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IGOR STANCA/UN APPARTAMENTO D´EMOZIONI

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

2
NOV
2012

 

Una vecchia casa, abbandonata da anni e chiusa dal dolore di un triste ricordo, ristrutturata e rigenerata in una nuova luce. Nasce così a Taranto uno spazio per promuovere e sostenere artisti locali pronti a raccontare una storia. Un nuovo luogo, deciso ad accogliere emozioni, vita, rumori, visioni
 
E’ domenica mattina e ho un buon motivo per scendere dal letto, nonostante le ore piccole della sera precedente. Nella mia micro borsa del sabato sera un invito “a porter” per un vernissage dalla location decisamente interessante e non convenzionale: un appartamento all’ottavo piano un grande palazzone figlio dell’epoca moderna, indiscutibilmente poco artistico.
Direzione viale Magna Grecia 468, inaugurazione di “Igor Stanca Vernissage”. Le emozioni artistiche esposte sono: “Sezioni” di Francesca Pellegrino, “Face to Face” di Piero Vinci, “Un giorno, un ritratto, una storia” di Cosimo Calabrese, “Pelle all’aria” Ezia Mitolo, e l’evento è curato da Giammaria Zilio e Massimo Milano.
Arrivata citofono al n. 32, e durante il percorso in ascensore cerco di sedare le aspettative per non rimanere delusa l’ennesima volta: è difficile trovare qualcosa che faccia la differenza.
Aperte le porte dell’ascensore, noto subito la luce che dalla porta d’ingresso si propaga con delicata discrezione nell’anonimo pianerottolo, raccolgo il materiale e “non” seguo le indicazioni del percorso consigliato: preferisco cercare subito Igor Stanca.
Igor è un gigante dai profondi occhi blu che con inaspettata delicatezza mi accompagna (in compagnia di un gradito caffè) e racconta la rinascita di questo appartamento rimasto anonimo per anni fino alla nuova destinazione, per nulla abitativa.
 
Igor, parlami di te.
«Onestamente la risposta è complessa, sicuramente una persona che si emoziona e che in questo momento sta cercando di ritrovarsi grazie l’arte visiva e all’incontro con Massimo e Giammaria, che grazie alla loro sensibilità e talento hanno subito capito la mia esigenza di rinnovare questo spazio e ri-generare la storia di questa casa».
 
Qual è storia di questo appartamento?
«Una storia famigliare molto dolorosa che vorrei rimanesse per me, che sento però di dover continuare anche questa splendida occasione, per dare luce, lì dove c’è stata chiaramente una tenebra, sostenendo e promuovendo i talenti artisti della nostra terra che molto spesso non hanno visibilità non sono valorizzati nel modo giusto. Quindi questa casa vuole divenire cuore pulsante di emozioni, di vita, luce, talento e comunicazione, desiderando il coinvolgimento di tutti coloro che vogliono appassionarsi alla vita e storia di questo spazio. Abbandonando gli aspetti lucrativi ed economici».
 
Mentre parliamo Igor mi presenta l’architetto Massimo Milano e interior designer Giammaria Zilio, entrambe responsabili del gruppo Cactus, che hanno curato la ristrutturazione della casa e la messa in opera del vernissage. Nell’aria c’è una tempesta di emozioni e Massimo di sente subito coinvolto dalle ultime battute di Igor e vuole esprimere la sua opinione.
 
Massimo Milano: «Come sappiamo benissimo, è un periodo abbastanza difficile e complicato da gestire a livello sociale e locale, nel caos dilaga un irritante un luogo comune, “che i tarantini non possono e non sono all’altezza apprezzare qualcosa legato l’arte” o comunque “che non vale la pena organizzare nulla senza avere la sicurezza di un riscontro economico immediato e che non vale la pena progettare eventi come questo perché non c’è la conoscenza dell’arte”. Noi stiamo cercando di abbattere questo muro perché il tarantino non ha nulla da invidiare a nessuno: va solo messo a conoscenza di quello che accade nel modo giusto e accompagnato alla conoscenza qualora non ci fosse».
 
Come pensate di divulgare questo progetto?
Giammaria: «Attraverso il blog internazionale luceonline abbiamo la possibilità di accedere a una vetrina virtuale importantissima, oltre a un’attenda pianificazione di comunicazione che viaggia principalmente sul web».
 
Soddisfatta mi congedo dal gruppo e mi dirigo con diligenza nelle aree della casa per incontrare gli artisti e le loro opere. Nella prima incontro Francesca Pellegrini che propone ed espone il suo progetto “Sezioni”, dedicato alla poesia. E’ visibilmente emozionata e dopo due chiacchere di rito per rompere il ghiaccio, le chiedo…
 
Cosa sono le “sezioni”?
«Si chiamano così le mie poesie incorniciate, oggi  proposte in questa mostra. Ogni poesia nasce dalla sua sezione, dal proprio taglio, dalla propria emozione, dalla propria casa e ognuna di esse si porta dietro il suo respiro. L’idea è quella di proporre la poesia in modo diverso, collocandola in una casa diversa dal tradizionale libro, sistemandola vicino o dentro qualcosa  di visivo e più contemporaneo. La sezione quindi  rappresenta un taglio dal quale prendere il respiro di ogni testo necessità».
 
Osservo e procedo all’incontro con Piero Vinci che nella sua area espositiva presenta “Face to Face”. Nella stanza tantissimi volti di donna, tele enormi e coloratissime quasi magnetiche, al contrario delle opere, Piero è in un angolo con la solita discrezione che lo contraddistingue. Mi sorride, ci conosciamo già e senza che li ponga nessuna domanda mi parla del suo progetto tutto al femminile. 
 
Piero Vinci: «L’idea è di partire dalla faccia, per poi passare allo sguardo e agli occhi. Cerco di celebrare lo sguardo come espressione di una storia, di esaltare ogni naturale particolare del viso, anche il colore della pelle, taglio degli occhi, le smorfie».
 
Con quale criterio scegli i volti?
«Ho scelto i volti seguendo solo il mio gusto personale.  Ho ritratto volti e comuni che hanno una storia da raccontare».
 
Il mio percorso nell’appartamento si sta trasformando in un viaggio di emozioni molto forti, non mi aspettavo di vivere queste sensazioni. C’è molta gente e mi avvio verso un altro volto amico (anche per i nostri lettori), quello di Cosimo Calabrese che occupa il suo spazio con scatti dal titolo “Un giorno, un ritratto, una storia”.
Cosimo e io abbiamo già lavorato insieme in altre occasioni, ma il suo lavoro è sempre diverso, e chiedergli da dove è nata l’idea delle istantanee che osservo sul muro, non mi sembra per nulla scontato.
 
Qual è il tuo percorso all’interno di questo spazio?
«Io sono entrato in questo spazio quando ancora dove essere ristrutturato, quindi sono il testimone oculare e fotografico del cambiamento sia emotivo che strutturale, quindi del percorso fatto da Igor e dal gruppo Cactus».
 
Nella rigenerazione di questa casa i tuoi scatti cosa vogliono rappresentare?
«Sono lavori molti diversi tra loro, ci sono dei paesaggi che rappresentano degli stati d’animo e poi c’è una serie di ritratti di persone conosciute per strada con cui ho scambiato due chiacchiere, a cui ho chiesto di essere ritratte. Sono semplicemente momenti, esercizi stilistici che non hanno necessariamente la necessità di essere un’introspezione personale».
 
Il mio viaggio prosegue nell’ultima stanza, quella di Ezia Mitolo che espone un lavoro di scultura e disegno dal titolo “Pelle all’aria”.
Sono visivamente attratta e incuriosita dalle sue opere e mi avvicino subito per presentarmi e chiederle subito il significato.
 
Perché il tuo lavoro si chiama “Pelle all’aria”?
«La mia stanza ha questo titolo perché è il mio lavoro vuole scoprire, smascherare il sé (la parte nascosta di ognuno di noi) perlomeno un suo frammento, quindi “Pelle all’aria” è quel momento in cui racconti la tua vita, emotivamente parlando ovviamente.
Lavoro che ho voluto proporre con tre istallazioni, la prima di scultura dal titolo “Nel grembo del tempo”, che vuole rappresentare una riflessione sul tempo soggettivo, non quello delle misure, ma il nostro tempo interiore soggetto alla nostra emotività, altalenante che si può allungare o accorciare a seconda del momento emotivo che viviamo».
 
Che cosa hai voluto raccontare con il secondo lavoro?
«Con il disegno ho voluto presentare un’istallazione dal titolo Sogno o son bestia. Il mio è un lavoro sulla dualità del nostro essere, perché  noi siamo sognatori e diventiamo bestia con noi e con gli altri quando ad esempio non sappiamo affrontare determinate situazioni, ci trasformiamo in  degli animali quando decidiamo di punirci raccontando bugie per non affrontare delle situazioni difficili e ci nevrotizziamo fagocitati dalla vita, dagli avvenimenti quotidiani, ed è terribile quanto possiamo diventare brutti, con noi e con gli altri».
 
Con il disegno?
«Con questo lavoro dal titolo “Intro ritratti” sono partita nel lasciare l’impronta delle labbra tinte di rossetto sul foglio, poi ho fatto il disegno intorno, rappresentando il mio momento emotivo che vivevo in quel momento. Un lavoro che riproduce il ritratto delle emozioni più nascoste.
Questo lavoro sempre in evoluzione perché  invito generalmente a lasciare la propria impronta delle labbra su grandi fogli bianchi di carta  e ha disegnare il intorno il proprio intro ritratto».
 


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