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Dialetti/Non chiamateli lingue morte

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

24
GEN
2014
Un incontro su un aspetto della cultura locale. Protagonisti, due grandi della martinesità, Benvenuto Messia e Giuseppe Marangi
 “Salva il tuo dialetto, prima che scompaia”. E’ questo l’appello lanciato dall’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia in occasione della giornata nazionale dei dialetti e delle lingue locali indetta per lo scorso 17 gennaio, manifestazione di ampio respiro nazionale giunta alla seconda edizione, che ha visto per il secondo anno consecutivo l’adesione all’iniziativa delle varie Pro Loco sparse sul territorio italiano, impegnate da sempre in attività di recupero, tutela e valorizzazione di saperi e tradizioni autoctone e popolaresche, le quali corrono il concreto rischio di scomparire.
L’iniziativa - la cui realizzazione è stata resa possibile grazie al prof. Antonio Scialpi - ha fatto vedere quanto gli organi competenti della città della Valle d’Itria siano sensibili a problematiche socio-culturali, dall’ampia portata nazionale e non strettamente regionale, riguardanti la salvaguardia di patrimoni tradizionali che, nell’era della globalizzazione e della massificazione, rischiano di prendere la via della definitiva estinzione.
L’incontro, tenutosi venerdì 17 gennaio nella sala del consiglio comunale del Palazzo Ducale, ha visto la partecipazione di alcuni dei principali testimoni e interpreti della più pura e incontaminata martinesità nel corso del suo processo evolutivo dal ventesimo secolo fino ai giorni nostri.
Relatore e vero protagonista della serata è stato il venerando e apprezzato cittadino martinese Giuseppe Gaetano Marangi, autentico forziere di segreti e di antiche tradizioni, che ha parlato del suo spiccato interesse per credenze popolari  - ormai in via di estinzione - e per la parlata dei martinesi. Insieme col fotografo Benvenuto Messia, altro caposaldo della cultura martinese, e con un’altra personalità del territorio, da tempo impegnata in attività di recupero di secolari tradizioni, quale Nico Blasi, l’avvocato Marangi, al cospetto della sua lunga esperienza di vita cittadina, ha trattato l’evoluzione del dialetto di Martina nel corso dei secoli, illustrandone i caratteri peculiari e distintivi rispetto ai dialetti dei paesi limitrofi.
Significato profondo dell’iniziativa che è inoltre emerso dalle nostalgiche parole delle persone intervenute durante l’incontro è quello di sensibilizzare gli animi ad aprirsi verso una problematica che rischia di compromettere un patrimonio etnico-culturale, figlio di un processo di evoluzione linguistica durato secoli: tenere ancora in vita nei nostri giorni la colorita parlata martinese è fondamentale per non far dimenticare a noi tutti il comune senso di appartenenza a una comunità dalle affascinanti radici storiche e culturali.
E’ sorprendente quanto l’espressività, la musicalità, ma soprattutto l’immediatezza del messaggio e l’impatto emotivo sugli interlocutori all’interno di un discorso in gergo dialettale, possano esprimere al meglio l’autentica essenza di un individuo e il pensiero che intende esplicare, sempre nella cornice di una determinata realtà territoriale. L’efficacia del dialetto, in talune circostanze, avrà sempre un grado di risonanza emotiva in più rispetto alla lingua ufficiale, forte dei suoi registro linguistico e particolarità fonetiche inconfondibili ed uniche.
La trattazione dell’argomento ha fatto emergere, quindi, tra le altre cose, la tendenziale volontà di attribuire al dialetto, già da tempi relativamente recenti, un valore inestimabile da quando si è raggiunta la piena consapevolezza della predominanza della lingua nazionale sulle parlate regionali e locali. Affinché i dialetti non scompaiano, diventando, quindi, “lingue morte”, si sta tentando di studiare e recuperare il significato storico e il senso culturale sottesi alle diverse parlate locali, anche in chiave di un recupero delle radici e dell’identità propri di un territorio.
Il martinese, così come tutti gli altri dialetti e lingue locali, deve scampare alla sopraffazione dell’epoca globalizzata e sopravvivere ai marcati processi di cambio generazionale, essendo un bagaglio di saggezza e un patrimonio culturale di straordinaria bellezza e unicità.
 


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