Ovvero, come recita l’adagio, è impossibile nasconderlo. Ma la saggezza popolare dice ben altro: vediamo insieme detti e tradizioni della festa più romantica, con un occhio ai single e alla Taranto di ieri
Accertato che il Valentino che si festeggia è per la Chiesa il santo patrono di Terni, vediamo chi era questo Santo. Vescovo e martire, fu a lungo maltrattato e imprigionato e, pur di difendere la sua fede, di notte fu decapitato. Si hanno prove sicure dell’esistenza di un culto antico presso la Basilica eretta nel 350 sulla via Flaminia a Roma nel punto in cui si pensa che abbia avuto luogo il suo martirio. Alcuni storici sostengono che possa essere stato sacerdote di Roma e nominato in seguito vescovo di Terni.
Sono poco chiare le origini della connessione di San Valentino con gli innamorati. Geoffrey Chaucer, scrittore e poeta inglese, suppone che possano derivare dal fatto che gli uccelli il 14 di febbraio scelgono le loro compagne; secondo un’altra teoria la festa fu istituita per cristianizzare quella romana dei Lupercali. C’era infatti l’usanza superstiziosa dei pagani secondo cui il 15 febbraio i ragazzi tiravano a sorte i nomi delle ragazze della Dea Giunone; allora molti pastori sostituirono i nomi dei Santi nei bigliettini distribuiti in questo giorno.
Per quanto riguarda la tradizione europea, ricordiamo che in Inghilterra il giorno di San Valentino si spediscono bigliettini d’amore anonimi.
In Belgio, Francia ed America due giovani, di nome Valentino e Valentina, estratti a sorte si legano per un anno in una sorta di fidanzamento pubblico.
In Italia e Germani i fidanzati festeggiano il loro legame scambiandosi dei doni.
In Puglia è festa grande a Vico del Gargano, in provincia di Foggia, dove San Valentino viene festeggiato come patrono. Si narra che ai vichesi fu concesso dal Papa Paolo V di potersi scegliere un nuovo patrono. Sembra che sia stato lo stesso Valentino a scegliere i vichesi e non viceversa, nelle catacombe romane dove si era recata la delegazione di notabili per procedere all’adozione di un martire patrono. Il capo della delegazione urtò contro un braccio sporgente da un locale. Ebbe la sensazione di essere stato fermato. Era il braccio di San Valentino che, insieme ad altre reliquie, fu prelevato e portato festosamente a Vico dove lo attendeva una Chiesa stracolma di arance e di limoni offerti alla vista del nuovo patrono. Era il 14 febbraio 1618.
Vico del Gargano possiede anche un suo “Vicolo del bacio”, è quello che collega via San Giuseppe al Rione Terra. E’ lungo circa 30 metri e largo appena 50 cm.
Leggenda vuole che questo vicolo fosse una sorta di luogo benedetto per coppie di innamorati. I fidanzatini si davano appuntamento nel vicolo che attraversavano più volte da direzioni opposte per potersi toccare a ogni passaggio.
Altra tradizione è che, chiunque lo voglia, può donare al proprio innamorato o innamorata un arancio, preso dall’addobbo alla statua del Santo alla persona cara con la consapevolezza che il frutto si trasformerà, secondo la tradizione, in uno speciale filtro d’amore.
Ma se gli innamorati hanno la loro festa non sono da meno i single che festeggiano il loro San Faustino il 15 febbraio. Il nome Faustino deriva dal latino e significa propizio e favorevole. Il Santo oltre ad essere il patrono dei single è anche il patrono di Brescia. Faustino si convertì al Cristianesimo e da allora in poi evangelizzò tutte le terre del Bresciano e fu decapitato il 15 febbraio.
Si pensa che il patronato sui single possa derivare dal fatto che anche quella di Faustino fu inizialmente una vita solitaria e poi missionaria.
Concludiamo la presente nota accennando alle usanze tarantine di ieri con riferimento al fidanzamento. Quando le famiglie del fidanzato e della fidanzata erano concordi si riunivano in un incontro che i tarantini chiamavano “il Parlamento”. Si parlava infatti della dote che avrebbe portato la fidanzata (panni a sei, a dodici e a ventiquattro). Altro argomento che si affrontava era quello riguardante la batteria da cucina. Si parlava anche di oggetti di oro compreso il famoso brillante che il fidanzato si impegnava a regalare alla fidanzata.
Semplice era la discussione sul mobilio perché si diceva in dialetto “avastene ‘u liette e ‘a banche”, cioè bastava un letto per dormire e un tavolo per mangiare.
Talvolta tale incontro veniva solennizzato con un documento redatto da un notaio. I tarantini chiamavano questo documento “stizzo”, che altro non era che la deformazione di “schizzo” o “preventivo”. Il fidanzato poteva andare a casa della fidanzata ma seduto a debita distanza dalla stessa.
Si fissava poi il giorno del matrimonio e si programmavano la lista delle persone da invitare, l’orchestrina che doveva suonare, i dolci e le bevande da servire agli invitati.
La cerimonia nuziale veniva preceduta da quella della promessa che si faceva in Chiesa e che i tarantini chiamavano con il termine di “spaccare ‘a Croce” perché nel passato erano quasi tutti analfabeti e dovendo firmare il documento, l’unica cosa che sapevano fare erano tratti di penna verticale, il primo spaccato trasversalmente dal secondo, cioè il segno della Croce.
Mi piace, a conclusione di questa lunga nota, ricordare alcuni detti dialettali tarantini: “matremonie e ddegnetate so da ‘u Ciele destinate”, cioè non si muove foglia che Dio non voglia.
L’altro detto consigliava di non prendersi una donna brutta e ricca perché i soldi vanno via come il vento ma la bruttezza ti rimane davanti per tutta la vita.
E, ricordatevi che: “l’amore è come la tosse, non si può tenere nascosto”.
Auguri a tutti gli innamorati.