In pochi si sono soffermati sulla storia dei bambini abbandonati nel diciottesimo secolo nelle ruote dei conventi prima e presso i brefotrofi poi. Alessandra Ortuglio l’ha fatto e ne ha scritto un libro
Quale tarantino almeno per sentito dire non ricorda il brefotrofio Frisini, che accoglieva e allevava i neonati illegittimi, abbandonati o in pericolo di abbandono, diventato in seguito sede del liceo Ferraris e ora lasciato a sé stesso. C’è una persona che ha scritto un libro sull’argomento, Alessandra Ortuglio giornalista e scrittrice tarantina, laureata in “Scienze della Comunicazione” e in “Informazione e Sistemi Editoriali”, entrambe con lode presso l’università di Bari. Alessandra ha scritto “I figli di nessuno. Giornali, opinione pubblica e società nella Taranto Ottocentesca” edito da Edit@. Il titolo del libro si riferisce a come venivano chiamati i bambini abbandonati nell’Ottocento. Vari i soprannomi utilizzati: “I figli della Ruota”, “I nati abbandonati”, “I figli di nessuno”. Quest’ultimo è quello che più l’ha colpita nei suoi anni di studio poiché indicava precisamente lo status di queste creature di cui le famiglie non intendevano assumersene il peso per vari motivi che si ritrovano nel libro.
Alessandra cosa ti ha portato a scrivere questo libro? Qualcuno ha mai parlato dell’argomento prima?
‹‹L’idea di scrivere questo libro è nata nel 2008 quando avevo appena terminato il primo anno universitario. Precisamente quando frequentavo i corsi di “Storia Moderna”, “Demografia storica e sociale” e “Storia dell’opinione pubblica” . Ho sempre studiato da testi monografici di ricercatori che avevano analizzato il fenomeno dell’abbandono durante l’Ottocento nell’area del barese. A quel punto mi sono detta: “Ma esiste un testo che analizza questo triste e importante fenomeno nella città di Taranto? Io sono tarantina e voglio sapere”. Non volevo solo conoscere il fenomeno generale dell’abbandono in Italia o di città come Roma, Firenze, Pisa o Bari. Volevo andare oltre e scoprire. Così ho fatto e ho scoperto che a Taranto nessuno aveva mai fatto una ricerca simile. Pertanto nel 2012 ho deciso di scrivere e indossare i panni di ricercatrice che tanto mi piacciono. Per un lungo anno sono stata nell’Archivio storico del comune di Taranto, nell’emeroteca della biblioteca di Taranto “Pietro Accalvio” e nella biblioteca Nazionale di Roma per rinvenire tutte le fonti originali. Con una meticolosa quanto difficile ricerca storica, è stato possibile scoprire il modo in cui la città di Taranto affrontò il fenomeno dell’abbandono degli infanti e come, alla fine dell’Ottocento, venne istituito il brefotrofio (struttura che accoglie i neonati illegittimi abbandonati) Frisini al posto delle “ruote” (strutture dotate di un meccanismo girevole diviso in due parti dentro il quale era possibile lasciare il neonato senza farsi scorgere dall’interno)››.
E’ il primo libro che scrivi?
‹‹Questo è il primo libro che pubblico ma in realtà è il secondo che scrivo. Ho un altro lavoro già pronto da anni ma spesso scrivo e “metto nel cassetto”. Forse un giorno pubblicherò anche quello e tanti altri che per il momento ho solo nella mia testa››.
A chi è rivolto principalmente il libro, cosa vuoi esprimere?
‹‹Con questo testo vorrei trasmettere l’importanza della storia. È importante conoscere le proprie radici. Nasce come testo scientifico, quindi principalmente per studenti universitari. Ragion per cui verrà depositato in numerosi dipartimenti universitari e biblioteche nazionali d’Italia. Ovviamente si tratta di un testo fluido e discorsivo, pertanto è indicato a tutti coloro che amano la storia e che vogliono conoscere le proprie radici. Non solo, è indicato anche per tutti coloro che amano i bambini o che sono legati al mondo dell’infanzia. È indicato ai giornalisti o agli amanti del giornalismo perché all’interno sarà possibile leggere articoli di fine Ottocento e inizio Novecento. C’è anche una collezione fotografica che farà catapultare il lettore nel testo››.
Per tutti coloro che fossero interessati il libro uscirà intorno al 20 di giugno e sarà presentato ufficialmente a Taranto su per giù il 27 di giugno (le date ufficiali si sapranno a breve). Lo scopo del lavoro di ricerca è stato quello di studiare il triste fenomeno dell’infanzia abbandonata in Italia nel corso dell’Ottocento. In particolare nell’Archivio storico del Comune di Taranto e nell’Archivio di Stato è stato possibile rinvenire i documenti, o meglio “tesori nascosti”, che attestano la storia, spesso dolorosa, degli esposti; bambini facili preda di malattie, affidati alla carità delle opere di beneficenza, spesso considerati merce da rivendere o sistema per ottenere piccole somme di denaro per il baliaggio. In seguito alla classificazione e allo studio delle fonti storiche, il lavoro si è arricchito di un’altra correlata ricerca svolta nell’emeroteca della Biblioteca “Pietro Acclavio” di Taranto, dove è stato possibile visionare e “toccare con mano” i numerosi quotidiani in originale di Taranto e della provincia ionica, dal 1880 al 1925. Attraverso quest’ultimi, i cittadini tarantini formavano le loro idee e le loro considerazioni, dando vita all’opinione pubblica. Per comprendere al meglio l’informazione svolta dai cronisti dell’Ottocento, fondamentale è stato recarsi nella Biblioteca Nazionale di Roma al fine di visionare ulteriori quotidiani “nazionali”, appartenenti al medesimo arco temporale, al fine di confrontarli con quelli tarantini.