Dopo il mutamento dei termini per la legittima difesa, che dall’atto dell’approvazione definitiva del Senato sarà considerata “sempre” legittima per chi “compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica”, 70 deputati della Lega hanno depositato una proposta di legge per rendere più semplice l’acquisto e la detenzione delle armi. Se anche questa proposta diverrà legge, nonostante il parere sfavorevole degli alleati di governo pentastellati, sarà necessario affrontare alcuni aspetti pratici legati alla maggiore diffusione delle armi per difesa personale, con particolare riferimento a quelle da sparo. Partiamo dal presupposto che chi decida di detenere un’arma e voglia adoperarla, abbia una discreta conoscenza del suo funzionamento e, dopo aver svolto tutto l’iter amministrativo e averne sostenuto i costi, si appresti all’acquisto dell’arma da fuoco più maneggevole, la pistola. Una pistola semiautomatica o un revolver di media qualità, hanno un prezzo compreso fra 500 € e 1500 € e, intuendo facilmente lo spirito dei novelli giustizieri, non è difficile immaginare come questi prediligeranno grossi calibri, particolarmente emulativi, dall’effetto certo e devastante come i 38 special, 357 magnum, 44, 45, trascurando i piccoli calibri come il 22 che richiede precisione e abilità. L’interrogativo principale in questo contesto, è capire quanto gli aspiranti giustizieri abbiano compreso i reali effetti di uno scontro a fuoco con un malvivente quindi, anche a costo di essere rudi, ne elencheremo alcuni partendo dallo stato emotivo e suoi sviluppi pratici. Chi s’imbatte in un intruso che ha violato la propria abitazione o la propria attività, salvo che non sia dotato di un eccezionale self control, sarà assalito da un’infinità di emozioni e valutazioni contraddittorie che dovrà, inevitabilmente, superare per raggiungere l’armadio blindato. Questo, infatti, è necessario per evitare che qualcuno possa sottrarre l’arma o usarla indebitamente. Ipotizzando che il malvivente sia rimasto in paziente attesa della reazione, dopo averlo raggiunto, gli si punta l’arma e si spara. All’interno di un appartamento, uno sparo produce un rumore assordante ed è auspicabile che, decidendo davvero di sparare, si colpisca un oggetto che lo fermi perché un proiettile vagante è incredibilmente pericoloso e se l’ogiva non è stata realizzata in “piombo dolce”, potrebbe rimbalzare all’interno della stanza. Se l’aggredito riesce a colpire l’aggressore, deve sperare di non aver leso un punto vitale. Quindi, lo sparatore, dopo essersi assicurato che il malintenzionato sia divenuto innocuo, deve prontamente soccorrerlo per contenere i danni fisici e le conseguenze, mentre è necessario che lui allerti le Forze dell’Ordine e il 118. Da quel momento, gli attori della vicenda dovranno essere a completa disposizione dell’Autorità Giudiziaria per favorire le indagini che inizieranno in quella data, per concludersi alla fine del processo, sino all’ultimo grado di giudizio. Se, invece, l’intruso fosse stato colpito mortalmente, lo scenario cambierebbe radicalmente perché, qualunque siano le motivazioni, è necessario accertare la morte di un essere umano non sia stata un’esecuzione capitale. Oltre l’aspetto penale, ci sono profili etici e pratici. Tralasciando la cultura da serial polizieschi, un proiettile di grosso calibro sparato a breve distanza su un corpo umano, ha un’azione così devastante da causare conseguenze difficili da scordare per il resto della vita. I luoghi, inoltre, devono restare immutati per alcune ore, forse giorni e per riportarli a una condizione vivibile, è necessario essere davvero molto forti. Qualunque siano i sostegni economici previsti dalla riforma per la difesa dell’imputato di eccesso colposo o doloso, l’autore di un omicidio deve affrontare un processo, lungo e molto costoso che, a differenza di quanto dichiarino i fautori del cambiamento, può concludersi con la condanna dell’omicida. Sino a prova contraria l’uso del cervello è ancora l’arma più potente in assoluto.