Nel variopinto mondo della sessualità virtuale sembra che si sia giunti a un punto di non ritorno: persino l’iscrizione a un sito di incontri potrebbero incastrare il potenziale adultero condannandolo alla tenebra eterna
La notizia si è diffusa con estrema rapidità: anche il tradimento virtuale è una manifestazione dell’infedeltà coniugale, sufficiente a provocare una sentenza di separazione con addebito per il cercatore di incontri sul web. Lo avrebbe stabilito la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 9384 del 16 aprile 2018. Al rimbalzo della news mi sono subito attivato per consultare il provvedimento, ma ne ho reperiti solo alcuni stralci, che però mi hanno immediatamente mostrato il profumo del proibito e confermato che la Corte deve essere composta da brave persone, che non navigherebbero mai su un sito internet piccante, alla ricerca di qualche diversivo.
Sembrerebbe infatti che i giudici abbiano ritenuto legittimo il comportamento di una moglie che abbandoni il tetto coniugale, dopo aver scoperto il marito a navigare sul web in cerca di relazioni con altre donne. Niente sconti insomma: per la Cassazione l’uomo avrebbe causato la separazione, andando a caccia di occasioni sul web, accarezzando immagini evocative, suoni, sospiri e forme situate oltre il limite del consentito, varcando i confini dell’infedeltà.
Nel variopinto mondo della sessualità virtuale sembra che si sia giunti così ad un punto di non ritorno: persino l’iscrizione ad un sito di incontri, magari fatta per sbirciare, o per provare ad immedesimarsi nelle sensazioni di un adulterio, potrebbero incastrare il colpevole, condannandolo alla tenebra eterna. Non deve dunque destare sorpresa la circostanza che avrebbe visto i destinatari degli strali giurisprudenziali trascorrere i giorni seguenti all’ordinanza in uno stato di preoccupata confusione.
Di colpo pare sia partita la corsa alla cancellazione di profili fake e alla ripulitura delle chat sui vari supporti, telefonini, pc, smartphone ed altre diavolerie assortite. Stimatissimi luminari hanno avvertito i rimorsi di coscienza per aver vestito i panni di “Paperino62”, mentre irreprensibili madri di famiglia, dedite allo studio dei testi new age e delle diete d’avanguardia, hanno tranquillamente continuato a spettegolare dei loro mariti e degli uomini in generale, superando a piè pari quelle forme di contrizione, proprie solo dell’altra metà del cielo, così sciocca quando si tratta di evitare rimpianti, o assumersi responsabilità.
Nel frattempo, incurante della Cassazione, la brama tecnologica si scatena: siti di dating, implementazione delle piattaforme social, catene virtuali, stanze e stanzini, sgabuzzini e antri oscuri. E’ tutto un ribollire di paradisi artificiali, di calori che corrono sul filo, tale da far letteralmente impazzire i maestri di etica, nei pomeriggi delle tv commerciali.
Informati del fatto, solo i più colti avranno sollevato lo sguardo verso lo strano caso del Dottor Jekyll, mentre i nostalgici della buona musica avranno fatto risuonare “The dark side of the moon”, magari “The great gig in the sky”, che secondo alcuni, con quel lunghissimo e carnale vocalizzo femminile, sarebbe la canzone più votata dalla rivista tal dei tali, come perfetta colonna sonora per accompagnare un rapporto sessuale.
Insomma, un guazzabuglio di pruriti, sogni, articoli del codice civile, innocenti (ma mica tanto), evasioni. Nulla può sfuggire al severo sguardo della legge, da oggi occorrerà tirare dritto ed evitare sapientemente i profili Tinder dei più aitanti esponenti dell’immaginario popolare. Bloccare l’ipotalamo diventerà oggetto di studi giovanili e le fidanzate più esigenti pretenderanno dai loro giovani amanti un controllo struggente del lobo encefalico destro. Si, forse qualcuno di noi si chiederà se stiamo legando l’emisfero giusto, ma in fondo, se da anni ci spostiamo, alla ricerca del punto G, senza esserne venuti a capo, sapremo pure accettare il rischio di smarrirci, tra i meandri dei neuroni più lussuriosi del circondario, tentando di ammutolirli, o no?