“Il Volo” doveva essere, e “Il Volo” è stato. Tutto secondo pronostico alla 65° edizione del Festival della Canzone Italiana il più “democristiano” degli ultimi vent’anni.
Democristiano perché è stato un festival senza eccessi, calmo, “centrista” come in fondo lo è l’italiano medio che nelle scelte politiche come certi amori: fa dei giri immensi e poi ritorna. Democristiano, appunto.
Gli spettatori hanno subito amato e apprezzato il Carlo Conti sanremese (un presentatore a tutto tondo senza eccessi prevaricatori e accentratori alla Pippo Baudo o la saccenza da fighetto di primo della classe di Fabio Fazio), che ha portato sul palco dell’Ariston un sunto di tutte le sue trasmissioni, da “L’eredità” a “Tale e quale Show” a”I Migliori anni” (la serata delle cover).
Conti ha sostituito anche le bellone scosciate di turno con Arisa, Emma che hanno dismesso i panni artistici indossati fino al 9 di febbraio, per apparire come due comuni mortali (con le loro insicurezze, incertezze e gaffes) approdate a Sanremo senza sapere il come o il perché e dare l’impressione di essere “due di noi”. La Rocio Munoz Morales invece, era lì perché certi abiti vanno indossati in un certo modo. Punto.
Le canzoni? Tutte belle, nessuna esclusa e come di prassi “usque ad sanguinis effusionem”, per i prossimi tre/sei mesi le sentiremo in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in tutto il mondo.
Ora tutti a lavoro per la 66° edizione che (visto che squadra che vince non si cambia, figuriamoci quella che stravince), sarà affidata nuovamente a Carlo Conti il “normalizzatore”.
P.S: L'anno prossimo a Sanremo ci saremo ancora con Gaetano, Raffaele, Marcello, Martino e Titti a quali va il nostro ringrazimento per grande lavoro svolto e soprattutto per non aver mai dimenticato nelle interviste fatte Martina Franca.