre tutti e due la staremo guardando, io ti invierò mentalmente i miei più sentiti auguri e tu farai altrettanto.Che ne dici?»
« Gli auguri, la luna, che stranezza. Non sarebbe più semplice scambiarceli con una telefonata, un sms? »
Gli risposi imbarazzata, ma intanto quella proposta strampalata stranamente mi stava coinvolgendo.La trovavocarina e romantica e alla fine gli dissi di si.
« Va bene. Si può fare. A mezzanotte io sarò sul balcone e tu dove sarai? »
« Se mi prometti che lo farai anche tu,te l’ho detto, io allo scoccare della mezzanotte farò altrettanto, uscirò all’aperto e cercherò la luna e poi la guarderò intensamente, penserò a te e ti invierò i miei più sentiti auguri.Poi alzerò il calice e brinderò con te. »
« Mai io non ho niente per poter brindare. A casa dei nonni, figurati, non potrei mai fare loro questo sgarbo. Dopo la morte della mamma si sono chiusi nel dolore e da allora non hanno più nemmeno sorriso. »
Lui mi rivolse uno sguardo complice e sorridendo aprì un cassetto della sua scrivania e ne trasse un sacchetto di carta e venne verso di me.
« Ci ho pensatosai. Prima di venire qui ho acquistato due bottiglie mignon di spumante. A mezzanotte stapperemo queste,e così potremmo brindare senza fare torto a nessuno. Che ne dici? »
Io presi tra le mani il sacchetto che mi stava porgendo e senza sapere cosa rispondere lo infilai nella borsa.
Tornata a casa mi misi in pantofole, cenai con i nonni e una volta in camera miatornai a pensare alle parole di Massimo. Cercavo di comprendere se quello che aveva detto, a proposito della luna e di tutto il resto, fosse una solenne fesseria o invece l’inizio, almeno per il momento solo da parte sua, diqualcosa di importante. 
Il lato sentimentale della mia coscienza da un pezzo continuava a vegetare come un bozzolo di farfalla. Dopo l’incidente ero cambiata e poichéle cicatricierano ancora visibili, mi vedevo brutta e poi il dolore per la perdita di mamma mi impedivaancora di dedicami ad altro. Ese capitava che qualche ragazzo si avvicinassee mi rivolgesse una frase carina o un sorriso,io mi chiudevo a riccio perché lo ritenevo un atto compassionevolee non ci davo peso. Però quella proposta inaspettata di Massimo mi face riflettere. Se lui lo aveva chiesto proprio a me, voleva dire che gli piacevo e allora, se gli piacevo, voleva altrettanto dire che ero tornata una ragazza carinae che pertanto potevoancora destare interesse.
Verso le ventuno sentii spegnere il televisore nel salotto e la nonna che attraverso la porta della stanzami diceva che stava andando a letto.
« Clara sto andando a dormire. Qui stanno iniziando tutta una serie di spettacoli riguardanti il capodanno. Non mi interessano. Buona notte. »Io saltai giù dal letto, la raggiunsi e la strinsi forte. « Buona notte nonna. E buon anno comunque, e speriamo che il prossimo sia finalmente migliore, o almeno più sereno. »« Figlia mia, ormai per noi, da quel giorno maledetto,gli anni sono tutti uguali. Ma gli auguri te li facciodi cuore. Che l’anno che sta perarrivareti possa portare tutto quello che di più bello ti aspetti. Buon anno Clara. A domani. »
Tornata a letto, con la televisione accesa e l'audio spento, ricominciai a pensare a Massimo. Forse ci sarei potuta anche andare a quel veglione, in fondo non ci sarebbe stato nulla di male e nemmeno i nonni avrebbero avuto niente da ridire.Intanto era arrivata quasi la mezzanotte e allora trassi dal sacchetto la bottiglia di spumante e quando alla televisione cominciò il conto alla rovescia mi affacciai alla finestra per cercare la luna. Il cielo era buio e le uniche stelle che riuscii a vederefurono quelle dei fuochi d’artificio che avevano già iniziato a far esplodere. Trafelata uscii dalla stanza e andai sul balcone della cucina, ma anche li era la stessa cosa, buio completo e nessuna traccia della luna, e intanto stavainiziandoanche a piovere.
Tornata in camera mia, cominciai a riflettere su ciò che aveva detto la nonna a proposito delle aspettative sul nuovo anno e sorrisi al pensiero che si stava presentatodandomiuna delusione. Comunque la mezzanotte era ormai trascorsa e la bottiglia ancoratappata e allora presi il cellulare e composi il numero di Massimo.
« Auguri Massimo. Te li faccio a voce gli auguri perché da casa mia non sono riuscita a vedere né la luna né le stelle. E’ tutto buio e stainiziando anchea piovere. E tu ti stai divertendo? »
Gli chiesi, facendo seguito aduna risata più nervosa che liberatoria.
« Auguri Clara. Buon anno. No. Non ci sono più andato al veglione, non mi andava di andarci da solo. Sono rimasto a casa, ma anche qui il cielo è tutto coperto e sta piovendo. »
Passato capodanno era successo tutto molto in fretta. Cominciammo a frequentarci e una sera, in un locale dove mi aveva portata, mi chiese cosa ne pensassi se mi avesse proposto di andare a vivere con lui. Ormai lo conoscevo bene, sapevo che era sempre molto diretto e veniva subito al dunque, ma quel modo di chiedermelo mi sorprese.
« Scusami Clara, ma perché aspettare ancora? Sto provando qualcosa di serio nei tuoi confronti?Lo sai. Pensaci. »
Proseguì, quando vide che ero rimasta con le posate a mezz’aria e lo sguardo nel piatto.
Di matrimonio non ne parlavamo, ma la voglia di andare a vivere assieme si faceva sempre più pressante, sino a che un giorno ne parlai alla nonna.
« Nonna io e Massimo avremmo deciso di andare a vivere assieme. Abbiamo l’età giusta. Lui è solo e il suo stipendio se ne va quasi tutto per pagare l’affitto eper mantenersi. Io pensavo, se non subito, di cercare casa e poi…»
« Perché cercare casa? »
Mi chiese sorprendendomi la nonna. 
« Potreste venire ad abitare qui. »
Io la guardai perplessa, ma lei prese lamia mano e mi invitò a sedere accanto a lei.
« Ci avevo pensato, sai. Sono vecchia ma non ancora rincitrullita. Vuoi che non me ne sia accorta, che non lo abbia capito? E allora ho pensato che tu e Massimo potreste venire ad abitare qui. Naturalmente la casa ha bisogno di qualche piccola ristrutturazione, ma cose da poca, mentre io e il nonno... »
« Tu e il nonno...? »Chiesi, preoccupata.
« Calmati, non allarmarti. Io e il nonno andremmoad abitare nella casadove sei vissutacontua madre. »
« Ma non è stata affittata? Avevi detto che avresti voluto…»
« Non me la sonopiù sentita Clara. Ci avevamo pensato si, ma alla fine, quando siamo andati a vederla, non ce lasiamopiù sentita di far entrare degli estranei in casa di nostra figlia. Col nonno ne abbiamo parlato e abbiamo pensato di trasferirci noi li e di lasciare a voi questa di casa, che è anche più grande. »
« Ma se è così,possiamo andarci noi, io e Massimo,ad abitare in quella casa. »
« Si. Se lo desideri potete, certo che potete, ma mi daresti un dispiacere. »
« Perché dispiacere, nonna? »
Le chiesi ancora più stupita.
« Perché ormai da un pezzo a noi era venuta questa idea, quella di trasferirci li. Ma con te che hai bisogno dei tuoi spazi, quella casa sarebbe risultata troppo piccola e così abbiamo atteso questo momento, che tu ti decidessi a mettere su casa, per conto tuo. »
« Ma perché fai questo per me nonna? »
Le chiesi, con le lacrime agli occhi e stringendole forte le mani. Lei continuando a guardare la foto di mamma che teneva sul tavolinetto del salotto, proseguì:
« Non lo faccio per te Clara, o meglio, non lo faccio solo per te. Sinceramente, visto che ormai siamo vecchi, io e tuo nonno avevamo pensato che sarebbe stato bello passare quello che ci resta da viverein quella casa dove ha vissutonostra figlia. In quella casa vi siete trasferite subito dopo la sua separazione. Tua madre ha fatto dei sacrifici per acquistarla e noi le abbiamo dato una mano per pagare il mutuo, e così la sentiamo anche un pochino nostra. »
« E quando avreste deciso di trasferirvi? »
Le chiesi.
« Nonno è tutto un fermento. Volevamo farti una sorpresa, ma ci hai preceduti. Non dirgli nulla,ci rimarrebbe male, ma ha già contattato una ditta per far dare una ripulita alle pareti,far sostituire le tapparellee la rubinetteria. Per i mobili ci portiamo via questi. Cosa ne dici Clara? »
Concluse, alzando lo sguardo pieno di lacrime. Io non risposi enon seppi fare altro che abbracciarla e commuovermi conlei.
« Facciamo così, ti prego Clara. Si, tu hai perso tua madre, ma non puoi immaginare cosa voglia dire per una madre perdere una figlia. E’ una cosa innaturale, crudele e ingiusta sopravvivere ad una figlia. Non c’è stato giorno in questi anni che non abbia versato una lacrima, che non abbia pensato a lei. Ora, andando ad abitare in quella casa abbiamo la possibilità di sentirci più vicini a lei. Ormai siamo vecchi Clara, cosa vuoi che ce ne facciamo di una casa così grande. Goditela tu e il tuo Massimo, che è un bravo ragazzo e senz’altro avrete voglia di avere anche dei figli. A me e a tuo nonno ci basterà saperti felice e serena qui. Noi non vediamo l’ora di trasferircidove ha vissuto nostra figlia. »
Nel sentirle dire quelle parole, venni travolta da una profonda tristezza e quando ci guardammo fu come se in quel preciso momento tutto quello che mi era successo fosse tornato dal passato. Non seppi cosa rispondere o cosa altro fare. Scoppiai in un pianto dirotto e mi strinsi forte a lei.
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor