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LA TRAGEDIA DI TARANTO/LA STRAGE DEL POSSESSO

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

9
OTT
2018

È quella del narcisismo patologico, del rancore che si lava ancora con la morte, di culture patriarcali che non covano soltanto in contesti degradati


Uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: “Roba mia, vientene con me!”
(Giovanni Verga, "La roba", da Novelle rustincane)

Nella novella "La roba" di Giovanni Verga, l'arricchito proprietario terriero Mazzarò, nato miserabile contadino, sentendo l'ombra della morte calare sulla sua vita venne preso dalla furia e iniziò a uccidere le sue bestie. Erano roba sua, non dovevano sopravvivergli, erano cosa sua, dovevano seguire la sua sorte. Moriva lui, morivano anche loro.
I femminicidi in Italia proseguono senza soluzione di continuità, sono 70 dall'inizio di quest'anno. Il paragone con le bestie di Mazzarò non è azzardato. Eppure, nel 2018, un altro fenomeno persino più sconvolgente ha iniziato a manifestarsi con angosciante frequenza, e senza discriminanti di censo, cultura, età: l'assassinio dei figli, che, nella maggior parte dei casi si accompagna all'omicidio della madre e al suicidio del padre assassino. I figli diventano punizioni verso le donne, il principale bersaglio dell'odio, diventano oggetti senza diritti, "roba" da portare con sé nel proprio abisso.
Troppo spesso, colpevolmente, liquidati dalle cronache e dalle chiacchiere televisive o sui social network come atti di follia o raptus, nessuna di queste tragedia è in realtà avvenuta senza segnali di preavviso. Spazzando appena sopra la superficie dell'omertà e del pudore, emergono storie ricorrenti di abusi, le vittime, madri e figli, convivevano con la paura, avevano ingoiato lacrime e amarezze in silenzio, avevano sopportato malumori, aggressività, svalutazioni, offese, isolamento, avevano fatto i conti con l'angoscia e la vergogna, e avevano ricevuto purtroppo ascolto e aiuto inadeguati.
La rieducazione parte anche dalla parole: i figlicidi e i femminicidi che imperversano sulle cronache non sono generati da follia o raptus, si tratta di assassinii prevedibili, che potevano e dovevano essere evitati.
È una strage del possesso, del narcisismo patologico, del rancore che si lava ancora con la morte, di culture patriarcali che non covano soltanto in contesti degradati.
E allora, più che mai adesso che la mattanza sta colpendo anche i figli, dobbiamo tutti diventare orecchie, occhi e bocche non giudicanti. Dobbiamo diventare sponde. Sponde nella solitudine e nella paura. Sponde e ancore di salvataggio. Tutti possiamo e dobbiamo: amici, familiari, conoscenti, colleghi. Perché la legislazione esiste ma non è abbastanza efficace nell'immediato pericolo. E i servizi socio-assistenziali non sono finanziati in modo minimamente sufficiente. Dunque, ciò che si può fare dalla porta accanto è fondamentale, può salvare vite. Offrire ascolto mai giudicante, ospitalità temporanea, mettere a disposizione professionalità, o anche soltanto dei buoni contatti: tutto è importante.
E bisogna lottare, assieme alle associazioni e ai centri anti violenza, perché i governi di ogni colore lavorino sulla prevenzione e sull'emergenza.
Nella famiglie si parli di questi orrori non rimestando nel macabro con la conseguenza di assuefarsene, ma facendo educazione, a tavola come in auto, osservando i comportamenti senza occhi bonari, cercando di intervenire con amore e con fermezza. Incoraggiando l'autonomia di maschi e femmine, l'accettazione dei fallimenti come di fasi ineliminabili di qualsiasi vita che sia autentica, l'orrore per la violenza in qualunque forma, verbale, fisica, psicologica, stimolando un lavoro costante di miglioramento di sé, di superamento dei propri vizi e delle proprie fragilità se dannose per sé o per altri, ricorrendo ad aiuti specializzati, laddove possibile economicamente. Tutto ciò può essere determinante per evitare tragedie che, la cronaca insegna, non sono destinate a coinvolgere sempre e soltanto gli altri.
Non siamo anatre, tacchini, eppure lo diventiamo ogni giorno.
E oggi più che mai dobbiamo sentirci tutti responsabili, dobbiamo lottare, perché se la vita è il bene più prezioso, quella dei propri figli, degli innocenti, lo è ancora di più.

 



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