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PSICHE/PROFILO PUBBLICO

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

9
GEN
2019

Quando il dialogo interiore diventa social. Problemi e rischi e di una pratica sempre più diffusa

Tutti, senza eccezione alcuna, siamo nati e cresciuti in una cultura, in un ambiente fatto di segni e di significati. Insomma, tutti siamo immersi in una dimensione linguistica, che, per molti versi, media il rapporto tra mondo esterno e corpo fisico. E tale contesto si configura come intreccio di più discorsi, come dialogo tra le parti. Un dialogo che, nel corso della crescita, finisce per essere inglobato nell’individuo, diventandone parte integrante. Così il linguaggio, nato per regolare le interazioni tra persone, viene interiorizzato, e si rende principio regolatore di fun­zioni intrapsichiche assai socializzate quali la memoria e l’autoregolazione. Esso, sin dalla prima infanzia, presiede alla capacità di ricordare e alla programmazione intenzionale di azioni concrete o simulate. E dall’evoluzione di queste funzioni (connesse al ricordare e al pianificare) proviene il cosiddetto dialogo interiore, quella voce narrante di joyciana memoria, in cui si concretizza, di cambiamento in cambiamento, il racconto di noi stessi.

E nel rigore della forma scritta questa narrazione, epurata dalle emozioni grezze, si fa più logica e ordinata, facilitando così la capacità di comprendere il passato e di pianificare il futuro. E lo scritto, così come ogni elaborato culturale, funge da specchio. La superficie riflettente, poco cambia se fisica o digitale, consente di osservare sé stessi da una prospettiva esterna, di familiarizzare con l’immagine che si dà al mondo, quindi anche di sperimentare, in questo territorio di confine tra il dentro e il fuori, l’infinita varietà dei sé possibi­li. È questa la funzione del diario personale. È questa la funzione del diario telematico, dove, purtroppo, ciò che dovrebbe rimanere privato diviene pubblico, finendo col soggiacere alle dinamiche dell’altrui apprezzamento, assai deleterie per chi, suo malgrado, necessita ancora di conferme. Così una divagazione può divenire oggetto di scherno; una richiesta d’aiuto può attirare dei malintenzionati; e un contenuto personale può suscitare biasimo o commiserazione.

Risulta necessario, pertanto, che gli educatori im­partiscano, con interventi opportuni, i rudi­menti del buon senso digitale, affinché le giovani generazioni rifuggano dalla tentazione (modaiola, intimista o narcisistica) di rendere pubblica la propria intimità fisica ed emotiva. Che i giovani imparino ad apprezzare la condivisione privata (e non digitale) tra persone di fiducia, e che scoprano la bellez­za (nonché l’utilità) di quel giardino segreto di cui pochi posseggono le credenziali d’accesso.



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