Proviamo a capirci qualcosa in questa vicenda dove appalti miliardari (opportunamente direzionati) si mischiano a segreti d’ufficio (rivelati). Indovinate chi ne va di mezzo?
La Consip, meglio conosciuta come “centrale acquisti”, è uno strumento statale atto all’unificazione dei servizi per la gestione dell’approvvigionamento di beni e servizi delle amministrazioni statali, secondo gare di fornitura basate su prezzi di riferimento non superabili, denominati prezzi benchmark.
La Consip rientra nel Programma di Razionalizzazione della Spesa Pubblica.
La società è una notevole innovazione che permette rapidità e trasparenza nell’acquisizione di beni e servizi riducendone la spesa per l’abbattimento dei prezzi dovuto alla sommatoria delle richieste. Oltre la funzione primaria, Consip svolge altre attività incentrare sulla dismissione dei beni pubblici, sui controlli di congruità e sulle privatizzazioni delle partecipazioni statali.
Il sistema è un enorme contenitore dove la domanda e l’offerta s’incontrano per favorire la corretta spesa dello stato. Un evoluto strumento che, mentre fornisce un servizio alla pubblica amministrazione, favorisce la visibilità delle imprese e dei professionisti attraverso una grande vetrina espositiva.
Presentata così, la Consip sembrerebbe uno degli aspetti positivi della nazione, funzionale al tipo di gestione cui è sottoposta, tale da lasciare intuire un reale trend positivo del Paese. Ma, come in ogni servizio pubblico che si relazioni con il denaro, un beneficio qualitativamente elevato diviene, inevitabilmente, un enorme vaso di miele per gli orsi.
È così che la Consip, conosciuta e adottata quasi esclusivamente dagli addetti ai lavori, diventa nota al grande pubblico per il “caso Consip”. Un nuovo esempio di malaffare. Nonostante sia nata per permettere equilibrio e trasparenza nei rapporti fra imprenditoria e pubblica amministrazione, c’è chi ha individuato la possibilità di trarne vantaggi personali. Nello specifico, le figure che ruotano attorno agli ultimi due filoni d’inchiesta rivestono, in parte, ruoli istituzionali e questo non può che aumentare lo sdegno.
Come in un teorema matematico, concussione, corruzione e pubblica amministrazione si relazionano con eccessiva frequenza. Così è accaduto anche per la Consip.
È, ormai, una consuetudine che la magistratura sia impegnata sul fronte di una nuova inchiesta con oggetto gli appalti manipolati da soggetti impegnati in politica o nelle istituzioni.
Come in ogni indagine, però, i soggetti interessati sono presumibilmente colpevoli dei reati a loro imputati e pertanto bisognerà attendere l’esito delle indagini e l’eventuale processo, per trarre le dovute conclusioni.
I personaggi di questa vicenda sono: Tiziano Renzi - padre dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, Luca Lotti - Ministro dello Sport nell’attuale governo Gentiloni già Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all'Informazione, Comunicazione del Governo e all'Editoria nel precedente governo Renzi, Alfredo Romeo - noto imprenditore napoletano e finanziatore indiretto della campagna elettorale dell’ex premier attraverso la Fondazione Open, Luigi Marroni - dirigente della Consip, Marco Gasparri – funzionario Consip, Carlo Russo – imprenditore con funzione di tramite fra Alfredo Romeo e Tiziano Renzi, infine rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri.
L’impianto accusatorio si basa su pressioni esercitate da Alfredo Romeo finalizzate all’acquisizione di appalti miliardari per forniture e prestazioni d’opera presso la P.A. tramite l’aggiustamento delle procedure, con l’intermediazione di Tiziano Renzi e il supporto di un dirigente dell’ente, Marco Gasparri. Il tutto a fronte della promessa di cospicue elargizioni o in cambio di denaro in più tranche.
In seguito, si è avviato un nuovo troncone d’indagini a seguito della rivelazione di segreti d’ufficio proprio in merito all’inchiesta sulla Consip. Luca Lotti e due alti ufficiali dei Carabinieri sono sospettati di favoreggiamento e rivelazioni, per aver comunicato a Marroni che era in corso un’indagine sull’ente da lui diretto, tanto che questi fece bonificare gli uffici della società da tutti i mezzi atti alle intercettazioni ambientali e telefoniche.
L’inchiesta, partita dalla Procura di Napoli e condotta dal pubblico ministero Henry John Woodcock, nata per la sospetta collusione di Romeo con la Camorra campana, ha assunto maggiore concretezza a seguito della disponibilità di Marco Gasparri e Luigi Marroni a collaborare con gli inquirenti, rivelando loro dettagli indicativi cui si somma il contenuto d’intercettazioni telefoniche e ambientali.
Il magistrato Henry John Woodcock è noto ai più per le sue inchieste condotte in qualità di Sostituto Procuratore di Potenza, nelle quali erano imputati personaggi molto noti del mondo politico, dello spettacolo e dell’imprenditoria, indagati a vario titolo nelle inchieste denominate “Vallettopoli”, “Vallettopoli 2”, “Somaliagate”, “Vipgate”, “Tempa Rossa”.
Il suo nome è ritornato alla ribalta delle cronache, per la presunta rivelazione di segreti d’ufficio in suo possesso, sempre inerenti all’inchiesta Consip. Pare che il magistrato abbia trasmetto documenti riservati al direttore del “Fatto Quotidiano”, Marco Travaglio, tramite la sua compagna, Federica Sciarelli, conduttrice del programma televisivo "Chi l'ha visto?", anche lei oggetto d’indagine. Il giornale, infatti, ha pubblicato integralmente documenti riservati sino ad allora appartenenti al fascicolo in possesso di Woodcock.
Se è vero che chiunque è innocente sino a prova contraria, è pur vero che inchieste come quella a carico della Consip innescano il dubbio che, in Italia, i fenomeni di corruzione e concussione presso la pubblica amministrazione siano una prassi consolidata, tant’è che sono perenne oggetto di controllo e vigilanza.
Vorremmo illuderci sia solo un caso che gli attori dell’ennesima turbativa di un corposo appalto pubblico riguardi personaggi della politica, delle istituzioni e dell’imprenditoria rampante ma diventa davvero difficile immaginare, in alternativa, che un’inchiesta come il “caso Consip” sia solo un complotto ordito nei confronti del governo di turno o il frutto della fantasia.
Quella che sembra un’ipotesi attendibile è che per un illecito scoperto ce ne siano almeno dieci celati.
Che Tiziano Renzi sia o meno un faccendiere, che Luca Lotti interferisca o meno nelle procedure amministrative, che Alfredo Romeo sia o no un imprenditore disonesto e colluso con la Camorra, che Luigi Marroni e Marco Gasparri siano o meno funzionari integerrimi, che due ufficiali dell’Arma dei Carabinieri favoriscano o no gli interessi privati, che Henry John Woodcock e Federica Sciarelli rivelino o meno segreti d’ufficio a Marco Travaglio, l’unica constatazione certa è che i danneggiati da questo tourbillon di eventi sono costantemente i cittadini italiani.
Vicende come questa dimostrano come le istituzioni siano ostaggio d’interessi privati, attraverso oscuri alter ego che riescono ad imporre il loro controllo sull’attività amministrativa dello Stato.
In questa condizione, non vi sono auspici abbastanza validi da esprimere, salvo un serio e risolutivo cambiamento di rotta verso la giustizia e la legalità che, nello stato attuale, appare solo un recondito desiderio.