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CRONACHE DI UN CONNESSO VIAGGIATORE/DI PADRE IN FIGLIO? E´ UNA MALEDIZIONE!

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

26
NOV
2018

Dura eh? Dura doversi portare addosso la tigna del papà. Difficile quando capita a te, che sui papà degli altri hai costruito castelli e fortune. Arduo giocare a fare il puro, in un paese immerso nei compromessi. Eppure c’è una corrente di pensiero che rifiuta tutto questo, ha il coraggio di sfidare l’impopolarità, dicendo cose scomode, difendendo persino il vicepremier, quando dichiara che il padre ha fatto degli errori, ma che lui chiede di non pagare per quegli errori. Io sono perfettamente d’accordo. Di Maio non poteva e non doveva rinunciare ai beni paterni, dare tutto ai poveri, iniziare da una grotta, a piedi nudi, come il beato Francesco. Il problema è che questo occorrerebbe farlo capire a quella folta schiera di forconi che frugano nelle pieghe della vita di ciascuno, per tirare fuori il vizio, il difetto, l’impurità. La politica nostrana è diventata questo, caro Di Maio. Qualsiasi processo di miglioramento si voglia portare avanti, a meno che non sia proposto dallo Spirito Santo, cammina sulle gambe degli uomini e tra gli uomini di santi non ce ne sono.
E’ questo che comincia a fare davvero paura ai catari: la perdita dell’innocenza, l’accettazione che gli avanzamenti democratici possano essere portati avanti da persone imperfette. Si sgretola il mito dei cavalieri senza macchia e senza peccato, si cominciano a poter vendere meno copie dei libri che santificano JFK, perché qualcuno comincia a ricordare che lui, beh… Marilina la trattava proprio male… e quanto a Jackie, beh, non è manco il caso di parlarne.
I padri e i figli sono dunque il tema di questa Italia, alla perenne ricerca di martiri, bisognosa di osannare l’invitto, il Cristo, l’uomo forte, perché non ce la si fa ad ammettere che siamo figli del nostro tempo, di una legge perfetta, ad imperfetta misura di un mondo imperfetto. Qualcuno ha detto: “non esistono azioni perfette, solo intenzioni perfette”. E dunque è così: è durissima. E’ duro provare a fare qualcosa, quando per essere ammirato per più di un minuto devi nasconderti, cancellarti, privarti dello stipendio, urlare a tutti che vivrai da povero in canna. Perché anche al Dibba stanno contando i ducati in tasca e non ce la si fa, non vi si può sfuggire, nemmeno se si viaggia, lontano dall’Italia. L’incubo del ritorno e della mesata da parlamentare è troppo forte. Le invidie? Un potente fluido che uccide. Il babbo di uno era un furfante, ma ancora attendiamo una condanna. Caos, fumo, fango, cenere e lapilli. Il papà dell’altro si arrangiava. Il figlio che dovrebbe fare? Da dove doveva provenire? Dalla luna? Di cosa doveva vivere quando era ancora ragazzo? Era bibitaro e non va bene. Era ricco? Allora, se lo fosse stato, avrebbe sicuramente rubato. Niente vizi, solo virtù. Con gli sbagli del papà di Di Maio non dovrebbe morire Di Maio, ma questa patetica, grottesca, incivile voglia di sangue, che mira ad uccidere, distruggere, calpestare qualsiasi forma di affermazione. Diceva frate Guglielmo che la differenza tra San Francesco e Dolcino era che l’uno bramava di vivere abbracciato a Madonna Povertà, mentre l’altro voleva massacrare tutti i ricchi. Diceva anche che l’unica cosa che gli faceva più paura della purezza era la fretta, anche se stiamo ancora qui, ad anni dal nome di quella rosa, a chiederci perché odiasse tanto proprio la fretta.
La verità è che noi questo paese non lo vogliamo governare, ma al massimo siamo disposti a lasciare che venga eternamente posseduto, purché il potente di turno, una volta divenuto tale, venga immediatamente abbattuto. E’ come nel Robin Hood di Superfantozzi. Il malnato… poverissimo, riceve un tesoro dal ladro gentiluomo. “Pina, siamo ricchi…”, e mentre lo grida… ritorna il manigoldo, gli sottrae il malloppo, perché lui “ruba ai ricchi, per dare ai poveri”. SUDARIO.

 



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