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Se le cose vanno in vacca

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

1
MAR
2018

Qui non è più un problema di schieramenti contrapposti o di ideologie (meglio definibili fottipopolo) o di voti dati agli sbarbatelli amici di Rousseau: è in ballo l’onore e l’indipendenza del nostro Popolo che non merita di fare la fine della Grecia

La politica è finita, andate in pace. Sembra di sentire queste parole nelle arringhe dei protagonisti di queste ultime noiosissime elezioni.
Una campagna elettorale senza temi veri ma imperniata su buriane prive di senso: in luogo di problemi importanti inerenti il funzionamento dello Stato, la lotta al debito pubblico, la competitività, la burocrazia, le infrastrutture, questa campagna elettorale è stata dominata dall’ipocrisia, dalla vacuità, dalle polemiche stucchevoli, dall’avanspettacolo ideologico.
La cosa peggiore? Probabilmente ciò che deprime di più è che la politica ha parlato del nulla (il fascismo, bella ciao, i Ministri pentastellati che dovevano essere presentati prima del voto, le finte contrapposizioni tra alleati) e la gente ha gradito polemizzando sul nulla, andando dove lorsignori volevano che andasse.
Basta guardare cosa dicono e scrivono le teste vuote sedicenti pensanti, quella folta categoria che va dagli opinion maker ai semplici cittadini che reputano di avere una coscienza civile: la politica ha parlato di fuffa per tanti interminabili mesi e loro si sono accalorati sulla fuffa bevendosi quella brodaglia di retorica storicistica come se l’attualità italiana viaggiasse con settant’anni di ritardo, come se i problemi nostri fossero quelle menate con cui hanno voluto che noi ci ubriacassimo.
Se poi domani, dopo il 4 marzo, le cose dovessero andare in vacca, siamo pronti a scommettere che quegli stessi pecoroni da campagna elettorale saranno i primi a lamentarsi.
In realtà i chiarimenti (i programmi, le ricette, le soluzioni, le priorità) si chiedono prima e non dopo perché altrimenti il famosissimo popolo, quello che - Costituzione alla mano - rivendica potere decisionale, si trasforma in gregge che va dove i cani pastore della Repubblica lo conducono onde poi belare inutilmente.
Sembra però che le belve di oltralpe, quelle burocrazie europee pronte a saltare sull’Italia per commissariarla, abbiano sentito odore di sangue e stiano tentando un accerchiamento.
Le troike a volte tornano e si insinuano soprattutto quando sono precedute da armi di “distrazione di massa” come le polemiche sterili da cortile della pseudopolitica: e lo schema è quello del 2011, anno in cui, un arrembante Giorgio Napolitano – forse travalicando le proprie prerogative costituzionali – esercitò grosse pressioni volte a turbare gli equilibri politici dell’Italia. Le euroburocrazie muovevano i fili da lontano convinte che il basista del Colle potesse fare un lavoro pulito. Convitato di pietra era lo spread, i cui effetti più o meno reali condizionarono non poco la vita democratica del nostro Paese fino a mutarne l’assetto.
Alla fine ci beccammo Mario Monti, quella riserva della Repubblica che regalò anni difficili ai cittadini e anni memorabili al sistema bancario. Ma noi eravamo troppo impegnati a parlare di Berlusconi, del bungabunga e del vattelappesca per guardare la realtà fattuale.
Nell’anno del Signore 2018 si ripete lo stesso schema. Ci pensa Jean-Claude Juncker ad aprire le danze: “Sono preoccupato – afferma il lussemburghese presidente della Commissione europea – per l’esito del voto in Italia. Dobbiamo prepararci allo scenario peggiore, quello di non avere un governo operativo”.
E, come se non bastasse, preannuncia “una forte reazione dei mercati nella seconda metà di marzo”.
Manco fosse un pizzino mandato agli operatori finanziari, lo spread tra Btp e Bund si è impennato passando da 132 al 137.
Poco prima, ma tu guarda il caso, era stato Giorgio Napolitano ad inaugurare lo schema ben noto dicendo che “Paolo Gentiloni è divenuto punto essenziale di riferimento per il futuro prossimo e non solo nel breve periodo della governabilità e della stabilità politica dell'Italia”.
L’ex Presidente della Repubblica ha poi lodato l’attitudine alla mediazione del Presidente Gentiloni aggiungendo che “in ciò è la chiave del ristabilimento da lui perseguito e realizzato di rapporti costruttivi e fecondi con gli alleati europei, della crescita di dignità e di influenza dell'Italia in tutte le sedi internazionali”. Gentiloni ha quindi “conquistato una limpida e piena fiducia tra gli italiani e nelle relazioni internazionali”.
Il tutto preceduto dall’endorsement di personalità molto ascoltate in sede europea come Emma Bonino e Romano Prodi.
Qualcuno pensa che tale manovra sia contro Matteo Renzi, uno schiaffo sferrato pubblicamente da quelli che contano volto ad indicare coram populo che Paolo Gentiloni è il vero leader del Partito Democratico riconosciuto dalle elite.
A noi sembra una cannonata di avvertimento al Popolo Italiano ma soprattutto alla politica nostrana: le cancellerie europee, i guardiani della BCE e gli sgherri della finanza ritengono che Gentiloni rappresenti la continuità, colui cioè che può tutelare al meglio i desiderata delle potenze straniere.
Il loro auspicio è che la politica italiana non faccia strappi e trovi il giusto equilibrio per eseguire autonomamente gli ordini: in caso contrario ci penserà sua maestà lo spread.
E la politica italiana come risponde? Con timidezza: quasi nessuno dei partiti più rappresentativi esclude il compromesso (tranne qualche frasetta di circostanza) o si scaglia contro le inaccettabili ingerenze straniere.
Sono lì annichiliti come il taglieggiato che diventa omertoso per paura e spera ardentemente che le forze dell’ordine (in questo caso l’elettore) comprendano ciò che sta accadendo trovando il coraggio che loro, vasi di coccio tra vasi di ferro, proprio non hanno.  Si sentono assediati ma non hanno il fegato di ammetterlo.
Qui non è più un problema di schieramenti contrapposti o di ideologie (meglio definibili fottipopolo) o di voti dati agli sbarbatelli amici di Rousseau: è in ballo l’onore e l’indipendenza del nostro Popolo che non merita di fare la fine della Grecia.
Che il coraggio e la consapevolezza ci assistano nella cabina elettorale.



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