Nessun dubbio che CR7 sia il top in campo, ma fuori? A sentire la modella che l'accusa di stupro certamente no. E ora rischiano di saltare i maxi contratti pubblicitari
La legge è uguale per tutti, anche se sei Cristiano Ronaldo. Uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, il campione del momento. Ma anche uno dei “brand” economicamente più redditizi in assoluto: e se le sue gambe macinano punti in campionato, la sua immagine sposta capitali e capitali. Come è stato il suo acquisto per la Juventus: un vero affare che in pochi giorni ha fatto schizzare alle stelle il merchandising, registrare numeri da record nella campagna abbonamenti, fidelizzare nuove generazioni ai colori bianconeri.
CR7 è un’azienda individuale, oltre che un calciatore. Non solo un top player - il cui volto è, non a caso, il main sponsor della Nike quindi della più importante casa produttrice di software calcistici come la EA-Sport - ma anche un vero playboy. Un “sex symbol” per antomasia, come dimostrano anche i suoi muscoli che bene si prestano ai maxi cartelloni pubblicitari dell’intimo di qualità firmato Yamamay.
Insomma, Cristiano Ronaldo è sinonimo di forza, come anche di potere e globalizzazione. Tutti i presidenti farebbero pazzie pur di avere il pallone d’oro portoghese nella propria squadra (e questo basta chiederlo agli Agnelli di turno) così come, probabilmente, molte donne sarebbero disposte a fare qualsiasi follia pur di passare una sola notte brava con lui.
Molte, eccetto Katryn Mayorga. La giovane modella (l’ultima in ordine di tempo) che, con le sue accuse di stupro, sta procurando certamente non poche grane al calciatore juventino, danneggiando e compromettendo inevitabilmente – sempre se dovesse essere confermata la sua versione dei fatti – anche l’immagine e l’onore di Cristiano. Come uomo e come padre di famiglia.
In realtà - senza entrare nel merito e nei dettagli di cronaca del fatto incriminato - il “Ronaldo gate” sta dividendo anche in due la stessa opinione pubblica, composta da difensori senza se e senza ma del giocatore (legati con buone probabilità per lo più a simpatie bianconere) e paladini dell’etica e della morale umana (giustizialisti a prescindere, non solo nella politica). Perché sì, diciamolo, le piazze dove si celebrano i processi all’uomo ormai sono due: il foro giuridico competente e il solito, a esso complementare, circuito mediatico-giudiziario.
Sotto il primo aspetto, malgrado restino molti interrogativi sulla vicenda, su cui è proprio dovere della magistratura investita del caso indagare (come mai la modella rompe il patto di riservatezza firmato col giocatore in cambio del suo silenzio? perché dopo molti anni? e in ogni caso, c’è stata davvero violenza sessuale da parte del giocatore nei suoi confronti?), i rischi a cui va incontro lo stesso fuoriclasse portoghese sono notevoli.
La violenza sessuale è certamente un reato annoverato nella categoria dei delitti contro le libertà personali e pone in rilievo tutte quelle condotte che si pongono come offensive di un bene giuridico quale la propria libertà sessuale. In Italia, ad esempio, il codice penale punisce in maniera alquanto dura tale fattispecie delittuosa (violenza sessuale “per costrizione”) prevedendo la pena della reclusione da 5 a 10 anni verso chiunque, con violenza o minaccia o anche abuso di autorità, costringe un’altra persona a compiere o subire atti sessuali. Per cui, la condotta incriminata consiste necessariamente nel compimento di atti sessuali posti in essere in netto contrasto con la volontà della vittima. E, stando almeno alle accuse della modella, probabilmente proprio di questo dovrebbe trattarsi se per davvero CR7 ha abusato di parti intime della sua (passi il termine) vittima.
Ebbene, al di là del pettegolezzo, siamo comunque di fronte a una infelice vicenda che non solo sta rischiando di influire negativamente sul rendimento qualitativo del giocatore a livello calcistico, specie per via delle possibili ripercussioni psicologiche che il fango mediatico gli sta cagionando, ma che sta anche destando anche notevoli preoccupazioni in alcuni degli sponsor dello stesso: in primis la Nike, già in procinto di chiudere ogni rapporto e prendere le distanze dal suo testimonial. In Portogallo poi, e ancor più nella stessa Italia dove il giocatore presta servizio alle dipendenze bianconere, il misfatto sta nettamente spaccando l’opinione pubblica in due: da una parte il popolo giustizialista, dall’altra opinionisti influenti ed egregi direttori di quotidiani sportivi strenui avvocati difensori dello juventino.
Se però i processi vanno svolti nelle sedi giudiziarie opportune, calcisticamente e umanamente non restano invece che banali e genuine riflessioni da bar. E allora si può essere miti, modelli per tanti giovani, quindi campioni sul campo, e poi fare bravate di ogni tipo al di fuori del perimetro verde? La libertà, come la morale, è personale ma quando sei un pallone d’oro c’è un limite a ogni abuso.