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La Memoria dei Vinti - Dieci storie di resilienza a cavallo delle due Guerre Mondiali

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

22
MAG
2015

Sarà presentato lunedì 25 maggio alle ore 17:30, nella sala Cestino V del Castello Aragonese di Taranto (per gentile concessione della Marina Militare) il libro “La Memoria dei Vinti” scritto dalla giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno Maristella Massari e pubblicato da Mandese Editore.

All’evento, che sarà introdotto dall’Ammiraglio di Squadra Ermenegildo Ugazzi Comandante di Marina Sud e sarà moderato dalla dottoressa Ornella Sapio, direttore dell’Archivio di Stato di Taranto, interverrà l’Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, già capo di stato maggiore della Difesa.

Nel corso della presentazione, l’attore Giovanni Guarino del Crest interpreterà alcuni brani significativi del libro, accompagnato da un arrangiamento archi e chitarra acustica preparato esclusivamente per “La Memoria dei Vinti” dal maestro Egidio Maggio.

L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio morale della Marina Militare.

 

"La Memoria dei Vinti" è una raccolta di 10 storie di resilienza, una finestra aperta su uno dei periodi più dolorosi del nostro Paese. Il libro è un cammino che, passando per le due Guerre Mondiali, conduce fino alla liberazione d’Italia. La storia di quegli anni è filtrata attraverso i ricordi degli ultimi: soldati, carabinieri e marinai che, graziati da un destino capriccioso e alla fine benevolo, portarono a casa la pelle  a prezzo di enormi sacrifici. Spesso ad un passo dalla morte, molti di loro per anni hanno tenuto nascoste le vicende personali nel tentativo di cancellare per sempre dalla memoria la tragedia della guerra. Non furono semplici osservatori, ma diventarono - loro malgrado - protagonisti  "dal basso" della grande storia. C’è Vincenzo, il fante ragazzino spedito al fronte nel 1915 sulle Alpi Giulie da Fragagnano. Non aveva mai visto la neve e si salvò dalla tragedia di Caporetto perché finì per essere sepolto vivo sotto i corpi dei suoi compagni morti. Gli austriaci credendolo cadavere lo lasciarono lì. Solo dopo molte ore potè liberarsi da quella tomba che gli aveva regalato per la seconda volta la vita. C’è Giovanni, il carabiniere di San Donato scampato miracolosamente alle decimazioni tedesche l’8 settembre del 1943 nelle campagne della Jugoslavia. C’è Michele, silurista del sommergibile Uarsciek salvato dalla giacca del suo nobile comandante. E poi ci sono i racconti della prigionia, gli stenti, la fame. Una fame nera, terribile che rendeva appetitose anche le bucce di patata.

Il libro racchiude dieci testimonianze di rocambolesca sopravvivenza alla guerra, dieci esperienze di pazzesco e folle attaccamento alla vita.  Sono le storie che da bambini ascoltavamo sulle ginocchia dei nostri nonni. I racconti nascono da una serie di interviste realizzate dall’autrice in venti anni di professione giornalistica. La prima, quella al fante di Fragagnano scampato alla morte nella Prima Guerra Mondiale, risale al 1996.

 La raccolta è il tentativo di cristallizzare alcuni momenti significativi delle due guerre, dalla battaglia di Caporetto fino alla Liberazione, per consegnare ai nostri figli una memoria che il tempo inevitabilmente rischia di spazzare via. La memoria dei vinti è quello che resta all’Italia di tanti ragazzi mandati a morire per costruire un Paese migliore. Migliaia di loro furono sterminati. Un grosso bagaglio  di sogni e di speranze  fu sepolto per sempre assieme a quei morti, con l'auspicio di regalare agli italiani un futuro di pace. Ma questo quei soldati, spesso ragazzini e completamente impreparati al rigore della guerra, non potevano saperlo.

Ci sono state generazioni decimate dalla ferocia delle battaglie a terra, in cielo, sul mare. Fu un sacrificio al buio, il loro, che portò faticosamente e dolorosamente l’Italia sul cammino della democrazia. La guerra aveva lasciato macerie, dolore ma, come ogni evento traumatico, come ogni crisi, aveva offerto a quella generazione anche una grande opportunità. Aveva seminato la capacità di guardare lontano. Di spingere la notte più in là per metabolizzare il lutto e ripartire da quelle cicatrici.

Chi sopravvisse a quegli eventi subì uno choc positivo. Ne uscì «foolish and hungry», come avrebbe detto settant’anni più tardi Steve Jobs ai suoi ragazzi. Folle e affamato. Nella generazione dei sopravvissuti  si innescò un percorso vitale di resilienza. Come per certi metalli, molti dei reduci riuscirono a conservare la loro struttura, nonostante una forza deformante come l’urto della guerra avesse cercato di piegarli. Assorbirono quell’energia e ne fecero tesoro. Chi uscì dal tunnel di un simile abominio, lo fece a prezzo di sacrifici fisici e morali immani, incommensurabili. Chi fu sfiorato dalla mano della morte, per il resto della sua esistenza, fu attratto in maniera ipnotica dalla vita. Non perse mai la voglia di imparare, la curiosità di scoprire, l’ambizione di fare. Non smise mai di essere folle, di scommettere sul lavoro delle proprie braccia, sull’impegno, sulla fatica. La generazione del «day after» fu pronta a rimettersi in gioco per imparare ancora e ancora. Sapeva di non sapere. Questa fu la spinta." 



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