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Non canto/Per nessuno

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

21
DIC
2012

 

L’originale installazione artistica di Stefania Pellegrini, all’interno della Mostra “Onda Libera”, lancia una sfida: e se fosse la volontà di non sedurre a fare del silenzio della sirena lo strumento per la rigenerazione e la rinascita? 
 
Ci è piaciuta l’installazione di Stefania Pellegrini nell’ambito della Mostra  “Onda libera”, curata dalle Associazioni culturali “Dragare” e Arte Franca. “PER NESSUNO” è il titolo e rappresenta una lunga sirena realizzata all’uncinetto in stile patchwork, che se ne stata beatamente distesa a seno scoperto,  con la testa poggiata su un cuscino di gomma,  ad ascoltare lo sciabordio delle onde, riprodotto da un apparecchio posto accanto a lei, parte integrante dell’installazione. Si è trattato di un “colpo di fulmine” , un cortocircuito  improvviso e illuminante:  la sirena di Stefania Pellegrini adagiata a mo’ di tappeto, zerbino giammai!,  nel corridoio delle sale d’Avalos del Palazzo Ducale  stride un bel po’, anche se è una sirena che ha scelto di “non cantare” e persino di “non ascoltare” voci che siano umane.  Davvero una bella provocazione quella della Pellegrini che adora Dawid Bowie e le opere di Luise Bourgeois. 
“Nelle mie installazioni – ci spiega Stefania Pellegrini, che abbiamo incontrato presso l’Istituto Professionale “Motolese”, dove insegna Disegno Grafico -   utilizzo spesso lo scambio semiotico dell’indumento/corpo e la rete lavorata all’uncinetto mi permette di creare una sorta di involucro, un contenitore che può prendere forma umana ed assomigliare ad un abito o prendere forma di parti di un corpo; la rete è una trappola nei cui nodi si intrecciano e si rincorrono pensieri, idee che si materializzano in ibridi, nuove specie che mescolano animale ed umano, femminile e maschile, patchwork su cui si addossano fobie, fisime, routines o semplicemente giochi di parole.”
Per Nessuno è una rivisitazione in chiave ironica di due episodi dell’Odissea di Omero, in entrambi dei quali Ulisse, con la straordinaria astuzia che lo caratterizza, escogita due strategie per scampare alla morte. Il primo di questi episodi è l’incontro del re di Itaca con il ciclope Polifemo al quale dice di chiamarsi Nessuno; il secondo è quello dell’isola delle Sirene, episodio considerato il capostipite letterario delle storie sulle sirene, creature mitologiche con le quali arte, filosofia e letteratura si sono confrontate, assurte a paradigma del “canto”, il cui effetto è quello di stordire per sedurre e distruggere, annientare. 
Non sappiamo cosa accadde alle cantatrici dopo che la nave di Ulisse scomparve ma, secondo Adorno e Horkeimer, la loro fine sarebbe stata tragica. In effetti il geografo Strabone e il mitografo Igino ci informano del loro suicidio o inabissamento a causa della sconfitta subìta. Ed è da qui che è partita Stefania Pellegrini: cosa ne è delle Sirene dopo la partenza di Ulisse/Nessuno?  Ci ha incuriosito la sua visione, ci è piaciuta, lo abbiamo già scritto. E ci è piaciuta, anche se la sirena intessuta dall’artista tarantina è la donna/pesce e non la donna/uccello che abitava gli scogli e ammaliava con il suo canto, come riporta il mito originario che a noi è giunto modificato, secondo alcuni, per un probabile errore di trascrizione dei testi latini: infatti vi è poca differenza tra il termine pinnis (pinne) e pennis (penne),  che avrebbe poi portato i disegnatori dei bestiari  medioevali a dare alle sirene l’aspetto di donne-pesce che ancora oggi immaginiamo.
Comunque penne o pinne, la sirena “Per nessuno”   ha deciso di stare in silenzio,  (il nome sirena deriva, infatti, da eiro, che significa parlo). Ed è  una sirena che non aspetta nessuno, una Penelope rovesciata, perché ribalta l’archetipo della donna in paziente attesa dell’uomo, seppur questi è un fedifrago, traditore, ingannatore, e che di giorno tesse la tela mentre di notte la  disfa, per temporeggiare con i Proci,  ingannare il tempo e forse anche se stessa. Stefania Pellegrini, riprendendo il messaggio che già era stato lasciato da Kafka, nel suo racconto, dal titolo, appunto, “Il silenzio delle sirene” (ottobre 1917) sembra voler alludere che per l’uomo, più temibile del canto, è il silenzio che ingenuamente l’Ulisse kafkiano pensa di neutralizzare turandosi le orecchie con la cera, autoingannandosi quindi. La sirena di Stefania Pellegrini questo lo sa, la sua forza di seduzione risiede nella mente, nella conoscenza; essa è consapevole che non ci sono risposte univoche alle domande che la vita ci pone e sa che Ulisse/Nessuno è un mentitore, per cui per salvarsi, consapevolmente, sceglie di estraniarsi dal mondo, di liberarsi dall’attesa, dalla “voce che seduce”, non vuole più sedurre, proprio come si legge nel racconto di Kafka: “Non avevano più voglia di sedurre, volevano soltanto ghermire il più a lungo possibile lo splendore riflesso dagli occhi di Ulisse”.  Il silenzio della sirena diventa, pertanto,  il mezzo migliore per rigenerarsi. 
 


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