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Alba Rossa

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

25
MAG
2012

 

Analisi (ragionata) dei risultati elettorali tarantini e martinesi
 
 
Se questa tornata fosse stata narrata in un romanzo, questo si sarebbe concluso nel modo più banale possibile. Il che sarebbe un guaio per l’immaginario autore del libro, ma non ha alcuna accezione negativa per realtà. Dico solo che il finale è stato banale perché già prima che iniziasse la campagna elettorale in molti immaginavano questo risultato. Non c’è stato, in breve, alcun colpo di scena, ma, ripeto, ciò non è assolutamente negativo.
A Taranto Ippazio Stefàno ha battuto Mario Cito 70 (%) a 30. Ma quella del ballottaggio, in fin dei conti, è stata solamente una formalità. Stefàno già al primo turno aveva catalizzato un ampio consenso. La vera sorpresa è stato vedere Cito al ballottaggio, ma che non sarebbe diventato sindaco lo si immaginava.
Cosa ha portato i tarantini a scegliere ancora una volta il pediatra di Casarano piuttosto che l’erede del Re Leone? Sicuramente il fatto che Stefàno abbia già governato per cinque anni e abbia presentato ai cittadini qualcosa di concreto è stato determinante. A Taranto la protesta, quindi, non ha preso la forma del voto, altrimenti lo scenario sarebbe stato ovviamente diverso (la protesta avrebbe dovuto colpire lo stesso Stefàno), ma si è concretizzata con l’alto tasso di astensione, che per il ballottaggio è stato del 56,79: un record a dir poco spaventevole. Dire, quindi, che Stefàno rappresenti la maggioranza dei tarantini è quasi voler usare un eufemismo al rialzo. Ad ogni modo, dei trentadue seggi, ventuno saranno occupati dalla maggioranza e saranno così spartiti: sette al PD, cinque a SDS, due a SEL, due all’UDC, due al rinato PSI, uno ad Ambiente e Lavoro (lista civica il quale nome suona un po’ come paradosso, considerando che si tratta di Taranto), uno ad ApI e un altro all’IdV. La lista AT6-Lega d’Azione Meridionale ne conquista solo cinque e i candidati sindaci non eletti che andranno al consiglio, oltre a Mario Cito, sono Angelo Bonelli (Verdi), Filippo Condemi (PdL) e Dante Capriulo (PRC).
A Martina Franca, il duello Ancona versus Marraffa è stato più combattuto e di certo le dinamiche che lo hanno caratterizzato sono più complesse. C’era da considerare la tendenza moderata della città di Martina Franca e non credo sia un caso che il centrosinistra, negli ultimi vent’anni, abbia vinto solo ai ballottaggi: sintomo che i martinesi ci pensano due volte prima di scegliere la rive gauche. Ed è forse per Martina, più che per Taranto, che si può parlare davvero di voto di protesta nei confronti del governo precedente: Franco Ancona (eletto col 68, 55%) è il primo sindaco a essere di estrazione più genuinamente di sinistra, rispetto a Margiotta, Zizzi e Bruno, più aderenti al centrosinistra. Michele Marraffa si attesta al 31,44 % e siederà in consiglio con quattro dei suoi. L’altro candidato sindaco eletto consigliere è il centrista Michele Muschio Schiavone.
A Martina Franca, benché l’affluenza sia stata minore rispetto al primo turno, il dato dell’astensionismo non raggiunge comunque i livelli allarmanti toccati a Taranto. E dico allarmanti perché una città che non vota è una città che si lascia andare, come un uomo che, pur ammalato, preferisce far sì che il male faccia il suo corso piuttosto che lottare per sopravvivere. Non vale la scusa del «tanto sono tutti uguali – tanto non cambia niente». Rinunciare a votare significa rinunciare a far valere la propria volontà di cittadino e di politico. Perché ognuno di noi può e deve fare politica: è nella natura umana fare politica e il non votare non ci dà nemmeno il diritto di lamentarci quando le amministrazioni sbagliano.
Gli astensionisti sono come gli ignavi che Dante pone nell’Antinferno, essendo indegni della beatitudine del Paradiso come delle pene dell’Inferno. Coloro che non scelsero né l’infamia né la lode. Coloro che non si vollero schierare né con Dio né con Lucifero. Ricordate cosa Dante fa dire al suo Virgilio, a proposito di questi ignavi?
“Questi non hanno speranza di morte,/e la lor cieca vita è tanto bassa,/che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte./ Fama di loro il mondo esser non lassa;/ misericordia e giustizia li sdegna:/ non ragioniam di lor, ma guarda e passa."
 


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