Una giornata per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sul tema della fertilità e della sua protezione: questo è l'intento dell’iniziativa lanciata dal ministero della Salute che si terrà il prossimo 22 settembre. La campagna di comunicazione dell'evento, costata 113mila euro, si compone di diverse locandine che dopo essere state lanciate sui social media con annessi slogan hanno scatenato l'ira dei cittadini. E a buona ragione: ecco perchè.
“Proteggi la tua fertilità. Per te, per noi, per tutti. #fertilityday”.
Non è uno spot pubblicitario di un indicatore della fertilità. E’ una campagna ministeriale apparsa negli ultimi giorni quasi per subentrare al tormentone estivo di rito.
Ancora più interessante è scoprire che la propaganda è stata lanciata dal Ministero della Salute per espressa volontà della sua ideatrice, il Ministro Beatrice Lorenzin. Si, la Lorenzin, proprio la stessa già Ministro della Salute del governo Letta. Quella della “obesità mostruosa” e di una sequela infinita di gaffe istituzionali.
All’uscita della campagna, tutti si sono chiesti quale terribile diavoleria avesse ideato la ministra a discapito degli italiani ma, dopo aver cliccato sul mitico hashtag, ancor prima di aver visto i manifesti, è apparso un nuovo mondo: il 22 di settembre, ma anche prima e dopo, le donne italiane sono invitate a concepire uno o più figli. Esattamente. Come la storia dell’ape sul fiore. Ma non quella del cavolo perché non è prevista dal programma.
E tutto questo accompagnato da una serie di consigli su come favorire la fertilità e guarire dalle patologie che la determinano. Perché, per la ministra, il decremento demografico palesemente riscontrato in Italia è, principalmente causato dall’infertilità. Per capirne il punto di vista è sufficiente leggere le pagine del sito internet creato ad acta.
Se è vero che era dai tempi della Prima Guerra Mondiale che non si registrava una tale diminuzione della natalità, è pur vero che Beatrice Lorenzin non si sia posta il problema di capirne i motivi, prima di imputarne le cause a fattori clinici e lanciarne una campagna tanto pregnante.
Le reazioni non hanno tardato a manifestarsi. Chiaramente, dal mondo femminile estremamente indignato, mentre quello maschile non si è risparmiato in pirotecnici commenti, compresi fra il limite che va dalla sorpresa, al massimo dello scherno. Perché, diciamocelo, era dai tempi del “ventennio” che qualcuno non ci consigliava di moltiplicarci copiosamente in nome della Patria.
E questo messaggio è stato inviato da una donna alle donne.
Come se la ministra considerasse le donne italiane femmine fattrici dai fianchi larghi, che dopo aver munto le vacche e governato le galline, curato l'orto, lavato a mano i panni, pulito la casa, di sera, anche se distrutte, devono stringere i denti e compiacere i desideri maschi del proprio marito. Tutto questo categoricamente sui terreni dell’Agro Pontino o fra i campi del Tavoliere.
La ministra non ha minimamente riflettuto sulla dignità della donna, come se lei fosse una prescelta contro una popolazione femminile inferiore.
Non l’hanno neppure sfiorata le considerazioni che la donna possa decidere o no di procreare, che un figlio deve nascere dopo una profonda assunzione di responsabilità della coppia, che il grave e storico stato di crisi economica che attanaglia la nostra nazione, impedisce la costituzione di unioni stabili e, quindi, il progetto di espandere la famiglia. Questo senza considerare le difficili condizioni della donna nel mondo del lavoro. Preconcetti sessisti, difficoltà occupazionale, molestie sul luogo di lavoro, lettere di dimissioni in caso di gravidanza firmate all’atto dell’assunzione, sottrazione della cassa integrazione con la promessa di conservare il posto di lavoro, restituzione al datore e ai caporali di un’ampia porzione dell’importo dichiarato in busta paga. La Lorenzin non ha avuto nemmeno il dubbio che una donna possa essere sterile anche per tutti questi motivi e che ci sono ambiti territoriali nazionali dove l’elevato inquinamento favorisce una crescita esponenziale di tumori all’apparato riproduttivo.
Superato il primo momento d’ilarità, non può che esserci un profondo sconforto nel pensare che gli italiani siano considerati solo tessere di un mosaico fatto di numeri. Nessun sentimento. La totale mancanza di conoscenza delle realtà sociali.
Ancora una volta i politici italiani, sulla scorta dei loro colleghi europei, non hanno compreso che prima di lanciare una campagna come il #fertilityday è necessario porsi l’obbiettivo del #dignityday.