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LIBRI/ VENDITORI DI FUMO

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

28
NOV
2014
Presentato nella biblioteca civica di Statte, il nuovo saggio di Giuliano Pavone ha ottenuto subito un grande riscontro, portando a galla un fenomeno che negli ultimi due anni sembra essersi eclissato e rendendo pubblica la vicenda di Taranto all’Italia intera.
 
 
Dopo “L’eroe dei due mari” (da cui è stata tratta anche una graphicnovel) e “13 sotto il lenzuolo”, lo scrittore Giuliano Pavone ritorna con un nuovo libro. Stavolta, però, si tratta di un saggio incentrato su Taranto e sul caso Ilva.
“Venditori di fumo. Quello che gli italiani devono sapere sull’Ilva e su Taranto”, pubblicato da Barney edizioni, è un’incalzante inchiesta su tutto ciò che è accaduto alla nostra città, dalla gloria degli anni Settanta – quando la sua spiccata identità industriale rappresentava ancora un forte pregio per il Mezzogiorno – al degrado degli ultimi anni.
Se vi aspettate il classico saggio sulle problematiche che il colosso siderurgico ha portato alla nostra città, tuttavia, sono pronta a farvi ricredere.
Anzitutto perché, nonostante non si tratti di un romanzo, Giuliano Pavone non rinuncia a quel pizzico di narrativa che rende il libro piacevole, scorrevole e soprattutto “vivo”. L’incipit di ogni capitolo è un racconto narrato in prima persona dall’autore, da chi Taranto la conosce e la ama davvero. La sua prosa si arricchisce di emozioni e di sensazioni provate sulla sua stessa pelle e trasmesse con incanto e abilità ai lettori. Non sono i numeri e i dati che interessano all’autore, quanto far conoscere realmente la città di Taranto.
Infatti, come afferma lui stesso, a differenza dei libri sullo stesso argomento usciti fino a un paio di anni fa – quando l’Ilva era un tormentone di cui nessuno si esimeva dal parlare –, pubblicati tutti da case editrici locali e rivolti in gran parte ai tarantini stessi, “Venditori di fumo” è rivolto a chi Taranto non la vive personalmente e a chi dell’Ilva ha sentito parlare soltanto al telegiornale.
«Se a Milano nomini l’Ilva, ti senti chiedere: “Aspetta, l’Ilva qual è? Quella di Taranto?”, a dimostrazione del fatto che mentre i tarantini vivono il disagio sulla propria pelle costantemente da altre parti d’ Italia il problema sembra avere un peso marginale. È a loro che è destinato il mio libro, a tutti coloro i quali ignorano cos’è Taranto e cos’è l’Ilva».
Taranto “e” Ilva, dunque. Congiunzione e non verbo, la distinzione è d’obbligo. Perché spesso questo concetto non è chiaro e si tende a dare della città jonica soltanto l’immagine dell’industria e dell’inquinamento a essa dovuto; e forse la colpa è anche (o soprattutto) nostra, che non ci lasciamo mai sfuggire l’occasione di parlar male della nostra città, salvo poi difenderla con le unghie e con i denti quando sentiamo le stesse frasi sulla bocca di qualcun altro. 
Taranto è l’industria, manon solo. È quell’isola con palazzi vecchissimi, dentro i quali si cela sempre qualcos’altro; quegli edifici appartenuti a nobili del passato che ora appaiono decadenti; è quel borgo pettinato da strade “dritte eppure storte”, come recita il testo; è il mare, il cibo; è la gestualità dei suoi abitanti, quel modo di parlare e di dare significato alle parole più impensabili; è cultura e arte; è altro. 
È tutto ciò di cui non si parla mai, perché viene offuscato da quel “fumo venduto” che dà il titolo al libro.
«L’espressione “vendere fumo” è stata utilizzata proprio da due membri della famiglia Riva nel corso di una telefonata che è stata intercettata. Ma il suo significato, in questo caso, è duplice: se da un lato si riferisce alle innegabili emissioni nocive della fabbrica, e a quel fumo nero che aleggia come una nuvola fantozziana sull’intero stabilimento, dall’altra si riferisce alla disinformazione che impera intorno al fenomeno. La realtà viene troppo spesso occultata dai media e l’omertà della gente non fa che alimentare questo circolo vizioso».
“Venditori di fumo” è un libro che tutti dovrebbero leggere, perché rispecchia appieno la realtà che vive l’Italia intera e non solo Taranto. Da queste pagine, in cui non manca un pizzico di humour che da sempre contraddistingue Giuliano Pavone, si evince qualcosa che va oltre il problema salute e lavoro, il dualismo a cui spesso, troppo spesso, si fa ricorso sminuendo l’immenso corollario di situazioni e di problematiche che invece andrebbero sviscerate.
«Si sente parlare sempre di salute o lavoro, come se si potesse scegliere fra le due cose. Si riduce tutto a queste due fazioni, pretendendo che venga data priorità all’una o all’altra. Ciò che invece si ignora, o si finge di ignorare, è che le stiamo perdendo entrambe».
Il saggio, in libreria da pochi giorni, ha già ottenuto un riscontro molto positivo e da parte nostra non si può sperare che serva a far comprendere nella sua interezza la situazione vissuta dai tarantini e a smuovere ulteriormente quelle acque che negli ultimi tempi si sono arrestate, coprendo la vicenda con una patina di oblio e di triste rassegnazione.
 


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