Il PD da partito di massa - dotato di una certa forza contrattuale - diventerà irrilevante e i sogni velleitari di D’Alema, Bersani e soci andranno a spiaggiarsi fino a morire di percentuali irrisorie
Diciamolo chiaro e tondo: il litigio nel cortile del PD ci interessa poco perché non è basato su motivazioni di carattere politico ma su manovre di carattere tattico.
Si tratta di una serie di pretesti, neanche troppo velati, escogitati ad arte da due fazioni che non si sopportano umanamente più che politicamente.
Da una parte c’è Renzi che in questi anni ha visto nel PD un fardello vissuto con fastidio che lo costringeva a delle liturgie frenanti.
Dall’altra c’è la cosiddetta minoranza che non ha mai elaborato il lutto di essersi vista soffiare sotto al naso il Partito proprio nel momento in cui, con Berlusconi fuori dai giochi, avrebbe avuto vita facile dovendosela vedere con quella che era definibile “la meteora grillina”.
Viste le premesse, è inutile mettersi a capire le ragioni di quella che con molta probabilità sarà la scissione meno politica mai consumatasi prima d’ora, eccezion fatta per il fu PDL la cui dissoluzione è da attribuirsi sia a fuoco amico di Fini contro Berlusconi sia a manovre non ben precisate ordite in ambienti molto alti della politica nazionale ed internazionale.
La scissione nel campo del centrodestra portò la componente finiana a sparire dai radar della politica finendo col disgregare definitivamente anche ciò che restò in piedi del PDL.
Siamo pronti a scommettere che anche in questo caso dall’odio non nascerà nulla di buono: il PD da partito di massa dotato di una certa forza contrattuale diventerà irrilevante e i sogni velleitari di D’Alema, Bersani e soci andranno a spiaggiarsi fino a morire di percentuali irrisorie.
L’Italia in questi anni ha subito una involuzione perché la semplificazione messa in campo con quella che Valter Veltroni definì efficacemente “vocazione maggioritaria” fece bene al Paese contribuendo quantomeno a determinare chiarezza: chi votava lo faceva consapevolmente potendo sapere in anticipo le forze in campo, le alleanze ed i candidati Premier.
Oggi invece si vorrebbe una legge elettorale proporzionale con la naturale conseguenza che nel campo del centrodestra ognuno coltivi il proprio orticello facendo pretattica e vedendo le elezioni come una conta, mentre nel centrosinistra, chi è stato messo ai margini (e quindi non sarà ricandidato) punta a fare un partitino per provare ad entrare in Parlamento.
Qual è il risultato per il Paese? Assisteremo, purtroppo per noi, a quelle scene pietose da Prima Repubblica in cui i Governi nascevano e morivano in Parlamento nell’arco di pochi mesi sorretti da maggioranze cangianti e da accordi precari.
Ciò contribuirà a deresponsabilizzare la politica perché a Governo retto da tutti corrisponderà responsabilità di nessuno in caso di fallimento.
In un mondo in cui resta chi ha un Governo forte e legittimato a prendere decisioni in fretta, in un mondo in cui la velocità è parte determinante per il successo delle scelte, ciò non potrà che penalizzare ulteriormente il nostro Paese.
I Cinquestelle ringraziano visto che, pur essendo dei ronzini alquanto litigiosi, al confronto appariranno un monolite zeppo di statisti.
Foto: La Stampa