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Il trattato di Caen/Una scelta discutibile

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

22
MAR
2018

Il 25 marzo entrerà in vigore un accordo con il quale verranno sottratti al Mare di Sardegna e al Mar Ligure alcune zone particolarmente pescose e il diritto di sfruttamento di un importante giacimento di idrocarburi

Il prossimo 25 marzo dovrebbe entrare in vigore il Trattato di Caen, firmato nel 2015 dal governo italiano dopo alcuni anni di trattative. Lo scopo è quello di aggiornare i confini delle acque territoriali alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982.
Di fatto, l’accordo prevede una sorta di scambio territoriale: l’Italia rinuncia a una piccola porzione di mare al largo della Liguria in cambio di una zona (alcune secche) tra Corsica, Capraia ed Elba.
La sottoscrizione di questo trattato è poco nota ai più ma ancor meno conosciute sono le conseguenze della revisione dei nostri confini marittimi, potenzialmente molto dannose all’economia del del Paese. Gli Italiani perdono, infatti, un tratto di mare molto pescoso - in cui è elevatissima la presenza del gambero rosso -, danneggiando significativamente l’industria ittica nazionale e rinunciano alla possibilità di sfruttare appieno un giacimento di idrocarburi individuato al largo della Sardegna. Il tutto a beneficio dei nostri cugini francesi.
Per un Paese importatore netto di risorse minerarie e il cui PIL è fortemente dipendente dal comparto marittimo, appare una scelta non molto lungimirante.
La Farnesia ha difeso il principio alla base dell’Accordo. Al di là di ogni merito, necessarie appaiono tuttavia due considerazioni. La prima: le decisioni relative alla cessione di porzioni di sovranità italiana meriterebbero una maggiore condivisione e informazione tra l’opino pubblica, anche per evitare facili ed inevitabili strumentalizzazioni. La seconda: il tema delle dispute sulle acquee internazionali e della cosiddetta “territorializzazione” dell’alto mare da parte degli Stati rivieraschi è di fondamentale importanza per l’Italia, tanto in termini di valorizzazione economica, quanto di protezione dallo sfruttamento eccessivo e indiscriminato. Definire prima possibile una una politica marittima nazionale potrebbe essere il primo passo per salvaguardare, sulla scena internazionale, gli interessi nazionali di un Paese così fortemente dipendente dal mare.



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