Alcuni giorni fa, i mass media ne hanno dato ampio risalto, un architetto di 66 anni e la moglie sono tragicamente scomparsi cadendo dal terrazzo della loro casa di Arona mentre stavano acconciando gli addobbi natalizi. Paolo Pedrizzetti, questo il suo nome, ha trovato una morte assurda per un uomo che 36 anni fa, studente al Politecnico di Milano e fotografo dilettante, la morte l’aveva fotografata da molto vicino. Era il 14 maggio del 1977 e in Via De Amicis, a Milano appunto e con il fortunoso tempismo che è dei neofiti, scattò la foto simbolo di quelli che conosciamo come gli anni di Piombo: un giovane dimostrante coperto da un passamontagna che, a ginocchia piegate e braccia tese, si apprestava a sparare ad altezza d’uomo sulla Polizia in carica. Quegli spari costarono la vita ad un vicebrigadiere dei Carabinieri, Antonio Custra di 25 anni, marito e padre di una bimba che non lo ha mai conosciuto per essere nata dopo la sua morte. Uno dei tanti eroi veri di questo Paese, dimenticati da tutti! La notizia mi porge l’assist per riflettere sugli anni che stiamo vivendo guardando anche, cosa che sarebbe opportuno fare sempre, a ciò che è venuto ed accaduto prima. Abbiamo consolidato l’abitudine a battezzare i decenni che si sono succeduti: gli anni sessanta sono stati gli anni del boom economico, i settanta gli anni di piombo, gli ottanta quelli della Milano da Bere, i novanta gli anni del riflusso. Oggi, se mi è consentito dargli un nome, stiamo vivendo gli anni di melma. Quanti di voi hanno la pazienza di leggermi da più tempo sanno che non sono stato mai né tenero né indulgente verso il sessantotto italiano, cosa che invece appartiene alla gran parte della crema intellettuale di questo Paese, e men che meno giustificazionista nei confronti dei fenomeni terroristici che da esso sono derivati e che hanno devastato tutti gli anni settanta. Ciò non dimeno non si può non riconoscere che quegli anni palesavano una vitalità ed una reattività alle sorti del sistema nazione che, seppure canalizzati in forme di partecipazione assolutamente criminali, ci ritornavano un’immagine dei giovani, delle donne e degli uomini di quella stagione che alimentavano il sacro fuoco della coscienza politica e sociale. Oggi stiamo vivendo gli anni della palude, della melma appunto, che tutto e tutti avvolge in un magma indistinto privo di luce, di calore, di partecipazione attiva, di voglia di far sentire voce e presenza di un popolo che non tollera più di essere trattato da schiavo da sfruttare ma da cittadino da rispettare. Gli studenti della Sorbona nel sessantotto si caricavano nelle manifestazioni accompagnandosi con il suono del riff dei riff, Satisfaction, dove il rancore giovanile si specchiava nella voce graffiante di Mick Jagger e nella distorsione della chitarra di Keith Richards. I ragazzi di oggi dove possono andare accompagnati dalle lamentose ed infantili note di Marco Mengoni? Mi sovviene una scena esilarante, e profetica, del grande Alberto Sordi nei panni del Marchese del Grillo. All’ufficiale francese che gli raccontava entusiasta delle cariche della cavalleria napoleonica al canto della Marsigliese, rispondeva “E te credo, con quell’inno so boni tutti. Noi che ciavemo : Noi vogliam te Vergin Maria…..e ndò annamo, giusto al Divino Amore”. Oggi noi non riusciamo ad andare neanche al Divino Amore.