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Città in transizione/No al petrolio

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

6
DIC
2013
Per combattere lo sfruttamento ambientale cominciano a emergere interessanti esperimenti di piani energetici decrescenti. Nei giorni scorsi si è tenuto a Lecce un incontro per approfondire queste tematiche e “declinarle” su scala locale
 
 
E’ ormai noto a tutti che le condizioni “di salute” dell’ambiente in cui viviamo sono sempre più precarie e delicate, ciononostante risulta purtroppo ancora difficile attuare misure in grado di arginare questo stato di cose. Soprattutto perché si fatica a diffondere la conoscenza di alcune buone prassi presenti su base locale, in varie aree del mondo, quasi ci fosse una sorta  di resistenza mentale, di “barriera” nei confronti di tali realtà emergenti. In quest’ottica è particolarmente significativa l’esperienza delle Transition Towns e di associazioni quali il Formicaio, che ha organizzato proprio nei giorni scorsi a Lecce un’iniziativa a tema, di cui ci parla Federica Ferri, una delle organizzatrici.
 
Cosa sono le “Città di transizione”?
«Le città di transizione sono un movimento fondato in Irlanda e in Inghilterra dall’economista Rob Hopkins negli anni 2005 e 2006. L’obiettivo del progetto è di preparare la società a affrontare le sfide del riscaldamento globale del picco del petrolio.
La Transizione è un movimento culturale impegnato nel traghettare la nostra società industrializzata, dall’attuale modello economico profondamente basato su una vasta disponibilità di petrolio a basso costo e sulla logica di consumo eccessivo delle risorse, a un nuovo modello sostenibile non dipendente dal petrolio e caratterizzato da un alto livello di resilienza.
Le “Transition Towns”  sono quindi città e comunità che sulla spinta dei propri cittadini decidono di prendere la via della transizione, elaborando un piano energetico decrescente, un nuovo rapporto con la produzione alimentare (che diventa auto-produzione ), con la mobilità urbana, l’educazione, la finanza, la moneta.
Il movimento è attualmente in rapida crescita e conta centinaia di comunità affiliate in diversi paesi. Tutto comincia con un piccolo gruppo di persone motivate appartenenti alla stessa comunità che si riuniscono per condividere la stessa preoccupazione: come può la nostra comunità rispondere ai rischi e alle opportunità che ci si presentano a causa del picco del petrolio e del Cambiamento climatico? Così cominciano formando un Gruppo Iniziale o Gruppo Guida e adottando il modello filosofico e operativo della Transizione con l’intenzione di coinvolgere un numero significante di persone all’interno della comunità e far nascere una Iniziativa di Transizione.
Il tutto si concretizza nella produzione di un vasto numero di progetti coordinati che abbracciano tutte le aree e gli ambiti della vita della comunità».
 
Quali progetti attuano le città che decidono di aderire all’iniziativa?
«Rispondere a questa domanda non è per niente facile, perchè il Movimento delle Città di Transizione è un movimento fluido, solo con dei principi guida, per cui ogni comunità attua i progetti più diversi per far fronte al picco del petrolio e ai cambiamenti climatici. C’è anche molta differenza tra le città inglesi e quelle italiane. A Totnes, tra le tante cose,  per esempio c’è il Totnes Pound, una moneta alternativa utilizzata dagli abitanti per riqualificare l’economia locale. In Italia questo è vietato dalla legge, per cui l'associazione “Arcipelago Scec” si è inventata lo Scec, che non è proprio un’altra moneta, ma un buono sconto su un pagamento che si effettua in euro. I progetti più comuni sono gli orti urbani, piani energetici decrescenti, basati sulle energie rinnovabili, corsi informativi di permacultura, le transition street, progetti basati su scambi di doni e baratto. A Totnes c’è anche un furgone dal nome Bob guidato dai volontari che gira per il paese facendo ridurre il numero delle macchine».
 
In Italia e in Puglia ci sono città che hanno aderito all’iniziativa?
«In Italia il movimento è presente in circa 30 città. La capofila è Monteveglio, ma ci sono altre città attivissime come Biella, San Lazzaro. In Puglia ancor non ci sono città in Transizione, ma ci sono gruppi di persone che in molte città hanno avuto i primi contatti con il movimento italiano al fine di creare un gruppo in Transizione. E Lecce è tra queste».
 
Come si è svolto l’evento del 30 novembre scorso?
«Il Formicaio- Educazione Ambientale (www.ilformicaio.eu) pensa che Lecce offra un ricco potenziale (in quanto a esperienze pregresse e a numero di associazioni impegnate per l'ambiente) che possa costituire un trampolino di lancio per delle iniziative che, partendo dalla riflessione sulla decrescita, sulla resilienza e sulla permacultura, tessano un rapporto diverso tra i cittadini (in cui a dominare siano principi di solidarietà e reciprocità) e tra cittadini e ambiente.                                                     
Da queste considerazioni è nata l’idea di organizzare l'incontro con Massimiliano Rupalti, facilitatore del Nodo Italiano delle Città di Transizione, con l’obiettivo di conoscere meglio cos'è la Transizione, come si attua e quali sono i progetti che applicano le città che decidono di intraprendere questa strada, al fine di replicarli, al fine di imparare da chi ama il nostro pianeta ogni giorno. L’incontro è stato realizzato al circolo Arci Spazio Sociale Zei, con un Budget Partecipato. Abbiamo fatto una lista delle spese (compenso e viaggio del relatore, materiali, ecc..) e la abbiamo divisa per tutti i partecipanti.      
Ci sono stati 30 iscritti e la giornata di sabato è iniziata con Massimiliano Rupalti che ci ha spiegato a cosa stiamo andando incontro in termini di cambiamenti climatici e picco del petrolio, ma anche picco dei metalli, del carbone, dell’acqua pulita, e addirittura della salute. Ci ha spiegato utilizzando molti studi e grafici realizzati da economisti, geologi, e climatologi che probabilmente nel giro di pochi anni, anche se nessuno sa esattamente fra quanto, assisteremo ad un calo della produzione mondiale che può andare dal 2% al 10%, causando molti disagi. E nella seconda parte della mattina ci ha spiegato come creare delle comunità resilienti, cioè che si preparano nel migliore dei modi ad affrontare questo cambiamento.
Speriamo che i partecipanti abbiamo voglia di continuare il percorso creando il movimento “Lecce in Transizione».   
 


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